

Scritto da Max Casali
Giovedì 16 Febbraio 2017 23:02

Con appena due anni di attività, la band dei lombardi I Paradisi giungono al debutto con un album costruito con sorprendente maturità, quella che arriva di solito a chi ha già incamerato un bel pacchetto d’esperienza. Eppure, nonostante la giovane età, la band ci consegnano 10 “paradisi” sonori da far invidia a navigati combi che sono ancora alla ricerca del loro strutturale perché. “Dove andrai” non è scritto col punto interrogativo ma vuole essere, piuttosto, un punto d’osservazione, una sospensione colloquiale come dire: Dove andrai….lo sai tu. Invece, le domande serie ed esistenziali sono reperibili nello zibaldone delle liriche, strutturate in forma cantautorale con fascinose spruzzate beat sixties e seventies. Tendenzialmente, c’è una linea-guida nell’itinerario dell’album, che traccia l’asse di demarcazione sul quesito umano fino a dove riesca ad affondare la sondina interrogativa nella propria anima, per introspezioni chiarificatrici sul proprio agire ed eliminare così le scorie di pensieri disgreganti. I Paradisi hanno sempre l’asso nella manica per deliziarci con un genere coraggiosamente anacronistico: di gran lunga meglio del Rap che potevano scegliere per tendenza anagrafica e (Deo gratias!), non l’hanno fatto . Di fatto, questa band è l’eredità dei precedenti Paradisi Noir, ma han tolto il “nero” perché ora il percorso è chiaro nella testa del quartetto: nuove visioni concettuali e differenziazione stilistica: ambo vincente uscito sulla ruota di Milano. La rassegna di “Dove andrai” è capace di esporre sonorità di stampo cinematografico, come “Un brutto sogno” e “Bocca sporca” , con l’incedere aerobico alla 007 e che filano via gustose con due commenti predominanti e distinti di chitarra elettrica e tastiera, per poi unirsi in un bell’assolo strumentale.
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