La guerra, si sa, porta distruzione ed una progressiva incapacità a ricordare e riconoscere il bello di fronte agli orrori che impone. Ecco quindi, che in certi momenti la salvaguardia del patrimonio culturale dei popoli “deve” essere preso in carico da pochi illuminati ed illuminate che si impegnano ad evitare razzie e distruzioni, spesso rischiando la propria vita, come a Palmira con l’uccisione del direttore del museo Al-As’aad. Palma Bucarelli fu una di queste persone illuminate.
Durante la Seconda guerra mondiale aveva un ruolo istituzionale come sovraintendente italiana alle belle arti e direttrice della GAM di Roma. Preoccupata sia dalla possibilità di danni a causa dei bombardamenti prima, e della possibile razzia da parte degli “amici” tedeschi poi, decise di spostare e nascondere le opere della Galleria d’Arte Moderna nel Palazzo Farnese di Caprarola, a lei ben noto sin dai tempi dell’adolescenza, sapendo che vi avrebbe trovato locali ampi ed asciutti, ideali come rifugio. Si occupò di tutto, supervisionando dall’imballaggio delle opere, alla scelta del percorso sicuro da utilizzare, alla distribuzione delle opere nei nuovi spazi, sempre guidata dalla convinzione che «ogni opera d’arte è come un organismo che apparentemente è simile agli altri ma ha una sua particolare natura e reazioni diverse e richiede quindi un particolare trattamento». Questa iniziativa fu poi seguita dall’ulteriore trasferimento clandestino delle opere a Castel Sant’Angelo, nel 1943, per proteggerle dagli alleati oramai in fuga di ritorno in Germania. A quelle della GAM si aggiunsero anche i capolavori dell’arte italiana da molti altri istituti e musei italiani grazie a soprintendenti, direttrici e direttori di musei, storiche e storici dell’arte che rischiarono la loro incolumità per metterle in salvo. Ecco, quindi, Botticelli, Michelangelo, Leonardo, Caravaggio e poi ancora Rembrandt, Raffaello, Tiepolo, Velasquez, Lippi, Pollaiolo assieme a Medardo Rosso, Sartorio, Cambellotti... incamminarsi a braccetto verso il nuovo rifugio. Questa è storia. Lo spettacolo di stasera ci fa rivivere – dal punto di vista della protagonista - quelle azioni meritevoli e ci offre l’occasione per ricordare il tempo dell’occupazione di Roma e le sue tristi e terribili conseguenze, attingendo a fonti storiche fatte di documenti, testimonianze e diari. Una scenografia essenziale, fatta di pochi oggetti: una testina in cera di Medardo Rosso, un tavolino con un telefono, dei camaleontici manichini da disegno ed una valigia che diventa cassetto in cui custodire progetti o cassa per il trasporto e la conservazione delle opere, secondo necessità. E tanta immaginazione alimentata da evocativi rumori, registrazioni vocali e videoproiezioni a supporto di un testo didascalico, documentaristico e allo stesso tempo intimista che alterna la narrazione dei fatti con le sensazioni di chi li ha vissuti. Geniale l’intuizione di proiettare uno dei primo cartoon di Disney, unico americano che fosse riuscito a evitare l’epurazione nazionalistica del fascismo – 'eccetto Topolino', appunto, e che ricorda la scena finale di Full Metal Jacket di Kubrik - e la performance di un Petrolini strepitoso nel suo personaggio di Fortunello a declamare i suoi versi futuristi. La rappresentazione di una Roma che vuole “mettere sotto il tappeto” ciò che sta accadendo attorno ma che piano piano si avvicina. I bombardamenti degli alleati, le azioni partigiane e le conseguenti rappresagli degli “amici” tedeschi, i conoscenti ebrei che iniziano a scomparire… Un tutti contro tutti che sembra inarrestabile, perché la guerra non ha etica. Brava Cinzia Spanò a rendere materiale l’ansia e la paura di una vita sospesa tra ciò che poteva essere e ciò che stava diventando. Un’angoscia in bilico tra la paura di fame, morte e distruzione ed il bel vestito nuovo, di delicato chiffon verde, che la sarta aveva fatto per lei – considerata una delle donne più eleganti del suo tempo – e che non avrebbe venduto nemmeno per mangiare. Brava anche a farci capire l’importanza dell’arte e di non spezzarne il percorso neppure durante la guerra. Un’arte figurativa, che ha senso nonostante il rapido diffondersi della tecnologia cinematografica e della rappresentazione fotografica perché “esercizio della mente”, un’arte che è “spazio e tempo, come la musica”. Un’arte vera, d’avanguardia, in contrasto con quella di regime che diventa solo propaganda: ed ecco quindi i contemporanei Birolli, Guttuso, Afro, Scialoja, Vedova... esempio vivente di come sia meglio essere “degenerati” che omologatati: una speranza per il futuro. Poetico il finale. Un’inaspettata anche se attesa liberazione che finalmente scioglie i nodi e libera le opere d’arte dal loro limbo nascosto uscendo quasi volando in una carrellata di immagini immersive: si intersecano, si completano, si svelano… tornano a vivere. Anche Palma finalmente potrà indossare il meraviglioso delicatissimo vestito di chiffon verde ma soprattutto riprendere il suo lavoro (che è anche la sua vita). "Si devono contare i danni, si devono piangere i morti, ma non oggi”.
Questa recensione si riferisce alla rappresentazione dell'8 febbraio 2023
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PALMA BUCARELLI E L'ALTRA RESISTENZA dal 1/02/2023 al 26/02/2023
di e con Cinzia Spanò
liberamente ispirato a fatti realmente accaduti aiuto regia Valeria Perdonò allestimento tecnico Giuliano Almerighi video Francesco Frongia sound designer Alessandro Levrero scene e costumi Assumma De Vita valzer in A Minor Roberto di Mario
produzione Teatro dell'Elfo
TEATRO ELFO PUCCINI Corso Buenos Aires, 33 MILANO tel: 02 00660606
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