La potenza dell'intenzione del testo originale in cinque atti, scritto nel 1666 da Molière (pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin - Parigi, gennaio 1622 – 17 febbraio 1673), fecondissimo commediografo, attore teatrale e drammaturgo, torna, a distanza di 46 anni dall'edizione con Parenti, per volontà di una fra le personalità più significative nel panorama culturale italiano ed europeo, nonchè firma della stessa regia, Andrée Ruth Shammah insieme alla presenza da protagonista di Luca Micheletti, attore e baritono (Figaro alla Scala di Milano recentemente). Con l'efficace traduzione, traslata dai versi alessandrini in rima baciata da Valerio Magrelli e corroborata da un cast adamantino, la pièce dona agli spettatori un capolavoro di commediografia dal sapore contemporaneo per i temi trattati e l'evoluzione dei profili dei personaggi. Una scenografia essenziale (Margherita Pal) che diviene barocca grazie ad un crescendo, mutante e continuo, quasi impercettibile e frusciante, fra morbide sinuosità di sete color pastello, rhingraves sbuffanti e rigide crinoline (costumi Giovanna Buzzi), atta a rendere vivido il dinamismo della trama (cura del movimento Isa Traversi). Il protagonista Alceste (Luca Micheletti) è un cortigiano atipico che rifugge il compromesso e la finzione, mali atavici di cui la società di Palazzo è afflitta. Egli, già durante il primo atto, rivela il suo umore insofferente, cupo e malmostoso nei confronti della dilagante ipocrisia convenzionale, palesando il suo punto di vista in un esacerbato dibattito con l'amico Filinte (Angelo Di Genio) e, a latere, in una autentica diatriba con Oronte (Corrado D’Elia). Ma proprio colui che si erige a vessillo d'integrale onestà, diviene preda inconsapevole di smarcata incoerenza, infatuandosi dell'oggetto del suo disprezzo. Nonostante Filinte mostri ad Alceste la contraddizione evidente, quest’ultimo rimane tuttavia convinto della sua utopica ideologia. Ed è proprio in nome dell'ingombrante integrità morale e della conseguente inarrestabile sincerità che Alceste cerca di persuadere l'amata Célimène (Marina Occhionero) ad abbandonare la regia vita corrotta e a vivere con lui in esilio scevri dalla contaminazione insita nella mondanità. Molière, antesignano attraverso questa commedia della psicologia archetipica, ebbe l'ardimento di iniziare un nuovo genere di teatro, discostandosi dal coadiuvo del canovaccio e delle maschere, tipiche della commedia dell'arte. Egli descrisse senza veli i mali del suo tempo, tarabili senza troppe difficoltà ai giorni nostri, divenendo per conseguenza universali. Il Parenti all'altezza delle aspettative e oltre. La presente recensione si riferisce alla rappresentazione del 26 novembre 2023 |
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