Lunga vita e prosperità a Zoo, la commovente opera di Sergio Blanco presentata in prima mondiale al Piccolo Teatro Grassi, che anche ieri è andata in scena con il tutto esaurito.
Sono sicura che lo spettacolo sarà replicato, come merita, in tantissimi altri teatri in tutto il mondo, ma ogni messa in scena sarà diversa da questa prima rappresentazione milanese. È già scritto nelle didascalie al testo: anche le battute e i nomi di alcuni personaggi saranno da adattare alle nuove sedi, ai nuovi attori. “La poetica dell’autofinzione”, come l’autore e regista la definisce, “cioè narrare in prima persona le storie che si vanno raccontando, senza che si stia scrivendo una reale autobiografia” lo ha spinto a inserire tra i personaggi anche gli attori, nel ruolo di sé stessi, qui ed ora. Poi c’è Sergio, altro personaggio, maschio, umano, uno scrittore che passa nove mesi a Milano in uno zoo a interagire con Tandzo (personaggio, maschio, non umano), un gorilla ventenne e con la dottoressa Rozental, veterinaria, primatologa, personaggio, femmina, specie umana. Per completare l'approccio tassonomico, e rubando le parole al testo, “Credo che sia il momento giusto per spiegare che c’è anche un altro personaggio … quello di Edda. Edda Ciano. La figlia maggiore di Mussolini. … Che è questo personaggio, che Sergio non ha mai finito di scrivere. …. Un personaggio incompiuto in un’opera che non è la sua. E, per questo, ogni tuo futuro intervento sarà sempre fuori luogo.”. Strana e inquietante incursione notturna, il personaggio di Edda. Ed ora possiamo entrare nello spazio scenico… La struttura del teatro e la divisione attori / spettatori esiste per patto finzionale, necessità economica, vincoli architetturali e (grazie al COVID-19) obblighi di legge, ma il regista decide di lanciare subito tutti i presenti in un gioco di reciproca osservazione e interazione. Si entra con gli attori in scena, video della luna sullo sfondo, suono di comunicazioni via radio, click, fruscii. Due chitarre elettriche ai lati del palco. Li vediamo scrivere, esaminare un cranio di gorilla, guardarci, parlare forse di noi. Si, ci siamo anche noi: ci vedono sederci e ci sentono vociare, magari girarci verso l’amico della fila dietro … mai ho sentito il sipario così assente e il proscenio così permeabile e sottile … stavo per alzarmi, andare sotto il palco e chiedere agli attori-personaggi cosa ne pensassero di noi, quelli del mercoledì, se eravamo un bello spettacolo. Nessuna campanella, nessun avviso a spegnere i cellulari, nessuna luce spenta; dopo qualche confabulare Lino / Lino Guanciale e Sara / Sara Putignano si avvicinano ai microfoni e iniziano a parlare. Non vi dirò di cosa, in un'altra messa in scena sarà diverso… Ma, insomma, di cosa parla Zoo? Una recensione dovrebbe raccontare un poco anche la storia, o almeno il nucleo primario dell’opera! Si, avete ragione, ma non è così semplice. Zoo parla di tutto quanto è importante parlare: parla di amore e morte, bellezza e orrore, ascendenti, discendenti, eredità. Parla dello specchiarsi negli occhi dell’altro e trovare la bellezza e il divino; del fatto che “ci hanno dato la bocca per mordere e abbiamo imparato a baciare”. “Mmm, mmh, mmh, mmh, mmh / I need a friend, oh, I need a friend / To make me happy, not so alone / It’s a wonderful, wonderful life” cantano (benissimo) Sara e Lino. E così vediamo svolgersi sotto i nostri occhi la conoscenza, l’incontro e l’abbandono tra queste creature. Al di là della parete di vetro della gabbia il possente animale, salvato da una epidemia di ebola insieme ad altri esemplari del suo gruppo, prende contatto con Sergio. L’interazione avviene sotto gli occhi attenti della primatologa, responsabile del benessere del gorilla e della sicurezza di entrambi. E lo scrittore comunica, a modo suo, gli svela la bellezza sotto forma di musica, libri, pittura, e non si tira indietro quando deve spiegargli l’orrore della ghigliottina. Sergio prende appunti per il suo libro, dichiara il suo intento di “trasformare la realtà senza essergli troppo fedele…. allontanandosi dalla verità che è scomoda”. Tuttavia, ci suggerisce l’autore, per quanto si possa cercare la finzione potremo modificare della realtà solo insignificanti particolari, come il colore di una maglia. E se Tandzo (dubito però che i gorilla si diano dei nomi) sembra essere piuttosto naturale e consapevole, Sergio ha bisogno della mediazione della scienziata per comprendere veramente cosa sta succedendo e ammettere che è un’attrazione amorosa quella che sta crescendo, sorvegliata dalle telecamere di sicurezza, registrata dalla videocamera, osservata e persino misurata dalle analisi del sangue che registrano la risposta fisiologica e psicologica dei due. “C’è la conferma scientifica che sta succedendo qualcosa tra Tandzo e me”. Così mentre Sergio continua a prendere appunti per scrivere, sa