Nel 1975 tre "bravi ragazzi", come li definì ironicamente nel titolo del suo libro la giornalista Federica Sciarelli, furono i protagonisti di una vicenda che scosse l'Italia intera forse ancora “convinta di essere un paese di buone maniere".
Donatella Colasanti, sperimentò quella che l'avvocato Lagostena Bassi poi descrisse come una sfortuna "perché pensare di sopravvivere a quel che le era successo era inimmaginabile". In una villa furono tre ragazzi della “Roma bene” ad attirare la stessa Donatella e la sua amica Rosaria Lopez, due ragazze ignare, col proposito di violentarle ed infine ucciderle. Il viaggio in cui si è proiettati è costruito mediante una ampia opera di ricerca e documentazione, e si compie attraverso gli occhi della superstite di quel terribile delitto, occhi portavoce dello tsunami emotivo che la travolse. Il percorso che affronta Donatella Mei avviene con uno sforzo interpretativo altissimo, composto da tre movimenti attoriali, ora in veste di narratrice, ora nei panni della Colasanti, ora in una Donatella metafisica dove le due Donatella si tengono per mano avendo "bisogno ognuna dell'altra per raccontarsi", sino ad una inevitabile fusione, talmente forte da esser quasi carnale. Ed è un racconto emozionante, profondo, asciutto di una solitudine immensa ed incessante, di dolore cosi chirurgico che se ne intuisce la comprensione e conoscenza completa. E’ la Donatella attrice a dare voce a quel tormento ininterrotto, attraverso le odi scritte dalla Colasanti, che Alda Merini definì come la sofferenza di un poeta che “non si difende mai”, e che ci porta sino ad oggi. Una cronologia non scevra di uno sgomento che prende chi ascolta, quando si arriva alla consapevolezza che un paese intero ha dovuto attendere ben 20 anni affinchè, da quello che era il Codice Rocco, che vedeva nella violenza sulle donne un delitto contro la morale, si passasse ad una legge che riconoscesse un simile delitto come reato contro la persona. Ma è la solitudine della Colasanti ad arrivare potentemente all’animo dello spettatore, così forte dinanzi a chi l'avrebbe voluta simbolo, crudemente di fronte a chi incolpava lei come provocatrice portandola per assurdo a difendersi, ignobilmente a chi definiva l’accaduto come una ragazzata, con rabbia e sgomento confrontandosi con chi era rimasto in silenzio, ignorando persino quel “mare perso dagli occhi”. Un'appassionata, travolgente, forte volontà di “cambiare le cose e lavare le lenzuola del mondo” che, almeno in chi la ascolta, la bravissima Donatella Mei riesce sicuramente a provocare.
Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 21 gennaio 2024.
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SI CHIAMAVA DONATELLA COME ME
di e con Donatella Mei
Scenografia di Donatella Mei e Felice Levini Voci di Francesca La Scala, Alimberto Torre e Pietro Faiella Luci e audio Paolo Orlandelli
Biografia Donatella Mei è autrice, attrice e poeta. Presente in molte antologie poetiche e vincitrice di premi haiku e premi internazionali di poesia. Ha scritto e messo in scena vari spettacoli privilegiando lo sguardo sul mondo delle donne. Solitamente brillante, ha voluto mettere tutta la sua esperienza poetica e teatrale in questo lavoro.
Teatro Di Documenti via Nicola Zabaglia, 42 Roma
tel. 06 455 485 78 – 328.8475891 www.teatrodidocumenti.it/
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