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Dark Quarterer

Introduzione

Dopo aver recensito "Pompei", loro ultimo e apprezzatissimo album, intervistiamo volentieri i Dark Quarterer, blasonata band che, come poche altre, ha con onore portato sul campo il vessillo tricolore, guadagnandosi, in più di 40 anni di carriera (il primo album risale al 1987 ma loro si formano nel 1980), il prestigioso appellativo di "band storica".
Parlano a turno i quattro componenti attuali.  

Intervista

A&B: "Pompei" è il secondo album che pubblicate per la Cruz Del Sur (terzo, se si considera anche la ristampa in vinile di "Symbols"). Si deduce che il vostro rapporto con loro è stato da voi apprezzato. In che modo la label soddisfa le vostre aspettative e speranze?

Gianni Nepi: Beh, innanzitutto grazie per le bellissime parole che hai speso nella recensione di "Pompei". Credo che non ci sia niente di sbagliato, hai colto nel segno ogni sfumatura legata al songwriting, alle sonorità del piano, delle tastiere che in questo album (più che nei precedenti) hanno assunto un ruolo dominante, determinante al raggiungimento del risultato finale!! 

A&B: Recensione oltremodo dovuta, considerato il substrato qualitativo dell'opera.

Gianni Nepi: Grazie ancora. Tornando alla tua domanda, abbiamo conosciuto Enrico Leccese (boss della Cruz Del Sur. Nda) alcuni anni fa, durante un concerto a Roma, e il feeling tra di noi è stato immediato. La correttezza, la disponibilità e la simpatia sono di per sé già ottimi elementi. Nel caso di "Pompei", onestamente, eravamo in dubbio se fare un'autoproduzione, ma di fronte alla generosa offerta di Enrico, non abbiamo proprio potuto dire di no! inoltre, la distribuzione, la visibilità sono state davvero superlative e ci hanno permesso di raggiungere canali prima sempre risultati chiusi per noi. Insomma, davvero una bella esperienza, un bel rapporto! Da ripetere.

A&B: Quali i riscontri all'estero dell'album?

Francesco Longhi: siamo molto orgogliosi del grande riscontro che sta avendo l’album all’estero. Abbiamo ricevuto moltissime recensioni molto positive e anche le vendite stanno andando davvero bene. Tra l’altro, avevamo in programma diversi concerti fuori dall'Italia che, ovviamente, sono stati rimandati a causa dell’emergenza sanitaria. Speriamo di poter recuperare presto!

A&B: A parte i primi due titoli ("Dark Quarterer" e "The Etruscan Prophecy") i vostri tre successivi album ("War Tears", "Violence" e "Symbols") sono usciti originariamente in cd e poi sono stati successivamente stampati in vinile. Mi interessa sapere come mai, per "War Tears", avete scelto di affidarvi alla label "Night Of The Vinyl Dead".

Gianni Nepi: Fummo contattati dall'etichetta che ci propose un buon contratto per la ristampa. Abbiamo accettato.

A&B: Questa label è piuttosto rinomata per la rarità dei suoi titoli. O meglio, ormai è risaputo che le sue tirature non vengono distribuite ai negozianti (ho personalmente raccolto da questi ultimi copiose lamentele su questa politica) con la ovvia conseguenza che i prezzi lievitano a scapito dell'acquirente finale (ne abbiamo parlato QUI). Non avete pensato che affidare a loro la stampa in vinile di un vostro titolo potesse di fatto penalizzare i vostri fans, costretti a mettere mano al portafogli per procurasi una copia?

Gianni Nepi: Quando abbiamo firmato con la “Night Of The Vinyl Death” non abbiamo “visto” l'aspetto distributivo perché, a nostro parere, era a totale carico dell' etichetta. Gli sviluppi di cui mi parli sono una cosa che a noi non riguarda. I fans possono richiedere a noi le copie di “War Tears” e le pagheranno il giusto prezzo. Ne abbiamo ancora decine di copie.

A&B: "Violence", invece, è stato recentemente stampato per la portoghese Metal Soldiers Records. Come siete arrivati a loro?

Gianni Nepi: Premetto che i contatti con le etichette, fino allo scorso anno, erano tenuti da Gino Sozzi (manager della band fino all'estate del 2020. Nda), pertanto i dettagli del contatto non ci sono perfettamente chiari. Ricordo che Gino ci parlò dell'offerta e che noi fummo consenzienti dopo aver ovviamente valutato l'offerta propostaci. Il fatto che siano etichette straniere a farsi avanti è per noi molto gratificante. Significa che, a livello internazionale, siamo apprezzati.
Il nostro rapporto con l'etichetta, comunque, è ottimo!

