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Il Cavaliere dell’Intelletto
Franco Battiato elettronico e sperimentale



Nella lunga e complessa carriera di Franco Battiato meritano una speciale attenzione le sue produzioni sperimentali e in particolare quelle realizzate nella fase elettro-acustica degli anni ’70 che precede la sua affermazione commerciale. Un’esperienza che aiutò l’autore a definire lo stile adottato anche nella fase “pop” che ha inizio dal 1979.

 

Gli anni ’70, fra elettronica e musica contemporanea

Dopo i suoi esordi milanesi legati alla canzone d’autore, grazie alla vicinanza a importanti cantautori come Giorgio Gaber, e alla canzone leggera, nel 1971 Franco Battiato intraprende un nuovo percorso musicale che lo proietta nello scenario del rock progressivo di quegli anni.
Pubblica infatti “Fetus”, per l’etichetta Bla Bla di Pino Massara, dedicato al “mondo nuovo” di Aldous Huxley (Brave New World, 1932).
Un album in cui c’è un uso atipico di timbri “concreti”, rumorismo e di sintetizzatori; la voce è presente ma c’è uno stravolgimento della forma canzone, sia per l’adozione di testi inconsueti che per gli interventi strumentali.
Sicuramente vi è un riferimento alle sonorità del “krautrock” ma re-interpretate e adattate alla cultura mediterranea.
Il lavoro non si adatta allo stile imperante del rock inglese che in quegli anni ha un forte ascendente sulla cultura giovanile europea e si presenta come un album anomalo non ottenendo particolari riscontri commerciali.

Sul successivo “Pollution” (1972), sempre ispirato ad Huxley, l’approccio di Battiato si evolve ulteriormente arrivando alla disintegrazione dei parametri della canzone.
L’album è dedicato al “Centro Internazionale Studi Magnetici” e tra i musicisti vi sono Roberto Cacciapaglia, Gianfranco D’Adda, Mario Ellepi e Gianni Mocchetti.
Tutti gli strumenti sono filtrati nei synth VCS2 o nel VCS3 e l’elettronica diviene epicentro sonoro dei brani contenuti nel lavoro.

La rottura è evidente dalle prime note del disco “Il Silenzio del Rumore” dove la voce di Battiato in reading declama un testo di impronta dadaista sopra un quartetto d’archi che suona un valzer.
“Arkenames” è uno dei brani più celebri di questa fase del compositore siciliano, un vero e proprio “raga” elettroacustico che si sviluppa attorno a un testo ermetico ed essenziale.
“Pollution” si muove fra sperimentazione rumorista, psichedelia, dadaismo, voci recitanti, cantanti con testi surreali e rock, un affresco di colori inediti per gli anni ’70 non solo italiani.
Nel giugno del 1973 partecipa al terzo festival della rivista controculturale “Re Nudo” in località Alpe del Viceré nel comune di Albavilla in provincia di Como durante il quale si esibisce davanti a un pubblico completamente impreparato alla sperimentazione radicale del compositore siciliano.

Nei primi anni ’70 Battiato è fortemente attratto dalle sperimentazioni di Karlheinz Stockhausen e dal minimalismo e si dedica alla ricerca elettronica con l’uso dei sintetizzatori analogici in particolare il mitico VCS3 della Electronic Music Studios (EMS) usato anche dai Pink Floyd, il primo sintetizzatore semi-modulare “portatile”. 
Sono anni in cui Battiato collabora anche con altri progetti come i “Capsicum Red” (1971), gli “Osage Tribe”(1971-1972), “Aktuala” (1973), “Jumbo”(1973), fra il 1974 e 1975 con Juri Camisasca per “La Finestra Dentro” e con il gruppo “Telaio Magnetico”.

Nel 1973 pubblica “Sulle Corde di Aries” un disco con sole quattro tracce in cui il compositore siciliano giunge ad una ulteriore evoluzione compositiva. I brani sono costruiti seguendo un’ispirazione minimalista ma con l’ausilio dei sequencers e dell’elettronica, si innestano le prime suggestioni medio-orientali e i testi si assestano su una nuova poetica che andrà maturando nel tempo e che caratterizzerà il Battiato successivo. All’interno della copertina vi è una foto che lo ritrae vicino a Karlheinz Stockhausen uno dei maggiori riferimenti del suo percorso musicale, oltre che faro culturale della nuova Germania del dopoguerra, che lo spinge a studiare la notazione tradizionale. Il disco contiene alcuni brani che l’autore manterrà nel proprio repertorio per lungo tempo come “Aria di Rivoluzione” e “Sequenze e Frequenze” che ritroviamo poi dal vivo su “Giubbe Rosse” del 1989.

