E’ infatti la ardua impresa di una smagliante Giulia Ricciardi quella di saper usare la comicità, mai greve ma sempre “grassa” in modo calibrato, con intelligente ironia. 
Ironia che la protagonista, Anna della Monaca in arte nannarè prostituta di origini capitoline e di destino scritto, usa per se stessa nel racconto della sua storia fatta di generazioni di “mestiere” a partire dalla stessa madre che la inizia alla “vita”.
Un percorso umano raccontato con pungenti descrizioni, instillando compartecipazione nel pubblico rapito dall’armonico utilizzo degli spunti comici e, per immediato contrasto, da riflessioni ben più profonde, come nelle migliori tradizioni dei racconti romani.
La sagacia delle figure iconiche rammenta teatro di nobili origini a partire dalle espressioni sottolineanti gli stati di animo che rimandano ad Aldo Fabrizi fino alla verve espressiva della compianta Anna Magnani,  alla quale il nome stesso del personaggio apparenta le vicende.  
Forte è anche il richiamo di famose vicende popolari impresse nella memoria collettiva, spesso descritte con una ironia a lama di coltello, istigando sì risate ma sempre denunciando e lasciando una riflessione spesso amara, nel tentativo di esorcizzare una realtà troppo dura.
Così come amaro è il sentimento che instilla, ma sempre in un agrodolce susseguirsi di esilaranti battute, il racconto in punta di stiletto dalla bravissima autrice ed interprete Giulia Ricciardi, sfruttando ogni battuta, pausa ed espressione per portarci in un progresso inevitabile verso il destino di chi nel quotidiano concepisce atti di violenza come semplici espressioni di quello che dovrebbe essere un rapporto d’amore.
Il merito e la grande impresa, non comune, è infatti la continua amalgama nel quale lo spettatore risulta coinvolto ad ogni inciso ironico che, attraverso un utilizzo assai accorto ed acuto di una interprete impeccabile di un teatro romanesco, genera risate inattese e riflessioni immediate un attimo dopo, coinvolgimento che raggiunge l’apice proprio in un finale dove il contrasto tra riso e dramma porta facilmente dal sorriso alla commozione.