La magia dell'Opera può anche condurti, in una calda serata d'Agosto, a ritroso, ad una delle vigilie di Natale più conosciute della storia del teatro: quella de La Bohème.
E l'incantesimo è totale, straniante. Risalta nell'immensa distesa dell'Arena il manto color bianco latte scelto per la scenografia dal bravo William Orlandi, nel quale quasi si confondono gli strumenti di scena sapientemente ricchi di dettagli ed anch'essi immacolati. Rifulge in particolare la vistosa cesura tra il clima amoroso, quasi evanescente, del primo atto e la caoticità, solo in alcuni frangenti debordante, del secondo, proposti senza alcuna pausa. Sembra gradita dai presenti la scelta favolosa che anticipa l'intervallo, quando dal 'camino' che giganteggia a fondo scena esplodono minuti pezzetti di carta ricalcanti (ça va sans dire) i colori del gonfalone francese: rosso, bianco e blu. Felice anche l'idea di mettere in scena le venditrici che giungono dalla campagna alla barriera d'Enfer in bicicletta. Su una di esse Musetta sfugge da Marcello in una sequenza che davvero ricalca i fasti di certo neorealismo. Abile Orlandi ad immaginare un vasto mare lattiginoso e ligneo con un agile elemento verticale sullo sfondo ed ottimi anche i costumi d'epoca, semplici e lineari ma eleganti. Gli accessi alla soffitta avvengono attraverso una botola innestata nel pavimento, a tratti quasi demoniaca per via degli energici riflessi color ocra che giungono dalla fenditura. Una luminosità che nella parte finale irradia di verde l'intera pedana.
Arnaud Bernard con la sua regia è sembrato più incisivo nel marcare il segno sulla solidarietà tra i quattro amici piuttosto che sugli spazi di languore amoroso nel primo atto. Decisamente più teatrale la costruzione del secondo nel momento in cui una folla festante colma ogni spazio del palcoscenico, sul quale si amalgamano artisti circensi, mangiafuoco e trampolieri. Spettacolari alcuni fermo-scena da dagherrotipo, in grado di focalizzare l'attenzione sui protagonisti della rappresentazione. Così i palloncini del giocattolaio Parpignol si liberano alti nel cielo, raccordati l'uno all'altro. Musetta può fare il suo ingresso trionfale in scena esibendosi nel suo ampio valzer sull'interminabile bancone del Momus, trasformatosi in una passerella ad un capo della quale Marcello è corroso dal sentimento e non riesce a trovare pace. L'osteria è trasmutata in un vagone di tram in legno nel terzo atto, nel finale invece Mimì spira distesa su materassi: una soluzione riuscita per uno squarcio denso e interpretato sapientemente dai protagonisti.
Marcelo Álvarez è stato un Rodolfo dall'ottima voce, assai generoso negli acuti, meno nell'assortimento delle dinamiche; ha preferito puntare più sulla potenza che sulla delicatezza di alcuni passaggi pur previsti dalla partitura pucciniana. Maria Agresta ha interpretato con tecnica e cuore Mimì; il canto è robusto ma duttile e spiccano altresì, la eterogeneità del fraseggio e la cura di alcuni filati anche se contrastati dai noti problemi dell'Arena all'aperto. Piacevolmente sorprendente la radiosa dolcezza di alcuni passaggi e la soavità dei toni, che contribuiscono a fornire grande profondità al personaggio come testimonia la esecuzione di una felice “Donde lieta uscì”. Natalya Kraevsky, soprano russo, si è segnalata per la elegantissima presenza scenica e qualità di recitazione ma vocalmente è parsa talvolta eccessiva scivolando in alcuni acuti non sempre rotondi e un poco sgraziati. Convincente la prova baritonale di Luca Salsi: il Marcello messo in scena denota una voce piena ed una presenza, anche fisica, prorompente.
Deyan Vatchkov ha proposto un Colline piuttosto debole e monocorde, anche se l'esecuzione è risultata rigorosa: alquanto contenuta, a tal proposito, la sensazione di pathos crescente nella esecuzione della celebre romanza della Vecchia zimarra. Bene il resto del cast, il coro (appena impreciso sui tempi solo nei momenti di maggior impegno sui movimenti scenici) ed il coro di voci bianche che è risultato impeccabile e spumeggiante. La direzione dell'orchestra dell'Arena di John Neschling è attenta agli interpreti e, fatti salvi i noti e assai penalizzanti problemi di acustica , è parsa evidente l'intenzione di sottolineare la profondità e corposità delle dinamiche e delle spennellate timbriche della partitura pucciniana.
Scene liriche in 4 atti di
Giacomo Puccini
Libretto di
Giuseppe Giacosa Luigi Illica
Direttore: John Neschling
Regista: Arnaud Bernard
Scene e costumi William Orlandi
Interpreti
Rodolfo: Marcelo Alvarez
Schaunard: Vincenzo Taormina
Benoît: Andrea Mastroni
Mimì: Maria Agresta
Marcello: Luca Salsi
Colline: Deyan Vatchkov
Alcindoro: Angelo Nardinocchi
Musetta: Natalya Kraevsky
Parpignol: Carlo Bosi
Sergente dei doganieri: Victor Garcia Sierra
Un doganiere: Manrico Signorini