Il silenzio di quel magazzino, parla, anzi urla allo spettatore lo svolgersi della vita di quella gente, lo star seduti in famiglia attorno ad un tavolo e, tutta l’ordinaria quotidianità che da un giorno all’altro si è interrotta drammaticamente. Con i presenti ormai calati emotivamente nel dramma, la narrazione ripercorre gli eventi della macro storia, che hanno deciso la sorte di quegli italiani, abitanti di una terra di confine dai delicati equilibri. Il fascismo prima e la guerra poi hanno sconvolto detti equilibri, mettendo in atto crimini da parte a parte, il cui conto è stato ingiustamente pagato da innocenti. Alla firma dell’armistizio nel settembre del ’43, non erano più rappresaglie contro i gerarchi fascisti, ma una vera e propria operazione di pulizia etnica, attraverso l’infamia delle foibe: donne, uomini, sacerdoti, carabinieri, impiegati, operai, iniziarono a scomparire, come testimoniano i registri del tempo. Cristicchi fa rivivere letteralmente personaggi di cui si conosce la sorte, li interpreta, rievoca il terrore, la disperazione, l’angoscia fino alla morte nelle foibe, a due a due legati: uno freddato con un colpo alla nuca , l’altro trascinato per decine di metri nella cavità carsica ancora vivo. Il pubblico è preso da un moto di compassione, nel senso letterale del termine, quando rievoca la strage di Vergarolla, partendo dalla lieta giornata di sole nell’agosto del 1946 fino alla consumazione del dramma in cui morirono circa un centinaio di persone. Dopo il 10 febbraio del ’47, inizia l’esodo da queste terre, una storia sepolta che torna in vita e chiede giustizia, ma l’unica forma di giustizia che possiamo rendere è la memoria, le lacrime che si versano inevitabilmente, rivivendo tutto nella sentita interpretazione dell’attore, in parole, musica e canzoni da lui composte. Un climax di emozioni, scandite ora dal recitato, ora dalle immagini proiettate, ora dalle canzoni: “no dimentighemo” è il messaggio, questo dobbiamo a quegli italiani, che lo furono due volte, sia per nascita, sia per scelta, come ebbe a dire Indro Montanelli. “Esodo” è la memoria che tutti dovrebbero ripercorrere, soprattutto i nostri giovani: un’esperienza catartica, al termine della quale si ha la sensazione di aver reso la pace a quelle anime, che altro non chiedono che il ricordo. |
Simone Cristicchi in
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