Quando Francesco dinanzi alla lapide del perso da poco, parla con suo zio dicendo “Adesso sono io che urlo da solo…” in poche parole fissa ogni contrasto, rimorso, mancanza e nostalgia di chi ha perso molto, forse troppo.
In quel dialogo tra lo zio ed il nipote vengono efficacemente posti a contrasto gli stati d’animo con i quali i protagonisti cercano una rielaborazione ad un lutto in vie diametralmente opposte, chi in una nostalgia colma di rimpianti ma che chiede ancora speranza, come ci narra Francesco nelle parole allo zio Piero quando afferma la sua impellente necessità di sentirsi dire da lui che rivedrà il padre morto, chi per contro sdrammatizzando e quasi schernendosi sulla impotenza delle umane possibilità ed usando quindi ironia. Due mondi che si incontrano nell’inevitabile abbraccio consolatorio che ne unisce fisicamente le visioni. Le situazioni ordinarie quotidiane sono il tessuto della narrazione dove amori, tradimenti di fiducia e contestuali perdoni, rimpianti e risentimenti manifesti, trovano la tela per venir raffigurati in un testo che predilige marcatamente il non detto e l’atto di accennare come indicazione di un moto interiore da trasmettere all’uditorio. In scena gli scambi sono sempre puntuali, accompagnati da un gioco di luci tempestivo e funzionale al “colore” del momento. La preparazione traspare evidente nel delineare i caratteri dei personaggi da parte degli attori che ci raccontano di una Elena eternamente innamorata di un uomo sbagliato per tutti ma non per lei, di una Elisa ex di Francesco ma da sempre nei desideri, forse reciproci o forse no, del di lui fratello Davide e che diviene occasione di rivelazione non tanto della loro relazione quanto del rapporto tra i due consanguinei fatto di stima e disprezzo, affetto e repulsione, invidia ed ammirazione in un contrasto perenne. A corollario la coppia formata dal giramondo zio Piero sposato con la svampita Giulia che sono i personaggi a rendere movimentate le situazioni inserendo alcuni momenti decisamente più leggeri. Il testo di Yasmina Reza è forse tra i più complessi da portare in scena, perché basato sul non entrare mai nelle profondità emotive dei personaggi quanto piuttosto navigarne la superficie lasciandone intuire i moti interiori attraverso comunicazioni non verbali, gesti ed atteggiamenti. Complessi di comunicazioni non esplicite che, se non esattamente calibrati e centrati nella rappresentazione, hanno il duplice rischio di poter risultare facilmente non credibili ed affatto coinvolgenti, come ci spiace rilevare in quanto ci è arrivato nella rappresentazione. Nonostante la evidente ricerca di una chiave che evidenzi la ambivalenza di questa navigazione emotiva di duplice impegno, da un lato apparentemente ordinario dall’altro suggerendo le straordinarietà delle emozioni dei protagonisti sol accennandole, il risultato ottenuto non cattura e non suggella quella sintesi acuta potenzialmente coinvolgente che sicuramente, forse in chiave rivista, sarebbe in grado di arrivare ad ottenere.
Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 16 ottobre 2024.
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CONVERSAZIONI DOPO UN FUNERALEdi Yasmina Rezacon
Simone Guarany, Andrea Ottavi, Andrea Venditti, Francesca Antonucci, Valeria Zazzaretta, Lucia Rossi
regia Filippo Gentile
Anteprima di stagione al Teatro Parioli Costanzo, dove – in attesa dell’apertura ufficiale del cartellone 2024/2025, torna in scena dal 16 al 20 ottobre, CONVERSAZIONI DOPO UN FUNERALE, di Yasmina Reza. In scena: Simone Guarany, Andrea Ottavi, Andrea Venditti, Francesca Antonucci, Valeria Zazzaretta, Lucia Rossi. La regia è di Filippo Gentile. Yasmina Reza esordisce a Teatro con questo testo, che le vale ben presto il Premio Molière come miglior autrice. Una grande capacità di far intuire allo spettatore, mediante gesti minimi e scambi di occhiate, gli stati d’animo dei personaggi e le dinamiche che si stabiliscono tra loro, oltre che la grande capacità di incastonare alla perfezione tutti i pezzi, innescando abilmente l’intreccio tra il registro comico e quello tragico. Come si può intuire dal titolo, Conversazioni dopo un funerale riunisce il tragico e il comico, il serio e il frivolo, la morte e l’amore, la parola e il silenzio. Un testo dal quale viene cestinato tutto il superfluo, quel superfluo che l’autrice non aveva mai amato. Un ritmo preciso e delineato da pochi. Simon Weinberg è morto. Una mattina di novembre viene sepolto nella tenuta di famiglia, secondo le sue ultime volontà. Il giorno del funerale, i tre figli si ritrovano nella tenuta di famiglia, per celebrare il rito. Insieme a loro lo zio, la sua nuova moglie e l’ex compagna di uno dei fratelli. Conversazioni dopo un funerale si svolge in quel tempo sospeso tra liturgia dell'assenza e celebrazione della vita. Ed è proprio in quella sottile intercapedine tra i due stati d’animo, che si vanno a risvegliare conflitti latenti, antiche gelosie, dolori e rancori la cui rimozione ha provocato piaghe mai rimarginate. Il velo sui segreti di famiglia si solleva a poco a poco davanti agli occhi dello spettatore, fino alla catarsi. Lo spettacolo vede il debutto alla regia di Filippo Gentile, formatosi con un attento lavoro svolto negli anni, dietro le quinte di grandi produzioni teatrali e affiancando - al cinema - Luca Miniero e Cristina Comencini.
Teatro Parioli via Giosuè Borsi 20 Roma tel. 06/5434851
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