La messa in scena, pur rimanendo fedele alle linee generali dell'epopea omerica, riesce a mescolare il linguaggio epico con una angolazione contemporanea e disincantata sui destini e le scelte individuali, sfidando le convenzioni e ampliando il concetto di divinità. I temibili numi, che nell'Iliade sciorinano la loro potenza spietata, sono qui rappresentati come un pantheon di forze incontrollabili che muove le vite degli esseri umani come pedine. L'autore, pur mantenendo la tensione del poema epico, riesce a condensare e rielaborare il materiale originale, imbastendo dialoghi dal lessico disinibito. La narrazione diventa quindi un match di riflessioni tra passato e presente, dove le emozioni e i conflitti degli eroi si conglobano nei dilemmi moderni di chi è chiamato a fare delle scelte difficili in un mondo che sembra esageratamente imperscrutabile. L’opera si distingue per l'uso di un eloquio a tratti licenzioso, magniloquente al contempo, spoglio dell'originaria altisonanza, sovrabbonda di momenti di grande pathos avvicendati a circostanze cariche di ironia salvifica che scardina la drammaticità della guerra e della morte. Gli interpreti, tra cui spiccano le firme di Alessio Boni e Marcello Prayer, contribuiscono a dar vita a una ricostruzione vibrante di quei personaggi senza tempo, infondendo inedito vigore a figure come Achille, Ettore, Agamennone, Priamo, Paride e sdrucciolevole dimensione ad Era (Antonella Attili), Teti, Eris ed Elena. Il gioco degli dèi richiama una dimensione strategica, apparentemente lieve e spietata, nella quale le forze divine, scevre dall'essere giuste e magnanime, si configurano in una estensione di labilità, tra fatalismo e arbitrio. Questo aspetto viene declinato con intenzione paradigmatica dalla regia, avvicendando stati di elevazione epica a porzioni di disincanto, in una continua diade di opposizioni concettuali che invita lo spettatore a riflettere sul potere e sul destino. La pièce riesce in definitiva a non intaccare il mito pur rielaborandolo con efficacia e ardimento. Un viaggio tumultuoso nei meandri della complessità umana e divina, che affonda le radici nel passato per guardare dritto al cuore degli interrogativi universali. La sceneggiatura di Niccolini & Co è una esortazione a meditare sul potere delle scelte, sul destino che ci sovraintende e sull'influenza ineluttabile di forze extracorporee. La presente recensione si riferisce alla rappresentazione del 28 marzo 2025 |
Iliade
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