In scena il secondo dei tre spettacoli scritti e diretti da Davide Carnevali che, a partire da alcune delle opere più care alla tradizione letteraria italiana, rileggono il rapporto con i classici con intento didattico.
Lo Studio Melato è il giusto spazio per ospitare questa rappresentazione. Nessun dislivello tra gli attori ed il pubblico, nessuna distanza; minimal ed elegante nei suoi arredi, questo teatro nato come zona sperimentale e palestra per i giovani allievi della Scuola di Teatro, ha il potere di amplificare le emozioni. Una rosa purpurea piantata lì in mezzo, simbolo di amore, passione, lotta, sangue e morte. Entra in scena Ludovico (accattivante attore Michele Dell'Utri), proprio lui eccolo, l' Ariosto/Orlando, in costume rinascimetale, declamando l'inizio del poema con annessa battuta sarcastica sulla netta superiorità di fama dell' omonimo componimento scritto da Boiardo. L'attore, stimola e carpisce dal pubblico, sul suo cantar le donne, i cavalier, l'arme, le cortesie, l'audaci imprese e... 'gli amori'. L'imbecco arriva puntuale da uno spettatore, sapientemente ispirato. Aggiunge un monito il poeta, rispetto ai pericoli sociali che stiamo correndo e che rischiano di compromettere e alterare definitivamente le relazioni. Sulla mouquette sette figure geometriche tracciano dei quadrati semichiusi; scopriremo solo alla fine che non sono state pensate dallo scenografo, piuttosto ereditate e, abilmente valorizzate, da un altro spettacolo di Carnevali e Riondino: 'Ritratto dell'artista da morto' attualmente in scena. Esse si popolano via via di elementi simbolici dell'opera: un' armatura, una penna d'oca, un elmetto, un mantello, un triciclo a motore riadattato comicamente a destriero, una pettorina bianca da cavaliere e un anello. I ruoli si invertono immediatamente: è Angelica, l'abilissima attice Diana Manea adesso, ad essere davvero simpaticamente fuoriosa. La donna, protagonista del poema cavalleresco, guadagna la scena in costume trecentesco e, malgrado il vestiario, s'appalesa come una contemporanea che rinucia a soccombere al pressing psicologico che i noti pretendenti esercitano nei suoi confronti. Scappa via da tutti: Rinaldo, Ruggero, Sacripante (Daniele Cavone Felicioni) e Orlando che sono tanti ma rappresentano simbolicamente un' unica entità maschile, che si rivela maschilista e incapace di gestire la comunicazione in modo decoroso ed equilibrato stalkerizzandola. La fuga, apparentemente comico rocambolesca nella selva dei pensieri e fra gli affacci alti del teatro è preferibile, come percorso analogo alle vicende del componimento originale, all'oppressione delle loro attenzioni morbose. Li trova puerili e sgrammaticati questa Angelica dinamica e nevrile i suoi pretendenti, le chat di Istagram rivelano infatti un autentico status di precaria capacità intelletiva che le scatena un profondissimo sdegno; abbigliata come una dama e poco dopo, transitando istantaneamente nel tempo, in leggins, maglietta verde tiffany e sneakers di tela. Emerge il parallelismo tra il castello di Atlante, proiettato in un piccolo display sospeso, al quale ci introduce il mago Brunello affetto da nanismo, abitante di un giardino segreto che svela il doppio potere esoterico dell'anello, grazie al quale possono essere vanificati gli incantesimi, oppure diventare invisibili, e la rete internet, che cattura nelle sue spire impedendo il confronto con la tangibile realtà; conquista la scena una luna/palloncino sotto l'elmo dell'arguto Astolfo, che parla al satellite, come Amleto fece con il teschio, diventando custode di sogni perduti e di calzini spaiati; l'avventuriero è abile a recuperare il senno di Orlando insieme al calzino perduto, mentre l'involucro gassoso torna a collocarsi in alto, nella sua dimensione celeste (luci Manuel Frenda) e da lassù constata l'assurdità dei conflitti bellici terrestri. Abbondante giustificato spazio finale, dopo i cinquanta godutissimi minuti di spettacolo, viene dedicato alle candide ma incalzanti domande che i numerosi spettatori in erba, frequentanti la scuola secondaria di primo grado del conservatorio di Milano, desiderano rivolgere al cast. Un elogio speciale va alla scrittura del testo: il drammaturgo ha saputo riadattare e rendere attuale un'opera del XVI°secolo. Una standing ovation agli attori, abili a rendere la pièce interattiva e fruibile da una buona fetta di generazione Z milanese.
La presente recensione si riferisce alla rappresentazione del 24 marzo 2023.
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Orlando hater e Angelica furiosa (da Ludovico Ariosto) scritto e diretto da Davide Carnevali luci Manuel Frenda video Daniele Bellini e Alessia Donnini con Daniele Cavone Felicioni, Michele Dell’Utri, Diana Manea, Giulia Trivero una produzione Piccolo Teatro di Milano - Teatro d'Europa
Piccolo Teatro Sudio Melato via Rivoli, 6 - MILANO
tel: +39 02 21126116 ORARIO SPETTACOLI
da lunedi a venerdì h 10:00 sabato e domenica h 11:00
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