A&B: Voi suonaste "Out of line" ad un programma TV della Rai e, grazie a questa apparizione televisiva, otteneste il contratto con la Inline Music, che pubblicò poi "War Tears".

Paolo Ninci: Ricordo che quando Fulberto Serena decise di lasciare la band, Gianni ed io eravamo molto delusi e privi di entusiasmo. Tutto sembrava cosi difficile, ma iniziammo a cercare un nuovo chitarrista e, dopo aver provato diversi candidati, trovammo un nostro amico (Sandro Tersetti). 
Lavorammo su alcune idee e nacquero "War tears" e "Out of line".
Trovai su una rivista un coupon per partecipare al "Festival degli sconosciuti" di Ariccia, gestito da Rita Pavone e Teddy Reno. Era tutto cosi strano ma fummo selezionati e vincemmo quell’edizione che ci permise non solo di partecipare alla diretta televisiva su Rai 2 ma di ottenere un contratto discografico in Germania.
Permettimi di ringraziare con molto affetto e stima, Rita Pavone e Teddy Reno, perché senza il loro aiuto oggi non staremmo qui a parlare dei Dark Quarterer.

A&B: E' vero che, poco dopo la pubblicazione del disco, la Inline scomparve nel nulla?

Paolo Ninci: E’ vero. Facemmo appena in tempo a pubblicare "War Tears", che la Inline Music sparì dalla circolazione. Il lato positivo di quella storia fu che comunque ripartimmo con rinnovato entusiasmo e, se oggi stiamo ancora qua, è anche grazie a quegli eventi!

A&B: Sempre parlando di vostri album passati, perché risuonare ex novo l'esordio? Quali le differenze, non soltanto afferenti alla tracklist, tra la XXV Anniversary edition e il titolo originario?

Paolo Ninci: La decisione di risuonare il 25° anniversary fu presa da tutti noi e i motivi furono diversi: primo perché fu un modo per celebrare la ricorrenza dei 25 anni, secondo perché il nuovo assetto della band, con le tastiere di Francesco Longhi, ci dava la possibilità di arrangiare di nuovo le varie song.
Ma un altro motivo fu che potemmo migliorare i suoni dato che registrammo la prima volta con un registratore analogico a 8 tracce e la qualità audio non dava giustizia rispetto a quello che avevamo fatto. Abbiamo accolto con favore l’idea della produzione americana con il doppio cd: da un lato l’originale, dall'altro il nuovo progetto arrangiato. Infatti siamo molto soddisfatti del risultato pur non rinnegando e sminuendo il lavoro precedente.

A&B: Ad oggi, l'unico vostro album non pubblicato su vinile è il live "Under the Spell". Per chi ama il 33 giri, come il sottoscritto, questa domanda è d'obbligo: c'è speranza che venga pubblicato, magari in cofanetto triplo?

Gianni Nepi: Perchè no? Dobbiamo trovare un produttore convintamente disponibile a farlo!

A&B: Sostengo da tempo che, negli anni '80, siete stati dei precursori, una sorta di ponte tra l'hard prog dei Rush e il prog metal dei Dream Theater, un po' come lo furono, in maniera del tutto analoga, i Queensrÿche in quello stesso periodo.

Gianni Nepi: conosco molto bene tutti i gruppi da te citati ma nessuno di loro ci ha influenzato musicalmente. Le nostre origini sono l'hard rock degli anni '70, quindi Black Sabbath, Deep Purple, Led Zeppelin, ma anche il progressive di Gentle Giant e Genesis e, ancora prima, Vanilla Fudge. Che poi il nostro percorso abbia generato uno stile musicale simile a quello dei gruppi che hai menzionato fa parte della conseguenza logica di chi vive la musica immergendovisi e cercando di sintetizzare vari stili, sommandone le sonorità, le caratteristiche, semmai sperando di creare qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno prima aveva sperimentato. Speriamo davvero di esserci riusciti.

A&B: Dando atto che già nel 1987, anno del vostro primo album, la rivista Rockerilla parlò di voi in termini di fusione tra epico e progressivo, quando uscì "When Dream and Tour Unite", due anni dopo, qualcuno di voi vide "saccheggiate" le proprie idee? Quali sentimenti vi pervasero?

Gianni Nepi: Ricordo che la nostra prima impressione fu: “questi sono i Gentle Giant moderni!”. Rimanemmo subito stupiti dalle molteplici similitudini con le nostre sonorità ma noi eravamo già più epici oltre che progressivi e quest'aspetto, nei Dream Theater, è davvero molto meno presente.

A&B: Quando penso alla crescita della popolarità dei Dream Theater in Italia, proprio quando noi italiani avevamo a disposizione un gruppo come i Dark Quarterer, vengo pervaso da un senso di amarezza.

