In una Sicilia ottocentesca fatta di rigidi precetti morali e regole ferree un padre, rimasto vedovo, affida ad un convento la piccola Maria in tenera età segnandone il destino. L’impatto iniziale della rappresentazione della famosa opera di Verga è subito coinvolgente attraverso una proiezione degli eventi in un ambiente rigoroso fatto di una oscurità severa, dove persino i volti delle monache, appena illuminati ma sempre dietro evidenti sbarre, danno il metro della condizione in cui Maria Vizzini prenderà i voti.Persino quando le Monache si allontanano dalla scena attraverso le porte che dirigono alle celle, sparendo in calibrata dissolvenza, viene trasmesso un senso di oscurità ed oppressione che arriva d’impatto a chi guarda.La regia di Guglielmo Ferro utilizza due piani di scena sul palco, realizzando visivamente i piani narrativi esplicati nell’avanzare, ora alternandosi ora collidendo, verso lo spettatore evidenziando il rapporto tra il mondo di “fuori” e quello del convento, raccontando così le vicende dei personaggi che ruotano attorno alla protagonista ed alla sua scoperta del mondo e dell’amor terreno, ed alla quale si oppongono sorte, e “questa vita che altri hanno scelto per Voi” come dice Nino, il suo innamorato, nel tentativo disperato di far superare alla “Capinera” Maria una rassegnazione che, invece, ne divorerà il destino. Destino che un padre ossequioso delle convenzioni e di quel che si ripete sia giusto per sua figlia si premura di realizzare a dispetto di tutto, pur sentendo che sia cosa sbagliata, ergendosi a vero artefice del destino della di lui figlia condannandola alla rassegnazione di una fine fatale. Verga ci racconta di un mondo fatto di “bellezza del creato peggior tentazione”, in cui persino “il colera viene per purificare” i peccati di chi osa anelare piaceri e bellezza della vita, rendendosi colpevole di una felicità in una vita in cui “i più pericolosi pensieri sono quelli chiamati illusioni”.Ed allora non esiste finale lieto, perdono per un padre che “ si alza ogni notte col peso in petto” pur convincendosi di aver fatto la cosa giusta, e neppure consolazione per noi che assistiamo.Le vicende sono trasmesse in modo intenso grazie ad un Enrico Guarneri che, persino nelle movenze, sembra esser uomo di altri tempi trasportandoci in una altra epoca e dando la esatta misura dei tormenti di un uomo preoccupato di ciò per cui è stato educato ma incapace di dar voce ai sentimenti, come invece Maria sua figlia scopre evolvendosi, grazie all’amore, in una trasformazione perfettamente interpretata da Nadia De Luca.La bravura dei protagonisti, un cast di assoluto livello e dalla interpretazione corale, una regia perspicace ed originale, le musiche di Massimiliano Pace perfettamente integrate nelle vicende, le ambientazioni sceniche puntuali di Salvo Manciagli, le impeccabili riproduzioni della Sartoria Pipi, sono gli ingredienti di un bellissimo viaggio che travolge per intensità strappando numerosi applausi tra i quali, grato delle emozioni provate, sicuramente quelle di chi scrive. Questa recensione si riferisce allo rappresentazione del 20 Febbraio 2024. |
regista collaboratore Giampaolo Romania
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