“Clic” del 1974, dedicato a Karlheinz Stockhausen, si muove su paesaggi più ambientali e sospesi sorretti da un uso intensivo dei sintetizzatori accanto al minimalismo elettro-acustico di brani come “Propiedad Prohibida” che diverrà nota al grande pubblico come sigla di TG2 Dossier.
Brani come “I Cancelli della Memoria” sono collocabili fra l’ambient sperimentale, il jazz, il krautrock e la musica etnica.
Convergono quindi varie influenze a comporre un nuovo magma stilistico: minimalismo alla Riley, rumorismo, poesia sonora, reading, echi di medio oriente, musica concreta, radio music, destrutturazione di sequenze sonore e di voci, puntillismo, emerge sempre più forte l’interesse verso gli autori della musica elettronica di matrice colta della scuola di Darmstadt ma anche di John Cage.

Il trittico composto da “Pollution”, “Sulle Corde di Aries” e “Clic” rappresenta, probabilmente, uno degli apici del rock sperimentale europeo degli anni ’70 per originalità e ricerca lessicale. 
Ma l’interesse per la musica contemporanea porta Battiato ad una ennesima cesura stilistica con i parametri formali del rock trasferendo il suo lavoro nella musica elettroacustica sperimentale già con “M.elle Le Gladiator" del 1975.
Registrato sia dal vivo nella Cattedrale di Monreale che in studio manipolando e montando rumori, voci, suoni concreti e inserti elettronici Il disco apre la strada alla nuova fase del compositore siciliano che si avvicinerà alla dimensione più acustica, orchestrale e cameristica.

Il disco omonimo del 1977 sancisce il nuovo corso proponendo con due sole lunghe composizioni: ”Zâ” di solo pianoforte, dove ripete un solo accordo con del micro-variazioni ritmico-timbriche, e  “Cafè-Table-Musik”, costruita usando sequenze di canto lirico, voci recitanti, manipolazioni in studio, parti di pianoforte e strumenti vari. Nel 1978 Battiato pubblica “L'Egitto Prima Delle Sabbie”.Anche qui vi sono solo due lunghe composizioni per pianoforte eseguite da Antonio Ballista, uno dei maggiori esecutori di musica contemporanea.

“Sud Afternoon” è un brano in cui prevale la componente ritmica attraverso l’esecuzione in ostinato di un solo accordo di piano mentre la title track, che consiste nell’esecuzione di un unico arpeggio sospeso di pianoforte, permette al compositore siciliano di vincere il premio “Karlheinz Stockhausen” per la musica contemporanea.
Nel 1978 esce anche “Juke Box”, colonna sonora originale del film tv “Brunelleschi” che contiene sei brani acustici, troviamo Giusto Pio al violino, Juri Camisasca alla voce, Antonio Ballista al piano, Roberto Cacciapaglia alla direzione e Alide Maria Salvetta alla voce soprano.

E’ il momento in cui Battiato, misuratosi con la sperimentazione, decide di tornare alla forma canzone.
L’epopea del progressive-rock è finita e il contesto storico è cambiato, il pubblico di fine decennio non è più attratto dalla complessità formale del rock degli anni ’70 e si fanno strada un certo pop-rock di ispirazione anglosassone trainato dai cosiddetti “cantautori” e la new wave.
In questo contesto Battiato realizza con Giusto Pio “L’era del Cinghiale Bianco” nel 1979, un lavoro in cui propone un nuovo modello di forma canzone che raccoglie influenze diverse che comprendono minimalismo, musica medio orientale, musica folk, musica classica accanto a uno stile nelle liriche originale che include misticismo sufi, cultura pop, introspezione, citazioni colte, un certo gusto non-sense quasi dadaista e una visione del mondo “gurdjeffiana”.
La convergenza con l’elettronica del synth-pop che Battiato effettuerà a partire dal successivo “Patriots” del 1980 lo proietterà verso un successo commerciale inimmaginabile solo pochi anni prima.

