Dopo una premessa brillante e commovente, la lettura di questo libro dedicato a Pete Best, primo batterista dei Beatles, è purtroppo appagante soltanto per metà: a parte un iniziale errore di sintassi piuttosto grossolano, pessimo biglietto da visita per chi sceglie di fare della scrittura il proprio mestiere (nella frase “La maggior parte dei palazzi erano stati trasformati in giganteschi ...” il verbo dovrebbe essere coniugato alla terza persona singolare, “era” e non plurale, “erano”), l'immediata impressione che si evince dalla lettura è quella di uno testo fortemente derivativo, mera compilazione di altre fonti editoriali piuttosto che frutto di una effettiva attività di ricerca, che invece sarebbe lecito aspettarsi da un giornalista. Ed effettivamente, per stessa ammissione dell'autore, l'opera è stata prevalentemente costruita previa consultazione di due testi: “Shout!” di Philip Norman e “Beatle! The Pete Best Story” di Pete Best e Patrick Doncaster (il primo, peraltro, così parrebbe dalle note, nella sola edizione italiana edita da Mondadori). La presenza di eventuali scoop, nuove rivelazioni, inediti episodi legati al primo periodo dei Beatles, è quindi semplicemente mutuata dai libri sopra citati. Pur apprezzando la forma della descrizione squisitamente cronologica dei fatti (sebbene incomba sull'autore il sospetto di aver saccheggiato anche la ricostruzione analitica degli eventi dalle pubblicazioni di Mark Lewisohn, il più autorevole tra tutti gli scrittori della compagine beatlesiana, anch'egli citato tra le fonti bibliografiche), ciò che manca, a questo libro, è il valore aggiunto dell'opinione individuale, limitata alla sola citata premessa (che, al contrario, come già detto, appare certamente efficace e fruttuosa, pur nella sua poco apprezzabile concisione). Parlando in termini concreti, ad esempio, non soltanto manca una dettagliata recensione della discografia del batterista, ma è addirittura assente una sua elementare elencazione. Ad una particolareggiata analisi critica riservata al primo album solista di Pete Best, “Best of the Beatles", si è preferita una veloce e troppo lapidaria descrizione (“nel disco (.) c'erano sei standard e sei canzoni originali composte da Tony Waddington e Wayne Bickerton”) e, soprattutto, un commento sul titolo ingannevole ideato dal discografico Dave Rolnick, francamente inutile e tedioso, vista l'evidenza truffaldina dell'escamotage.
Passando ad altri settori, sarebbe stato doveroso, a modesto avviso di chi scrive, commentare adeguatamente “Backbeat”, bellissimo lungometraggio del 1994 che condivide con il libro la narrazione di fatti aventi medesima collocazione temporale. Tuttavia, quest'opera editoriale ha certamente un merito non trascurabile: se da un lato appare indubbio che si concretizzi quale occasione mancata di presentare la vita dell'inglese nei termini doverosi di un trattato, al quale viene preferita (purtroppo) la formula del mero libercolo, è anche vero che rappresenta l'opera editoriale più dettagliata in lingua italiana dedicata al primo batterista del gruppo. Per dirla con l'autore: “Esistono centinaia di pubblicazioni sulla storia dei Beatles, ma pochissime citano la figura di Pete Best, se non per liquidarlo con poche righe che lo qualificano come il primo batterista del gruppo”. |
Pagine: 124 Uscita: 1999 Editore: Theoria Prezzo: 7,30 €
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