Francesco Sozzi: Ti ringraziamo per la considerazione. Dobbiamo però dire che il livello dei Dream Theater è molto alto! Sono, gusti a parte, una band fortissima e talentuosa. Io non posso negare di aver studiato alcuni dei loro brani e soli di chitarra. Il tuo discorso però è comunque condivisibile: denunciare il fatto che i gruppi stranieri hanno avuto sempre maggiore visibilità rispetto agli organici italiani è inevitabile e non riguarda soltanto i Dark Quarterer!

A&B: Mi piacerebbe un ricordo, da parte vostra, di Duccio Marchi, persona che ha contribuito fortemente alla nascita della band (noi lo abbiamo ricordato QUI)

Gianni Nepi: Mi vengono ancora i brividi quando parlo di Duccio. Nonostante ci siamo frequentati per anni, non si è mai "scoperto" davvero con noi. Credo facesse parte del suo carattere schivo e solitario. Credeva molto in noi, nella nostra energia, nella nostra musica e ci spronò con grande passione a provare a comporre. Aveva ragione! Senza Duccio i Dark Quarterer non sarebbero mai esistiti. Aveva degli strani poteri, Duccio: prevedeva spesso il futuro, ci stupiva con le sue premonizioni e tuttora sono convinto che ci stia osservando da qualche parte. Un amico ed una persona unica.

A&B: Francesco (Longhi), penso che il tuo ingresso nei ranghi dei Dark Quarterer sia una delle cose più apprezzabili. Recensendo l'ultimo album, ho rinvenuto, nei tuoi interventi, tracce della PFM e, addirittura, di Dave Brubeck.

Francesco Longhi: Grazie mille per le belle parole! In effetti, la mia formazione pianistica è nata da bambino con lo studio della musica classica per poi virare dopo alcuni anni verso generi più contemporanei, non strettamente legati all’ambito metal, come il jazz, il funk o la musica rock. Anche i miei ascolti sono sempre stati rivolti a generi e artisti variegati tra i quali mi piace ricordare Stevie Wonder e Herbie Hancock. Nella composizione dei brani dei Dark Quarterer, grazie alla grande intesa con Francesco, Paolo e Gianni, riusciamo a coniugare le nostre varie sensibilità dando vita a risultati che speriamo possano essere godibili per gli amanti del metal ma non solo...

A&B: Francesco (Sozzi), la tua chitarra è vulcanica, istrionica, funambolica, chiaramente devota alla lezione impartita dai virtuosi degli anni '80, piuttosto che a quelli degli anni '70. Quanto hanno influito nella tua formazione personaggi come Eddie Van Halen, Yngwie J. Malmsteen, Steve Vai, ecc.?

Francesco Sozzi: Grazie mille dei complimenti! Devo però contraddirti, senza offesa. La spinta iniziale è arrivata dal rock degli anni 70, Ritchie Blackmore è stato il mio primo amore, la prima scintilla che mi ha fatto avvicinare alla chitarra, ma ovviamente anche i Led Zeppelin, Clapton, Genesis, King Crimson, anche se poi, ovviamente, gli '80 e i '90 sono stati gli anni che hanno formato maggiormente il mio playing. Io sono “settantiano” nell’anima, grazie a mio padre che mi faceva ascoltare della buona musica. Tra i miei preferiti, comunque, oltre a quelli che abbiamo menzionato ci sono Satriani, i Megadeth, i Pantera, i Death, soprattutto i Symbolic e gli Individual Thought Pattern, ma anche molti chitarristi blues, funk, fusion... E poi, c'è il numero uno dei numeri uno, Jeff Beck! Un amore nato non molti anni fa che ha però sorpassato tutti!

A&B: Vorrei un tuo parere su Eddie Van Halen, recentemente scomparso.

Francesco Sozzi: Van Halen è uno di quei chitarristi di cui non si capisce come possa suonare quelle cose con quella naturalezza e come possa avere quel suono inimitabile, personale, che lo puoi riconoscere ad occhi chiusi in mezzo ad altri mille chitarristi! Per me è stato l’anello di congiunzione tra il chitarrismo tipico degli anni settanta e quello che poi è sfociato negli anni novanta, un po’ come fece Hendrix negli anni sessanta! Devi sapere che, a circa 5 o 6 anni, mi fissai con il disco "Thriller". Ascoltavo solo quello (poveri i miei genitori) e quando poi divenni un po’ più grande e riascoltai il disco, rimasi ulteriormente folgorato da "Beat It": quel solo mi gasava di brutto ed allora scoprii che era di Van Halen!