benissimo che “I'll be coming for your love, okay? / Take on me (take on me) / Take me on (take on me) / I'll be gone / In a day or two”. Struggente, e meravigliosamente cantata nella versione acustica. Ma non solo Sergio vuole scrivere di lui e del gorilla, anche la dottoressa Rozental vuole pubblicare in una ricerca quanto vede accadere sotto i suoi occhi. Il fatto letterario è, però, diverso dal testo scientifico: il primo è trasfigurato dal patto finzionale, il secondo è molto più intimo nella sua verità. Viene da chiedersi se questa ulteriore intrusione della scienziata non sia in realtà l’espressione di una rabbiosa gelosia. Si, gelosia del rapporto degli altri due, della capacità di accettare il contatto, costruire una storia insieme e imparare l’uno dall’altro. Quasi a dimostrare la teoria dei quanti, l’osservatrice e il sistema osservato sono un unico sistema: ogni parte del sistema non può che essere descritta che come parte di una relazione. Così anche la dottoressa scopre il senso della bellezza, si commuove ascoltando Schubert, cede ai sentimenti: gelosia, dolore per la perdita dell’unico figlio e, con la minaccia di interrompere la relazione tra Sergio e Tadzo, mette in moto altri eventi. Infatti, solo un dono molto prezioso può far cedere Sergio e concedere alla primatologa l’autorizzazione a pubblicare la ricerca scientifica. Qui chiudo la mia narrazione, ciò che succederà poi lo scoprirete. Tuttavia, su un punto voglio riflettere: in tutto questo cosa c’entra Edda Ciano? Edda che si racconta allo scrittore, che lo assale alle prime ore del mattino con la sua vita sopra le righe, che pretende di essere soggetto narrato. Forse Edda è l’indivisibile opposto. Il prodotto di un orrore – il fascismo –contrapposto alla Primavera di Botticelli e alle altre opere meravigliose con cui Sergio seduce Tandzo. L’elemento autenticamente finzionale in una rappresentazione che pretende di essere fintamente autentica. E nello stesso tempo un personaggio storico che – ci dice l’autore – varrebbe la pena approfondire per fare infine i conti con il nostro passato e con l’eredità che questo lascia, senza possibilità di rinuncia. Proprio come non possiamo rinunciare alla nostra eredità genetica.
Davvero bello questo spettacolo, pieno di senso ed emozione. Essenziale ma perfetta la scenografia, incentrata sulla gabbia di vetro, integrata dalle affascinanti proiezioni video e dalle luci che hanno svolto in modo esemplare la funzione di cambio scena. Bravissimi gli attori, di cui tutti hanno potuto ammirare alcuni magnifici primi piani grazie anche alla proiezione della telecamera sul fondale della scenografia. Bravissimi Lino Guanciale e Sara Putignano non solo nella recitazione, ma anche a cantare i meravigliosi pezzi pop che hanno sottolineato i passaggi tra un atto e l’altro e l’evoluzione delle relazioni tra i personaggi: oltre ai già citati Wonderful Life nella versione di Katie Melua e la versione acustica di Take On Me degli A-HA sono da ricordare Animal Instinct dei Cranberries e Someone You Loved di Lewis Capaldi. A questo devo aggiungere l’Impromptu n. 3 Op. 90 di Schubert, scelto dall’autore come chiave per accedere ai sentimenti dei personaggi e aprire alle reciproche relazioni.
L’ultima cosa di cui vorrei scrivere è la verità: tecnologia a vista, gli attori che danno ordini ai tecnici luci, magari subito dopo una frase significativa del personaggio, il teatro “a vista” in ogni momento, come richiesto dall’autore, sono elementi di verità volutamente scoperti. Così ciò che è senz’altro vero e ciò che è senz’altro finto entrambi contribuiscono a rafforzare la verità dell’autofinzione. Così pure il contrappunto tra la realtà vera della scienza e la sospensione dell'incredulità della letteratura e del teatro. Per questo alla fine non abbiamo dubbi che quello vissuto in scena è amore, bruciante passione. Ognuno uscirà cambiato dall’esperienza. Sergio scrive il libro e finalmente smette di sognare Edda. La dottoressa Rozental forse è finalmente partita per l’Africa. E Tandzo? Lo spettacolo finisce così, con le sottili ceneri di Tandzo che disegnano un dorato evanescente sipario sulla linea di proscenio.
Bellissimo.
Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 4 maggio 2022.
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Zoo dal 26/03/2022 al 05/05/2022
scritto e diretto da Sergio Blanco
con Lino Guanciale, Sara Putignano, Lorenzo Grilli
traduzione Angelo Savelli video Miguel Grompone scene Monica Boromello costumi Gianluca Sbicca luci Max Mugnai musiche e suono Gianluca Misiti aiuto regia Teresa Vila preparazione vocale a cura di Laura Raimondi
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Piccolo Teatro Grassi via Rovello, 2 - MILANO tel: 02 21126116 www.piccoloteatro.org
ORARIO SPETTACOLI Giovedì 05 maggio ore 20.30
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