Alcune riflessioni sulla pirateria musicale
Parte 5: Conclusioni


Pubblicato sul periodico giuridico Rivista di Polizia. Rassegna di dottrina tecnica e legislazione, Santa Maria Capua Vetere, 2000, n. III-IV, 191 ss. Pubblicato su A&B per gentile concessione dell'autore.

La pirateria fonografica (unitamente alla pirateria informatica e video), oltre a sottrarre risorse agli operatori dei settori culturali ed industriali interessati, produce negativi riflessi per l’immagine internazionale del nostro paese, come peraltro testimoniato anche da recenti critiche espresse da alcuni organi di stampa straniera. Il fenomeno in esame tende a dilatarsi a dismisura e minaccia di compromettere l’intero settore legale, atteso che i contraffattori hanno la possibilità di vendere, per comprensibili motivi, a prezzi decisamente inferiori a quelli del mercato legittimo.
L’Italia, come la Cina, è tristemente famosa in tutto il mondo per questo tipo di attività, considerata ormai più remunerativa del traffico di sostanze stupefacenti e dello sfruttamento della prostituzione. Secondo dati forniti dalle organizzazioni di categoria, essa ha assunto dimensioni piuttosto consistenti soprattutto nel basso Lazio, nella Campania, nella Puglia, nella Lombardia e nel Piemonte e arreca alle imprese un danno annuo di centinaia di miliardi, corrispondente ad oltre un terzo del mercato degli audiovisivi. Il fenomeno peraltro, costituisce spesso fonte di finanziamento del crimine organizzato e favorisce, in particolare, l’immissione nel mercato del lavoro illegale di migliaia di immigrati extracomunitari per i quali questa attività è spesso porta di accesso al mondo della malavita. La pericolosità e l’allarme sociale derivanti dalla violazione dei diritti di autori, artisti e produttori discografici è ancor più evidente se di solito tali reati sono connessi ad altre figure criminose, quali la frode in commercio, la ricettazione, la contraffazione di marchi e delle opere dell’ingegno che danneggiano importanti settori della realtà produttiva nazionale. La recente costituzione di un Comitato contro la Pirateria presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la creazione presso diverse Preture italiane di Pool di magistrati dediti alla lotta contro le contraffazioni, dimostra come l’attenzione nei confronti del fenomeno sia alto anche da parte delle Istituzioni.
Ciò non toglie che il successo del fenomeno sia anche determinato da altri aspetti. E’ fuori di dubbio, innanzitutto, che i reati connessi alla pirateria siano stati per lungo tempo percepiti dal cittadino come “reati di minore importanza”. Mancava cioè, una sensibilizzazione specifica del consumatore, dovuta sia alla complessità del fenomeno, quanto ad una sua sottovalutazione. E’ altresì innegabile che, nella sua fase iniziale, il fenomeno sia stato sottostimato dalle forze di Polizia, probabilmente a causa della sua esiguità, e ignorato dagli stessi aventi diritto, che solo di recente si sono dedicati ad una massiccia sensibilizzazione al rifiuto del prodotto pirata, ricorrendo ad un vero e proprio bombardamento di campagne e spot pubblicitari.
Resta infine, da analizzare il problema legato ai prezzi dei supporti fonografici: una catena produttiva eccessivamente inframmezzata da troppi intermediari e l’I.V.A., fissata al 20% per i supporti fonografici (48), non contribuiscono certo ad un abbattimento del presso finale del singolo supporto fonografico. Oggi un cd arriva a costare quasi 40.000 lire; un prezzo enorme se si considera che, appena usciti, poco più di 10 anni fa, il prezzo rasentava le 25.000 lire. Tutto ciò assume ancor più attendibilità se consideriamo che alcune tra le più importanti case discografiche hanno promosso campagne promozionali su alcuni supporti fonografici da loro prodotti, riuscendo a contenere il prezzo di vendita tra le 16.000 e le 27.000 lire, riscontrando ampio consenso tra i consumatori e, conseguentemente, arginando il fenomeno della pirateria.
Pertanto, la facilità con la quale è possibile reperire prodotti illegali, e una situazione complessiva che tutto sommato incentiva il consumatore all’acquisto di prodotti pirata, dimostrano come l’attività anti-pirateria sia essenziale ai fini della tutela non solo degli autori, degli artisti e delle case discografiche, ma anche degli operatori commerciali che trattano il prodotto lecito - che sono sottoposti alla concorrenza sleale talora devastante dei pirati - e soprattutto ai fini della tutela dei consumatori.



(48) Il problema dell’IVA scaturisce da una situazione normativa non propriamente indulgente, infelice trasposizione di una realtà che conferma quanto ampio sia il disinteresse per la musica, soprattutto per quella popolare. E’ un disinteresse testimoniato dalle tabelle dell’I.V.A., fissata al 4% per i libri, considerati un prodotto culturale e al 20% per i prodotti fonografici, considerati invece un bene di lusso. Non manca un paradosso che fa discutere: infatti, tra gli esercizi commerciali che possono derogare le imposizioni riguardanti gli orari di apertura e di chiusura, rientrano tanto le librerie quanto, paradossalmente, le nastro-discoteche, in quanto offrono al pubblico un prodotto comunque considerato di interesse culturale.

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