"Willkommen", brano di apertura, motivo guida e alfine quintessènza aristotelica del Musical Cabaret, attraverso una modulazione ipnotica compara il diabolico Emcee-Brachetti con l'inimitabile Joel Grey meritatamente celebrato in teatro e osannato nella rivisitazione cinematrografica (Premio Tony Award come migliore attore non protagonista nel Musical Cabaret nel 1966 - Premio Oscar come migliore attore non protagonista nel 1973). Mefistofelico e cinico, spregiudicato e, a dispetto della trivialità dei dialoghi, mai volgare, al punto da esser straordinario e credibile quanto l'illustre predecessore statunitense, in questo iconico ruolo Brachetti ha sapientemente ricalibrato la pièce, rimarcando vistosamente l'accento sulla parte sociologico-politica, con il beneplacito del co-regista e coreografo Luciano Cannito, rispetto evidentemente alla scrittura del 1965 di Joe Masteroff e Fred Ebb - musiche di John Kander, oltre che ai successivi revivals broadwayani e alla monumentale rivisitazione cinematografica del '72. Il Kit Kat Club del 1931, nient'altro che un tempio di sfrenata lascivia satanica, scandagliato dalla lente del giudizio religioso, è il luogo nel quale Sally Bowles (Diana Del Bufalo), la nostra svampita protagonista, si esibisce cantando impeccabilmente insieme al provetto corpo di ballo (Roma City Musical) in stile burlesque e approcciando, nella maniera coerente con l'atmosfera ostentatamente disinibita, lo scrittore Clifford Bradshaw (Cristian Catto). Stratificazioni scenografiche di efficace impatto visivo ed emotivo quelle che vogliono il quartetto orchestrale, impiumato e paillettato (costumi di Maria Filippi), posto di sbieco ed in penombra su un piano superiore, nonché le scene sottostanti (Rinaldo Rinaldi), nelle quali due ranghi generazionali e storici sono messi a confronto, mettono in evidenza la giovane coppia ed una d'essa antitesi, tenera e attempata, composta dall'affittacamere Fräulein Schneider (Christine Grimandi) e dal fruttivendolo ebreo Herr Schultz (Fabio Bussotti). Ed ancora, il raffronto di due continenti, il nuovo e il vecchio (America ed Europa), comparati come specchi rifrangenti, realtà speculari, difformi e complementari, che deflagrano nella miccia detonante della storia, quella che condurrà inesorabilmente gli eventi verso lo splat del nazional - socialismo bellico e del di lui riflesso sul piano mondiale. Come sia potuto accadere che Berlino, indiscussa capitale culturale europea e mondiale, fucina di artisti, intellettuali e letterati, si sia assoggettata al potere ammaliante e sistemico di un crudele e spietato uomo, Adolf Hitler, leader del partito nazionalsocialista, se non per volere del demonio? Grande prova per Arturo Brachetti, erede dell'arte sopraffina del trasformismo teatrale di Leopoldo Fregoli, dimostrando tutta la sua scoppiettante e matura verve artistica. Corale fino all'unisono ideale, inedito il retrogusto marcatamente tragico. Standing ovation. QUI la recensione della rappresentazione romana. La presente recensione si riferisce alla rappresentazione del 15 novembre 2023. |
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