Metti che si stia per realizzare l'incubo sognato da una vita, una sera a cena a lume di candela, con un pacchettino sul tavolo persino in un ristorante stellato... panico assoluto!
La storia che ci racconta un effervescente Alessandro di Marco si articola su più registri passando dal serio (poco invero) al semiserio e brillante, fino al goliardico acuto. E' una vera e propria fuga nel passato quella percorsa per sfuggire al terrore di una possibile proposta nuziale, fatta di ricordi che passano dalla giovinezza in cui, seppur crescendo tra affetti e legami familiari molto forti, il protagonista si trova a perseguire la propria emancipazione da quegli stessi principi educativi non senza profondi contrasti interiori e finanche sensi di colpa. Una lotta senza quartiere, mai descritta in modo men che gioviale, che passa sia nelle aule da studente combattendo pregiudizi e scherni dei compagni di classe, sia con se stessi per arrivare alla piena accettazione propria, prima ancora di quella altrui. Le numerose gag divertenti ci descrivono chi ha combattuto a lungo ed alacremente, per vedersi riconosciuto il diritto a vivere la propria vita secondo la propria identità, ed attengono ad un tema quasi generazionale che, paradossalmente nel momento in cui sembra ottenersi anche solo parzialmente tal diritto, lasciano sgomenti per paura di perdere una forte componente che a lungo ha identificato il narratore. Perché? Perché arrivando ad ottenere ciò per cui si era sempre lottato, ci si troverebbe in un certo senso omologati ed ordinari giacché quel che era straordinario diverrebbe comune; si perderebbe, quindi, quel carattere di originalità, venendo meno il senso a quella stessa lotta ancestrale ed arrivando così quasi a desiderare di non ottenere quanto sempre perseguito. Il mattatore Alessandro Di Marco, anche attraverso improvvisazioni interagendo con i commenti del pubblico da lui sollecitati, ci porta in scene esilaranti fatte di luoghi di ipotetici piaceri estremi da cui scappare a gambe levate, in episodi di incontri galanti quasi sfociati in amori sia profondi che fugaci, ogni volta accompagnato da fragorose risate degli spettatori. Ma le proprie memorie sono sempre raccontate con un acuta intelligenza narrativa che sottotraccia descrive difficoltà universali, come la paura di fallire, ma anche di riuscire, in un rapporto. Il rifugio in cui allontanarsi di continuo è quel "bagno di borotalco e nivea avvelenata" dove stare ogni volta in occasione di ogni crisi e difficoltà della vita, un luogo dove il protagonista attraverso il domandarsi "quanti di noi scappano sempre, ogni giorno" per quella maledetta "paura di fallire un sogno", che "può esser più forte della voglia di viverlo", improvvisamente realizza come in realtà ognuno di noi vorrebbe solo esser visto per chi è, e che chissà... se uscendo da quel luogo-rifugio... in quella scatolina sul tavolo....
Questa recensione si riferisce allo rappresentazione del 29 Febbraio 2024.
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Poi dice che uno beve di Lucilla Lupaioli
con Alessandro Di Marco
regia Lucilla Lupaioli
Compagnia Bluestocking, produzione Società per Attori
In programma da martedì 27 febbraio a giovedì 29 marzo alle ore 21:00
È la storia di Orlando, single incallito che, alla soglia dei cinquant'anni, sta per ricevere una proposta di matrimonio dal compagno e, sopraffatto dal terrore, si apparta nelle sue comfort zone: il bagno, luogo fisico ed emblema di protezione dalle insidie dell'ambiente esterno (è pronto a compromettere la sua "singletudine" per un legame stabile e duraturo?) e il bicchiere di vino, stretto tra le mani, quale affidabile compagno del suo viaggio tra i ricordi. Nascosto nel bagno del ristorante in cui si trova a cena col compagno e indeciso sul da farsi, Orlando rivive tutte le sue fughe nelle varie toilettes: spazi connotati come inviolabili luoghi di silenzio, ascolto, conforto e rifugio dal mondo, nonché dal proprio senso di inadeguatezza. Il bagno a casa da bambino, a scuola da adolescente, nell'appartamento di un amante occasionale, il cesso di una dark room e di uno stabilimento al mare: sono tutte declinazioni dell'unico habitat, seppur insolito, in cui il protagonista riesce a ritrovare sé stesso anche nei momenti più drammatici, come nel bagno di casa, mentre il padre lo sta lasciando per sempre. Le avventure di Orlando, che poco hanno in comune con quelle dell'omonimo eroe di Ariosto, sono dense di tormenti, dubbi sull'amore, aneddoti e speranze. Il racconto del rocambolesco e folle fuggifuggi è imbevuto col vino, sua controparte per tutto lo spettacolo, racchiuso in un bicchiere che gli resta incollato alle mani, come simbolo del gioco e della perdizione. Ma alla fine, Orlando, col vizio della fuga e il trastullo del vino, uscirà dall'ennesimo bagno in cui si è rintanato, per accettare la proposta di matrimonio?
Fonte comunicato stampa
Teatro Belli di Roma Orari: da martedì a giovedì ore 21:00 Piazza di Sant’Apollonia, 11 00153 Roma Biglietteria tel. 065894875
www.teatrobelli.it
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