Il Battiato sperimentale dopo il 1981, tra paesaggi sinfonici e paradigma elettronico

Dobbiamo attendere il 1987 prima che Franco Battiato inauguri la sua nuova direzione a “produzioni parallele”, da un lato i dischi di “musica leggera”, sempre caratterizzati da una ricerca originale sul suono e sui testi, e dall’altro un nuovo corso sperimentale in cui interessi per musica orchestrale, elettronica, etnica e misticismo, filosofie ermetiche e spiritualistiche trovano una nuova convergenza.

A due anni da “Mondi Lontanissimi” Battiato pubblica infatti “Genesi” dove alcuni testi antichi dal sanscrito, persiano, greco e turco vengono adattati e musicati dal compositore siciliano insieme a proprie liriche e ad altre di Tomaso Tramonti.

“Genesi” segna un nuovo modello utilizzato del compositore siciliano, frutto della sua maturazione musicale e della volontà di marcare la differenza con gli album” pop”, propone infatti il formato di “opera”. Ili lavoro si inquadra dentro un concept e uno sviluppo che fa riferimento dai parametri tipici della musica colta.
Su “Genesi” Battiato impiega sia gli strumenti tipici dell’opera classica, quindi coro, orchestra e strumenti solisti come il pianoforte e l’organo, accanto ad un uso dell’elettronica moderno e personale che impiega sia il digitale che l’analogico.
L’apertura di “Genesi” già mette in chiaro la visione dell’autore: una sequenza d’accordi d’organo sui quali si muovono suoni elettronici modulati ma anche lunghe fasce di archi e di elettronica sui quali si muovono lentamente delle melodie sospese.
Sezioni canto eseguite dal coro del Teatro Regio di Parma, reading, sequenze ritmiche di sapore etnico, aperture sinfoniche dell’Orchestra dell’Emilia Romagna “Arturo Toscanini”, sequenze minimaliste.
“Genesi” propone un nuovo Battiato sperimentale che sintetizza tutte le sue esperienze precedenti. Pino "Pinaxa" Pischetola è presente come tecnico del suono.


Nel 1990 realizza le musiche di “Benvenuto Cellini, Una Vita Scellerata" un film diretto da Giacomo Battiato, una nuova occasione per realizzare un concept album strumentale in cui gli elementi della sua poetica sonora vengono messi in campo.
Il disco è articolato in brani di durata definita dall’azione filmica che lo obbliga a realizzare varie composizioni separate con diverse atmosfere legate da un certo gusto classico ma che fa riferimento in certi movimenti anche al minimalismo come nel tema del “Bozzetto” con qualche dissertazione elettronica come in “Lotta nel Cortile”.
Nel 1992 scrive libretto e musica di “Gilgamesh”, un’altra opera in due atti prodotta da Enrico Maghenzani a cui collaborano fra gli altri Giusto Pio, Steve Roach, Juri Camisasca, Filippo Destrieri, Antonio Ballista. Battiato, sotto pseudonimo, dipinge anche l’immagine di copertina.
“La civiltà è quella assiro-babilonese e Gilgamesh è un eroe divinizzato, mitico re d’Uruk, che ispirò uno dei più conosciuti poemi della letteratura di quella civiltà: l’Enuma Lish. Su questa figura si intrecciano una serie di miti dell’Olimpo babilonese legati alla spiegazione di fenomeni naturali. E’ necessario ascoltare per comprendere la vera musica”. (Franco Battiato)
L’opera si ispira alle gesta del re sumero Gilgamesh protagonista della prima storia epica sulle origini dell’umanità scritta su tavolette d’argilla oltre 3000 anni fa. Oltre alla voce recitante l’azione si svolge attorno alle parti vocali della cantante mezzo-soprano Akemi Sakamoto e il baritono Giorgio Cebrian.

Nel 1994 realizza la sua prima opera “sacra” “Messa Arcaica” con l’orchestra “I Virtuosi Italiani” diretti da Antonio Ballista, il coro “Athestis Chrous” e la cantante Akemi Sakamoto.
L’impianto orchestrale segue la sequenza della messa, lo stesso Battiato interviene alla voce, Filippo Destrieri e Angelo Privitera si occupano delle componenti elettroniche dell’esecuzione mentre Carlo Guaitoli è al pianoforte.
Lo stesso anno mette in scena “I Cavalieri dell’Intelletto” su libretto di Manlio Sgalambro per quattro attori, solisti, elettronica, coro e orchestra. L’impianto narrativo dell’opera è costituito da quadri ispirati alla vita di Federico II ed è discograficamente inedita pur essendo stata eseguita dal vivo in vari teatri italiani; la prima si è svolta il 20 settembre del 1994 nella Cattedrale di Palermo.

