Non è vero ma ci credo
Roma, Teatro Vittoria, dal 2 al 7 aprile 2024

Alla fine vince sempre l'amore, purché il lupo perda il vizio...anzi no! Forse solo il pelo...forse!

Come può un preoccupato capitano d’azienda, sfuggire le sorti avverse del destino se non tramite riti, usanze e contromisure, finanche testi e portafortuna viventi all'occorrenza?Fino a dove sarebbe disposto ad arrivare pur di assicurarsi i favori di quella capricciosa dea bendata, che con alterne vicende fa capolino nella sua vita di imprenditore portandolo dal capitombolo repentino al successo clamoroso in un battito di ciglia, tra risate fragorose per chi osserva?
Occorre una soluzione, un metodo, un talismano a cui aggrapparsi tra riti complessi ed articolate superstizioni, per veicolare la capricciosa fortuna e riuscire nella impresa.
Nel testo leggendario che scrisse Peppino De Filippo, se guardiamo alla data del 1942 in cui venne creato, si rimane meravigliati di come sia ancora cosi attuale, forse proprio in virtù di come vengono descritte paure, vizi e convenevoli, così efficacemente argomentati da porsi senza tempo.
Qui siamo al teatro di assoluto livello, a cominciare proprio da un autore che stende un piano narrativo nel quale la compagnia di Luigi de Filippo si muove in evidente agio. Ma il mattatore, seppur coadiuvato da eccellenti artisti, è proprio lui Enzo Decaro.
Come un grande architetto in opera, si muove ora in solitaria da esilarante io narrante, ora in scambi rapidi a due, tre personaggi, dettando i tempi persino delle reazioni, senza scampo, dell’uditorio.
E poi, come fa un batterista alla fine di un brano colpendo il piatto a maggior effetto, riesce a chiudere la parte sfruttando l’elemento sino ad allora in disparte, travolgendo ogni spettatore nella risata più fragorosa.
Persino una risata spontanea molto particolare e travolgente dalla sala diventa, nell'epilogo della rappresentazione, elemento comico diretto nel ritmo dallo stesso attore attraverso una simpatica improvvisazione fuori programma.
Uno schema in cui, a chi lo ricorda bene come chi scrive, non sfuggono riferimenti ai momenti della “smorfia” e parrebbe persino di vedere un Troisi far capolino in talune pose.
Anche il cambio delle scene è composizione orchestrata, usando musiche tra il Charleston e le comiche del cinema muto ante litteram, al ritmo delle quali figure in penombra si agitano con movenze di vere e proprie maschere che rimuovono, preparano e collocano gli elementi sul palco fino all’improvviso ritorno della piena luce, con il risultato che allo spettatore non viene mai concesso allontanarsi dal ritmo narrativo.
Un testo noto, che delinea efficacemente i personaggi come questo classico della comicità che ben porta i suoi 82 anni, sembrerebbe cosa quasi scontata per professionisti del teatro ma è in realtà materia insidiosissima perché, se da un lato usato nel giusto modo può essere grande punto di forza fornendo un tessuto di qualità nel quale amalgamare colori e sfumature, per contro offre una lama sottilissima che in un attimo può portare a cadere nell’impasse e dissolvere ogni magia istantaneamente.
Ma è noto che solo i grandi accettano la sfida, e nella commedia al Teatro Vittoria stasera il palco era pieno di artisti che grandi davvero lo sono stati, portando all’appassionata e meritatissima standing ovation. E poi, lasciatecelo dire … a noi…"
non ci resta che ridere!"


Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 2 aprile 2024.





NON È VERO MA CI CREDO

di Peppino De Filippo
con Enzo Decaro
regia di LEO MUSCATO
scene Luigi Ferrigno
costumi Chicca Ruocco disegno
luci Pietro Sperduti
e con (in o.a.) Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Carmen Landolfi, Massimo Pagano, Gina Perna, Giorgio Pinto, Ciro Ruoppo, Fabiana Russo, Ingrid Sansone

Note di regia – Leo Muscato

Ho mosso i primi passi nel mondo del teatro quando avevo poco più di vent’anni. Mi ero trasferito a Roma per fare l’Università e non sapevo ancora nulla di questo mestiere. Mi presentai a un provino con Luigi De Filippo e lui mi prese a bottega nella sua compagnia. Mi insegnò letteralmente a stare in palcoscenico, dandomi l’opportunità di vivere la straordinaria avventura delle vecchie tournée da 200 repliche l’anno. Rimasi con lui per due stagioni; poi mi trasferii a Milano per studiare regia. Ci siamo rivisti ventidue anni dopo, pochi mesi prima che morisse. Mi chiese di pensare a un progetto da fare insieme. Ne pensai mille, ma non abbiamo avuto il tempo di realizzarne uno. Ho deciso di inaugurare questo nuovo corso partendo proprio dal primo spettacolo che ho fatto con lui, Non è vero ma ci credo. Rispettando i canoni della tradizione del teatro napoletano, proveremo a dare a questa storia un sapore più contemporaneo. Quella che andremo a raccontare è una tragedia tutta da ridere, popolata da una serie di caratteri dai nomi improbabili e che sono in qualche modo versioni moderne delle maschere della commedia dell’arte. Il protagonista di questa storia assomiglia tanto ad alcuni personaggi di Molière che Luigi De Filippo amava molto. L’avaro, avarissimo imprenditore Gervasio Savastano, vive nel perenne incubo di essere vittima della iettatura. La sua vita è diventata un vero e proprio inferno perché vede segni funesti ovunque: nella gente che incontra, nella corrispondenza che trova sulla scrivania, nei sogni che fa di notte. Forse teme che qualcuno o qualcosa possa minacciare l’impero economico che è riuscito a mettere in piedi con tanti sacrifici. Qualunque cosa, anche la più banale, lo manda in crisi. Chi gli sta accanto non sa più come approcciarlo. La moglie e la figlia sono sull’orlo di una crisi di nervi; non possono uscire di casa perché lui glielo impedisce. Anche i suoi dipendenti sono stanchi di tollerare quelle assurde manie ossessive. A un certo punto le sue fisime oltrepassano la soglia del ridicolo: licenzia il suo dipendente Malvurio solo perché è convinto che porti sfortuna. L’uomo minaccia di denunciarlo, portarlo in tribunale e intentare una causa per calunnia. Sembra il preambolo di una tragedia, ma siamo in una commedia che fa morir dal ridere. E infatti sulla soglia del suo ufficio appare Sammaria, un giovane in cerca di lavoro. Sembra intelligente, gioviale e preparato, ma il commendator Savastano è attratto da un’altra qualità di quel giovane: la sua gobba.

(fonte: comunicato stampa).

Teatro Vittoria

Piazza Santa Maria Liberatrice, 8 - Roma
Telefono 065740170
www.teatrovittoria.it



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