La sala A2A del Teatro Franco Parenti è allestita per contenere il pubblico come in un ipogeo elicoidale nel quale ci si ritrova istantaneamente connessi, grazie ad un magnetismo ineluttabile esercitato dal teatro. Assente il palcoscenico abituale, l'allestimento scenico, fatto di pesi, misure e dislivelli, costituito da giacigli quasi fiabeschi poggiati sul piano della prima fila e, a salire, fra le poltrone in platea, contribuisce ad essere parte del racconto e ad invadere l'animo degli astanti di quel comune, drammatico, introspettivo rigurgito di malessere psicologico in stato di quiescenza apparente. Quei lettini rappresentano l’allegoria di un bozzolo primordiale, quello nel quale ciascuno dei cinque giovanissimi protagonisti, ospiti del centro di igiene mentale che li custodisce, può radunare le proprie fragilità, stigmatizzate come interdizioni dalla società e dai propri genitori, crogiolandosi quotidianamente in maniacali compulsioni. L'illuminante iniziativa del Dottor Bauman, direttore dell'istituto, che incarica Dorit, un'insegnante di teatro, di instradare i degenti verso un percorso creativo che li porti a rappresentare uno spettacolo finale, utile a far emergere le represse emozioni e sciogliere le evidenti tensioni, traccia un solco netto con l'alienazione della quotidianità del ricovero di Barak, Alma, Emanuel, Bat-Sheva e Tamara/Tom e coinvolge tutti, genitori, psichiatra e insegnante, nel prodigioso gioco della relazione e del processo di sublimazione psicanalitica. Andrée Ruth Shammah sigla magistralmente la regia e l'adattamento dello spettacolo, trasformando il capolavoro di Roy Chen, scrittore, traduttore e drammaturgo israeliano, in una pièce di altissimo impatto emotivo grazie all'ausilio di un cast davvero eccellente. Sorrisi, lacrime e applausi. Consigliatissimo! La presente recensione si riferisce alla rappresentazione del 21 ottobre 2024 |
di Roy Chen
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