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Alessandro Balossino
Keith Jarrett. Improvvisazioni dell’anima

Diffido molto degli autori italiani che scrivono testi dedicati ad artisti stranieri perché, generalmente, pubblicano scritti già editi, abilmente saccheggiati e tradotti con enfasi e furbesco stile espositivo, al fine di mascherare l'assenza totale della minima novità e di elementi soggettivi.

Ovviamente ci sono delle eccezioni e queste, generalmente, riguardano sempre la compagine jazz: il volume di Pat Metheny a firma di Luigi Viva, ad esempio, è una di queste. 
Lo è anche quest'opera, scritta da Alessandro Balossino, non un ragazzino (classe 1952), non un improvvisato: già studente di pianoforte classico, ex dirigente di “Casa Ricordi”, membro del Consiglio del Louisiana Jazz Club (il più longevo club jazzistico italiano), è oggi autore di romanzi ed insegna Storia della Musica Jazz e Guida all'ascolto presso il Centro Universitario del Ponente di Genova. 
L'opera qui recensita merita, non soltanto perché svela aneddoti e curiosità di cui l'autore è stato diretto testimone (o di cui egli ha raccolto diretta testimonianza da altri), ma anche perché affronta il complesso universo jarrettiano con approccio umano: non una meticolosa esegesi dell'opera discografica e concertistica del pianista, pure largamente presente, ma anche un'analisi frutto di un approccio empirico, cioè totalmente alieno da schemi e strutture predefinite, in quanto ricavato secondo un modus operandi squisitamente soggettivo. 
Sono presenti, ad esempio, spiegazioni delle teorie filosofiche di Georges Ivanovic Gurdjieff, abbracciate da tempo da Jarrett, così come analisi dettagliate afferenti alle ormai ricorrenti "stranezze" da palco del pianista, passando per la sua tendenza a creare rapporti interpersonali assai macchinosi o per la sua esasperante ricerca all'improvvisazione pura.
Ci sono aneddoti in questo libro che solo qui potrete trovare: colpisce, per esempio, apprendere che negli anni '70, l'artista era assai tollerante con il pubblico rumoroso, cosa oggi impensabile, così come con il servizio di vigilanza che teneva a bada i più facinorosi sovrastando la musica con le urla. Lo testimonia egli stesso, che ad un concerto dell'epoca assistette assai giovanissimo. 
Incredibile, ancora, è apprendere dell'elogio fatto dal pianista al pubblico partenopeo per la diligenza e l'ossequioso rispetto da questi profuso in uno dei suoi recenti concerti.
La soggettività di cui è intriso questo volume è il punto di forza anche nei momenti che portano il lettore al dissenso, perché spingono alla sana riflessione: eccessiva, ad esempio, l'enfasi, quasi di stampo divinatorio, che contraddistingue la premessa, così come è confutabile che il primo disco dei King Crimson - band citata con rimandi intelligenti e contestualizzati - sia frutto del genio di Robert Fripp, essendo egli mero comprimario in quell'opera (assente nella scrittura di "I Talk to the Wind" e "The Court of the Crimson King", co-autore degli altri tre brani assieme alla band tutta).
Ma sono proprio la soggettività e il caldo approccio nell'analisi, anche nei momenti di minor condivisione, comunque rari, che contribuiscono a rendere unico questo libro. Lo scritto di
Balossino presenta l'artista seguendo un approccio espositivo che ha la sua forza nella sensibilità dell'ascoltatore, non nell'abilità dello scrittore, cosa che, per prima cosa, porta quest'ultimo a non relegare il suo beniamino alla compagine jazz, e ci vuole grano salis per farlo. 
Ne consegue che, dopo la lettura di questo testo, l'americano non appare più l'uomo algido e distaccato che comunemente si ritiene egli sia. Egli viene tratteggiato in termini umani, più accessibili, risultando molto più vicino al pubblico di quanto non sia mai stato fino ad ora. 
Soltanto un italiano poteva fare una cosa del genere, con uno come
Keith Jarrett.



Chinaski Edizioni
Formato 15x21
Pagine: 200 c.a.
Uscita: Marzo 2019
ISBN: 889975957X
Prezzo: 15,00 €

 


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