A&B: Dal 2002, vi siete dedicati ad una intensa attività live che vi ha visti girare quasi tutta l'Europa occidentale (Inghilterra, Francia, Grecia, Germania, Malta, Cipro, Danimarca, Svezia, Norvegia, Austria). Quali differenze tra l'accoglienza in Italia e quella all'estero, non importa di quale paese?

Paolo Ninci: Sicuramente I nostri concerti all’estero hanno avuto successo e un entusiasmo da parte del pubblico molto consistente!!
Molte persone, fin dal nostro arrivo, ovunque siamo andati a suonare, ci hanno accolto con rispetto, mostrando di conoscere benissimo la nostra discografia. In molti casi hanno cantato con noi, dimostrandoci di sapere a memoria molti testi delle nostre canzoni. Mi ricordo che, durante un concerto a Londra, restammo colpiti nel sentire il pubblico cantare con noi!

A&B: Ho come il sentore che da noi, come al solito, l'eccellenza italiana trovi modesti riscontri mentre all'estero, pur rimanendo confinati nell'alveo dell'underground, l'accoglienza sia più calorosa e rispettosa.

Paolo Ninci: Sarà un problema culturale, però all’estero c’è effettivamente più partecipazione ed entusiasmo che in Italia. 
Anche nel nostro Paese, comunque, da un po’ di tempo abbiamo notato più interesse durante i nostri concerti quindi, che dire... continueremo a fare il possibile per migliorare le nostre perfomance, perché è bellissimo stare su un palco ed avere la sensazione di essere amati dalle persone che ci ascoltano…

A&B: Domanda doverosa sugli aneddoti. Ne avete qualcuno concernente gruppi famosi con i quali avete incrociato il vostro cammino?

Gianni Nepi: Abbiamo condiviso il palco con i Litfiba nel periodo 1984/1985, quando ancora loro erano una band underground: ricordo che facemmo subito amicizia e ci scambiammo immediatamente le congratulazioni e i rispettivi vinili. Il loro era intitolato “Desaparecido” primo lavoro 1985, il nostro era "Dark Quarterer" primo lavoro 1984 (qui la memoria di Gianni barcolla, perché il loro esordio è del 1987. Quello che invece non dice è che i due gruppi condividono lo stesso anno di costituzione, cioè il 1980. Nda).
Ricordo che nel 2004 al "Keep It True" (festival musicale che si tiene in Germania fin dal 2003 e che riguarda band caratterizzate da sonorità metal o hard rock più tradizionali. Nda), il compianto Mark Shelton dei Manilla Road gridò a voce alta "Dark Quarterer" e si inginocchiò davanti a noi!
Non conoscevamo i Manilla Road ed iniziammo ad ascoltare qualcosa qualche giorno prima del concerto per capire chi fossero gli Headliners del festival. Soltanto allora scoprimmo le molteplici affinità con il nostro modo di suonare!
Ma nel nostro cammino, il ricordo più importante fu quello di parlare, anche se solamente al telefono, con mister Martin Birch, recentemente scomparso all’eta di 71 anni, produttore nonché fonico di Iron Maiden, Deep Purple, Black Sabbath, ecc. Lo rintracciammo telefonicamente un sabato mattina: stava lavorando nel suo studio di registrazione a Londra e facemmo una lunga chiacchierata (eravamo io e Gianni), rimanendo colpiti dalla sua cordialità. Ci promise che avrebbe ascoltato il nostri vinili ("Dark Quarterer" e "Etruscan Prophecy"), e che ci avrebbe fatto sapere il suo giudizio! Noi eravamo al settimo cielo, parlammo tutto il giorno di questo episodio e sperammo per molto tempo in una sua positiva risposta che, purtroppo, non arrivò mai giacché lui non si fece più sentire. Pazienza... Siamo andati avanti lo stesso ed oggi siamo ancora qua... eh già, siamo ancora qua!!!!

A&B: Ultime parole per i lettori di A&B.

Dark Quarterer: Grazie, grazie di tutto. Questo "Pompei" sta ottenendo incredibili risultati in tutto il mondo, sia di critica che di ascolto e di vendita. Noi siamo davvero felici e non vediamo l'ora che questa pandemia finisca per poter ritornare a suonare dal vivo che per noi è davvero la cosa più bella!



 

Gianni Nepi – voce, basso
Francesco Sozzi – chitarra
Francesco Longhi – piano, tastiere
Paolo Ninci – batteria, percussioni

Discografia:
1987 – Dark Quarterer
1989 – The Etruscan Prophecy
1993 – War Tears
2002 – Violence
2008 – Symbols
2012 – Under the Spell (live)
2012 – Dark Quarterer: XXV Anniversary 
2015 – Ithaca
2020 – Pompei

 


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