Amazon Crime debutta in prima nazionale al teatro Out-Off di Milano, portata sul palco da una frizzante compagnia di giovani: la compagnia Peso Piuma. Il tema è importante, la promessa di affrontarlo in modo “leggero, agile, diretto” facendo “ridere ma anche riflettere” è intrigante. Sul palcoscenico davvero pochi segni accolgono lo spettatore: casse della Papua Inc, un lungo nastro di lucine intermittenti che annunciano il Natale imminente. Come ormai d’uso, niente sipario: l’inizio spettacolo è segnato dalle lucine trascinate via dal palco con il ritmo di un nastro trasportatore. Pronti, via! Con i ritmi di una sit-com Quinta Casa e Tamara, due magazziniere in un non precisato centro logistico della multinazionale, si parlano per sopravvivere mentre svolgono le loro mansioni. I nomi non contano più dentro questa nuova catena di montaggio dei tempi moderni. Le piccole violazioni delle regole sono la valvola di sicurezza che permette di reggere la pressione disumana alla performance e all’ottenimento dei risultati. Sono le crepe attraverso cui sfuggono raggi di divertente umanità. Il nuovo assunto Granata fornisce il giusto contrasto per mostrare i diversi stadi di deformazione psico-fisica a cui vanno incontro i dipendenti più tempo passano dentro il sistema. Stakanov il supervisore introduce il tema della stratificazione gerarchico/classista e della trappola del presunto sistema meritocratico. La nevrotica e illusa impiegata dei piani alti ci illustra la ipocrita mission statement aziendale “Far risparmiare tempo alle persone” e ci fa ridere con il suo globish motivazionale “Unleash the beast!”. Nell’approssimarsi del Natale il ritmo lavorativo diventa sempre più parossistico; i “piani alti” entrano in campo con iniziative folli pur di ottenere l’obiettivo. Nulla importa se nel frattempo tutte le regole umane vengono calpestate, se in nome o a causa dell’obiettivo si commettono crimini. Però il vero Amazon crime è la deformazione del corpo, della mente e dello spirito causata a chi per necessità o per speranza di miglioramento entra nel meccanismo. L’Amazon Crime è ben più grave man mano che si sale di livello: la deformazione dell’anima e della mente è assai più mostruosa di quella di una schiena dolorante. Così la stagista sadica scambia l’anima e il suo prezioso tempo in cambio di una visibilità ubiqua e inquietante, proiettata ovunque dalla realtà virtuale, e l’imprenditore è diventato Smaug, dormiente ma terribile sul tesoro di Durin nella Montagna. Ma finalmente un ballo liberatorio di Stakanov ci mostra che era lui l’eroe, il Mauro Repetto della storia, autore misconosciuto e preso in giro, che però sa dire no. Un libero pensatore, uno Charlot dei moderni tempi moderni. I quattro giovani attori (Maria Bacci Pasello, Eleonora Brioschi, Domenico Fiorillo, Elia Galeotti), che si alternano sul palco dando vita ai numerosi personaggi, sono freschi e piacevoli, e hanno i tempi giusti per qualche battuta micidiale, grazie anche alla efficace regia di Clio Scira Saccà: “per me è un si!”. Tra tutti i temi toccati dal piacevole testo di BR Franchi con ritmo, gustoso citazionismo e climax grottesco, uno solo a mio avviso è rimasto fuori, appena sfiorato, forse sottinteso: noi, i consumatori, quelli che Bruno Bozzetto aveva poeticamente salvato in Vip, mio fratello superuomo. Ormai tragicamente trasformati in Homo Consumens, continueremo a comprare (anche) via app in modo parossistico, facendoci appena sfiorare dal costo ecologico dell’acquisto, dalla notizia dell’ennesimo “Amazon crime”, dalla inutilità del “consumo, quindi sono”? Mah,… non credo che dopo aver visto questa opera teatrale qualcuno smetterà di comprare, o comprare via Internet, ma potrebbe se non altro domandarsi quanto ne valga la pena. È già tanta roba… La presente recensione si riferisce alla rappresentazione del 17 maggio 2024 |
AMAZON CRIME
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