Due donne che ballano in un abbraccio che riassume la sorellanza e la solidarietà che solo il dolore o la follia riescono a creare.
Questa tenera danza è l’epilogo di una storia segnata dalla sofferenza e cominciata per caso in un appartamento decadente. L’autore dell’opera Josep Maria Benet I Jonet, drammaturgo capace di narrare, a volte con disarmante semplicità, l’universo emotivo femminile, racconta di due donne che si sfiorano, quasi si “annusano” dapprima restie, poi lasciando lentamente emergere il proprio vissuto, mentre, paradossalmente, dalla cattiveria ed indifferenza iniziale comincia a sbocciare un legame autentico e indissolubile. Lo spettacolo affronta molti temi esistenziali: la solitudine degli anziani ed il loro frequente stato di abbandono; l’amore materno che non conosce confini temporali; l’amicizia; la solidarietà; le piccole manie. Una rappresentazione dove è impossibile non sentirsi emotivamente coinvolti dai forti temi affrontati e dalla fredda analisi sulla società. Il testo propone figure scomode: una donna anziana (Flavia Di Domenico), brontolona e a tratti malvagia, divenuta ormai un peso per la società e per i figli e una donna più giovane (Marina Vitolo) chiamata per assisterla, che ha perso il figlio in circostanze solo parzialmente accidentali. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 7 aprile 2024. |
Due donne che ballano Di Josep M. Benet I Jornet In un appartamento come un non luogo, due donne senza nome si incontrano. Una è ai margini dell’anzianità, ha due figli per i quali è ormai solo un impiccio e l’altra è chiamata a farle da badante, maltrattata dal compagno e madre di un figlio morto, vittima proprio in uno dei loro litigi. Le due donne dapprima si provocano, si respingono, si pungolano fino a farsi male confessandosi però le vite strozzate che entrambe fino a quel momento hanno vissuto. Vite in cui gli uomini rappresentano rovina ed indifferenza, e da cui loro stesse non trovano una via di fuga. Rispecchiandosi fra loro cresce man mano un’ empatia che si mostra sempre più reale, fisica senza artificiosi abbellimenti e ognuna, nella propria quotidiana solitudine, scopre di avere bisogno dell’altra. Un epilogo che potrebbe sembrare una triste resa ma che al contrario stringe le due donne nell’autodeterminazione, una disperata realizzazione finale di leggerezza attraverso proprio la massima espressione vitale: il ballo. Una tenera folle danza verso la fine del dolore, del rammarico, della vita stessa. Un’opera disegnata da Josep Maria Benet I Jonet capace di narrare, a tratti con ironia e semplicità, un interno emotivo al femminile che si libera, mentre germoglia tra le due donne l’ultimo atto di un loro legame autentico e inscindibile. Teatro Portaportese |