Nel 2000 pubblica “Campi Magnetici”, musiche commissionate dal Teatro del Maggio Musicale Fiorentino per il balletto di Paco Decina, un disco anomalo rispetto al percorso “classicista” percorso da Battiato fino a quel momento.
Nell’album c’è un massiccio uso dell’elettronica, rispetto ai lavori precedenti, dove era utilizzata in modo meno evidente e con chiare allusioni agli schemi ritmici del breakbeat e della “jungle” come su “In Trance”.
Un lavoro in cui emerge un interesse dell’autore per i suoni e i colori dell’elettronica “post-Techno” diffusasi ormai dagli anni ’90. Collabora al disco Manlio Sgalambro come voce recitante su “In Trance” e “La mer”.

Nel 2011 realizza “Telesio”, un’opera per azione scenica “olografica” commissionata dal Teatro Alfonso Rendano e dal comune di Cosenza sul filosofo cosentino del XVI secolo Bernardino Telesio.
Scritto su libretto di Manlio Sgalambro alla realizzazione del lavoro prenono parte la Royal Philharmonic Orchestra diretta Carlo Boccadoro, il London Baroque Choir e al pianoforte Carlo Guaitoli.
L’attore Giulio Brogi offre la sua voce recitante per la parte di Telesio e inoltre collaborano al disco Juri Camisasca e Pino Pischetola. Nella messa in scena dal vivo l’orchestra sarà effettivamente presente mentre l’azione coreografica sarà riservata a immagini olografiche. C’è un ritorno al rigore sinfonico di “Gilgamesh” e alla sperimentazione di marca contemporanea.

Nel 2014 si chiude il cerchio produttivo del compositore catanese con “Joe Patti's Experimental Group” attribuito al duo Battiato/ Pinaxa (Pino Pischetola).
Il disco segna un ritorno alla sperimentazione incentrata sul sintetizzatore modulare e Battiato sfoggia un GRP Synthesizer A4 di produzione italiana.

Nel disco viene riproposta una nuova versione di un brano storico da “Clic” re-intitolato “Proprietà Proibita” che chiude la scaletta.
Su “Joe Patti's Experimental Group” rielabora e rimonta materiali sonori e testi vecchi e nuovi, alcuni risalenti agli anni ’70 ma l’album non è un lavoro prettamente ”sperimentale” ma è un disco elettronico.
Il lessico impiegato è quello che Battiato ha sviluppato negli ultimi decenni, anche nelle opere orchestrali, ma portato a un livello di elettronica “popular”.
“Joe Patti's Experimental Group” va a collocarsi all’interno dei filoni di post-techno che a partire dagli anni ’90 hanno riportato l’elettronica ad essere diffusa a livello di massa proprio grazie ad autori pionieristici come Battiato e i grandi del krautrock.
Generi che ormai incorporano soluzioni formali che un tempo appartenevano alla sperimentazione più radicale ma che nel XXI secolo sono divenuti elementi consueti di quelle strutture musicali.
“Joe Patti's Experimental Group” è quindi anch’esso un disco “pop” che non fa riferimento alla forma canzone ma al mondo dei sub-generi elettronici nei quali Battiato immette le proprie influenze neoclassiciste e mediterranee.
Nel lavoro c’è musica ambient, come nell’introduttivo “Leoncavallo” o su brani come “Omaggio A Giordano Bruno” dove prende una suggestiva piega neoclassicheggiante, ci sono linee ritmiche sintetiche vicine all’idm (intelligent dance music) come su “ The Implicate Order “ o su “Come Un Branco Di Lupi”.
Il disco non ottiene il plauso della critica pop-rock che probabilmente non ne afferra il senso.
“Joe Patti's Experimental Group” è il punto di vista di Battiato sull’elettronica “braindance” e ambient contemporanea.
Nel disco Battiato remixa sé stesso nella contemporaneità del nuovo mondo sonoro digitale e ritrova la curiosità dello smanettamento sulle manopole dei sintetizzatori.

 

 

La carriera di Battiato è stata contraddistinta da un percorso sperimentale originale che ha fortemente influenzato anche le sue produzioni più popolari. La sua crescita culturale e spirituale si è riflessa nel contenuto delle sue opere, dalle più semplici alle più elaborate, ed è un esempio di come il musicista debba essere innanzi tutto un intellettuale in grado di sviluppare una propria filosofia e una propria visione del mondo e dell’arte.


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