Dal 24 aprile al 5 maggio il Teatro Trastevere ospita l'intrigante spettacolo "Leviatano", un testo scritto da Riccardo Tabilio, diretto da Alessandro De Feo ed interpretato da Diego Migeni, Stefano Patti e Giole Rotini.
La rappresentazione è la perfetta fusione di un lavoro tra giovani talenti che propongono una storia realmente accaduta arricchendola di suggestioni e tratti comici che la rendono estremamente fruibile e gradevole. Diversi i personaggi che gli attori si trovano ad interpretare in un vorticoso cambio di accessori che consente loro di indossare i panni di poliziotti, professori, negozianti, protagonisti e comparse di una storia che ha dell’incredibile e che, nella sua drammatica realtà, ha condotto due studiosi (o forse solo uno) a sviluppare una teoria sulla stupidità umana, oggi riconosciuta con il nome di "Effetto Dunning – Kruger” e che può riassumersi nell’esistenza di un rapporto inversamente proporzionale presente tra le conoscenze possedute da un individuo su un dato argomento e la sua personale convinzione di essere preparatissimo su quel medesimo tema. I tre attori sono bravissimi a portare avanti la narrazione coinvolgendo il pubblico in sala (abbattendo totalmente la quarta parete) nella vicenda e conducendo lo spettatore in ragionamenti tra il serio ed il faceto, oltre ad indurre domande sulla teoria proposta (e dimostrata), il tutto con il giusto livello di umorismo ed una recitazione che non consente pause, ma, e qui sta a parere di chi scrive il valore aggiunto dell’opera, senza moralismi, esplorando i temi dell’ignoranza e del coraggio della disperazione con una leggerezza che, lungi dallo svilirne l’importanza, promuove un’interessante esplorazione dell’animo umano. De Feo con i suoi attori sfrutta ogni tipo di tecnica teatrale: atmosfera degli anni novanta (quando la vicenda si è realmente svolta); capacità di immergere completamente gli spettatori nella narrazione utilizzando sia il palco che la platea con un totale coinvolgimento del pubblico; scelta del formato del ‘mockumentary teatrale’ per una narrazione che coniuga la scientificità della ricerca universitaria al genio creativo necessario per ridefinire i contorni della storia e renderla ironica nella sua drammaticità; uso perfettamente fruibile dello spazio e del tempo alternando i vari momenti della storia ed utilizzando flashback temporali; proiezioni di immagini sullo sfondo che arricchiscono l’espressione concettuale, luci sapientemente dosate ed un sottofondo musicale a sottolineare non solo il periodo storico, ma anche i tratti surreali della storia. Un ritmo costante e la materiale impossibilità di attenuare l’attenzione (per curiosità o per coinvolgimento) rendono lo spettacolo piacevolissimo. “Leviatano” è un lavoro di attenta ricostruzione storica proposto con una divertente recitazione ed un utile intento, forse anche un po’ provocatorio, di stimolare domande per interrogarsi sulla capacità umana e sulla consapevolezza delle proprie conoscenze. In questo senso l’opera svolge anche un’attività istruttiva accanto alla piacevolezza della sua fruizione. Un perfetto connubio tra spettacolo e cultura.
Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 30 aprile 2024. |
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Leviatano
di Riccardo Tabilio con Diego Migeni Stefano Patti Gioele Rotini diretto da Alessandro De Feo
Approda al Teatro Trastevere di Roma, dal 24 aprile al 5 maggio, Leviatano di Riccardo Tabilio, con Diego Migeni, Stefano Patti e Gioele Rotini, diretto da Alessandro De Feo. Nel 1995 McArthur Wheeler, un cittadino statunitense senza precedenti penali, decide di rapinare una banca della sua città, in pieno giorno, a volto scoperto. L’episodio ha ispirato una ricerca scientifica sulla stupidità umana, condotto da due studiosi della Cornell University. Viviamo in un mondo in cui la limonata è fatta con aromi artificiali mentre il detersivo per piatti è fatto con veri limoni. Proprio il succo di limone è il motore scatenante di questa grottesca vicenda. Una storia di straordinaria incompetenza ma anche di genio. La storia di un idiota clamoroso e al tempo stesso di un eroe visionario che non ha paura di niente perché non ha niente da perdere. In questo ‘mockumentary teatrale’ gli attori provano a ricostruire una storia, talvolta anche inventandone i dettagli, sullo sfondo di un paese sempre più armato, razzista e fuori di testa. Appunti del regista per lo studio sul testo Ho deciso di iniziare uno studio scenico su Leviatano per ragioni sia romantiche, poetiche, riguardo i temi trattati, sia per un fattore prettamente godereccio legato ai colori, i suoni e le forme degli anni 90 – specie se guardiamo agli USA – che esercitano su di me (e non solo) un grande fascino. Ricostruzione Mi è piaciuto lavorare cogliendo l’aspetto della ricostruzione, che gli attori dichiarano sin dall’inizio, mettendosi a contatto col pubblico. Creare l’autenticità di questo contatto è stata l’essenza del lavoro iniziale, che parte da una presentazione vera e propria – diretta, prendendo quasi “fisicamente” il pubblico per mano, per poi gradualmente distaccarsene ed addentrarsi, senza soluzione di continuità, nella ricostruzione della vicenda McArtur Wheeler in ogni suo passaggio. La proiezione di diapositive e ritagli di giornale dell’epoca, unitamente a date ed eventi citati nel testo, coadiuva quello che convenzionalmente chiamo effetto mockumentary teatrale (che differenzio dal teatro di narrazione o altre forme simili per la dichiarata volontà degli artisti – vera o finta che sia – di ricostruire una storia realmente accaduta, seppur romanzata e teatralizzata, e le modalità con cui viene messa in scena) Il tema Abbiamo senz’altro individuato la figura di McArthur Wheeler, nel suo aspetto visionario e donchisciottesco, come motore principale della nostra messa in scena. È intorno all’aspetto poetico di queste apparenti non-qualità che vuole ruotare la narrazione. La formulazione della teoria sulla stupidità e gli eventi scenici che ne scaturiscono – unitamente alla parte poliziottesca – sono tangenziali alla vicenda, la indicano (in maniera gustosa), girandogli intorno per poi arrivare al centro. E per noi il centro è certamente l’antieroe antisistema: stupido sì, ignorante a tal punto di non conoscere fondamentali leggi della fisica, ma che colpisce il vero nemico: le banche.Brecht diceva: “Cos’è l’effrazione di una banca di fronte alla fondazione di una banca?”. Nei primi 2000, invece, un aspirante concorrente del Grande Fratello (TV), alla domanda: “È il sole che gira intorno alla Terra o la Terra che gira intorno al sole?” rispondeva: “Il sole gira dentro la terra”. Questo a testimonianza che esistono persone, al mondo, che non sanno su che pianeta vivono e, di conseguenza, potrebbero tranquillamente ignorare le fondamentali leggi di cui sopra, come il nostro McArthur. Ignoranza e coraggio Forse qualcuno di noi ha pensato, da ragazzino, di sollevare un divano dopo aver mangiato spinaci, per l’effetto fortificante immediato che quella prodigiosa pozione conferiva. Questo caso è analogo, solo che l’adulto McArthur Wheeler usa dei limoni dell’invisibilità, e non è solo l’essere adulto a rendere interessante la cosa, ma anche il coraggio che l’efficacia del talismano – per lui evidentemente garantita – gli infonde. Così, seppur per mire personali. Se la prende contro il vero nemico, le banche (altro motivo di interesse e simpatia per noi) uscendone ovviamente sconfitto (ma non per noi) e come un Don Chisciotte “ribaltato”, attacca un nemico reale sicuro di essere invisibile.
Fonte: comunicato stampa.
Teatro Trastevere Via Jacopa de’ Settesoli, Roma www.teatrotrastevere.it Orari spettacolo: martedì – sabato ore 21:00 domenica ore 17:30
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