Lascia un po' di amaro in bocca lo spettacolo "Brandelli di storie ordinarie" in scena dal 14 al 16 febbraio al Teatro Ar.ma di Roma. Non certo per la performance degli attori (Gianmarco Vettori e Arianna Iacuitto) entrambi molto bravi, nè per la scenografia assolutamente essenziale, ma ricca di significati, neanche per i brani revival che hanno accompagnato tutto lo spettacolo e che hanno sapientemente sottolineato i vari periodi storici di riferimento e certamente non per la raffinata e attenta regia di Dora D'Agostino. L'amaro in bocca rimane per il tema trattato: la violenza contro le donne. La scrittura scenica è infatti tratta dal libro di Serena Dandini "Ferite a morte", storie di donne uccise dai loro uomini che raccontano le violenze subite e soprattutto sottolineano come in tutti i casi il femminicidio rientrasse in una "tragedia annunciata". Lo spettacolo fa parlare dall'aldilà cinque donne morte per mano di uomini che dicevano di amarle, raccontando la nascita e la prematura e drammatica fine della loro storia d'amore. I due giovani protagonisti danno vita e voce alle cinque coppie. Lei (Arianna Iacuitto) con una partecipazione emotiva che traspare in ogni gesto ed in ogni frase dei dialoghi, resi ancora più realistici con l'utilizzo, per ciascuna donna interpretata, di un diverso dialetto, spaziando da una espansiva siciliana ad una snob nordica, passando per una popolana romana. Lui (Gianmarco Vettori) interpreta uomini che cercano di giustificare l'assassinio compiuto "scaricando" sulla donna la provocazione che ha generato l'insano gesto. Molto gradevoli le musiche che accompagnano la rappresentazione: per ogni episodio un brano - spesso un tormentone estivo - che rievoca il momento storico e sociale in cui è ambientata la storia narrata. Il piccolo palco del Teatro Ar.ma non consente ingombranti scenografie, ma quelle dello spettacolo "Brandelli di storie ordinarie", seppure basiche, consentono agli attori di muoversi agevolmente (anche utilizzando passi di danza) e riescono a ricreare i cinque scenari delle storie narrate. Sul palco non potevano poi mancare tante paia di scarpe, di varie fogge e forme, ma tutte rigorosamente rosse, a rappresentare il filo conduttore che unisce gli episodi, ma anche il simbolo ormai di carattere mondiale, della lotta alla violenza contro le donne. Un'ora di spettacolo per riflettere su un argomento forte, affrontato con leggerezza senza però mai perdere di vista la sua gravità, tanto che se in qualche istante lo spettatore sorride per alcune battute, è affrancato dal senso di colpa di essersi lasciato andare a qualche momento di ilarità, pur su tematiche di così drammatico spessore. |
|