Ma anche se si può pensare che la spinta provocatoria e “politically uncorrect” (come si dice oggi) delle tematiche del romanzo di Buzzati possa avere una potenza meno dirompente nella realtà odierna, il tempo sembra invertito: l’inaccettabile, il morboso, che nel 1963 fu discusso dalla critica, ma anche accettato e ammirato, può risultare oggi fastidioso e meritevole di appellativi quali male oscuro, perversione, morbosità e chi più ne ha più ne metta. Strana sensazione di essere in una società che per certi aspetti è regredita anziché evolversi. Ma di cosa stiamo parlando? il romanzo racconta la storia di Antonio Dorigo, un uomo borghese, egoista, maturo e benestante che si innamora perdutamente della minorenne Laide, una prostituta milanese, e la lenta trasformazione della loro relazione in un'ossessione che mette a nudo le fragilità e le insicurezze del protagonista. Il testo, peraltro autobiografico, affronta quindi temi importanti; esplora il lato oscuro dell’amore che diventa forza distruttiva che fa perdere il controllo della propria vita a Dorigo, consumato dalla gelosia e dal desiderio di possesso. Un Dorigo che ha difficoltà ad accettare la verità delle persone e che, nonostante la relazione, rimane profondamente solo per l’incapacità di comunicare e di comprendersi, tanto da arrivare a idealizzare l’amante Laide in un’immagine che non corrisponde alla realtà. Come disse Montale “Col nuovo romanzo Un amore ci troviamo nel cuore del più acceso realismo e psicologismo, nella dissezione quasi anatomica di un sentimento amoroso che molti diranno patologico, ma che in realtà tutti gli uomini che non hanno gli occhi e il cuore foderato di una cotenna di lardo hanno almeno virtualmente provato”. Briguglia è bravo anche nell’usare uno stile asciutto e preciso, tipico della scrittura di Buzzati, con descrizioni dettagliate ma mai ridondanti e un ritmo narrativo incalzante che riesce a riportare la profondità psicologica dei personaggi e l'analisi cruda e realistica di un amore che diventa a poco a poco malattia in un’atmosfera claustrofobica che riflette lo stato mentale del protagonista. Un’ottima prova a cui l’unico appunto che posso fare è forse la mancanza di quella cupezza che il protagonista Dorigo, privo di empatia, ha nel libro, che lo rende quasi commiserevole nella pièce teatrale. Anche l’uso delle musiche porta una “leggerezza”, sicuramente voluta, che riduce però il pathos della narrazione mentre interessante è la scelta di proiettare immagini delle opere dipinte di Buzzati per ancor meglio descrivere i sentimenti e le azioni che man mano scorrono durante la recitazione. Sul palco diventano visibili le parole dello stesso Buzzati che del suo libro dice “L’unica, per salvarmi, è scrivere. Raccontare tutto, far capire il sogno ultimo dell’uomo alla porta della vecchiaia. E nello stesso tempo lei, incarnazione del mondo proibito, falso, romanzesco e favoloso, ai confini del quale era sempre passato con disdegno e oscuro desiderio”. |
UN AMORE regia: Alessandra Pizzi Dall’11 al 16 Febbraio, in scena nella Sala Blu del Teatro Franco Parenti, Un amore, adattamento in forma di monologo dell’unico scritto ‘erotico’ di Dino Buzzati. Paolo Briguglia, diretto da Alessandra Pizzi, è Antonio Dorigo, uomo egoista e superficiale, disinteressato ad affetti sinceri e fruitore di prestazioni sessuali occasionali, protagonista dell’omonimo romanzo di Buzzati. Scosso dall’incontro con Laide, una giovane ballerina della Scala della quale sembra innamorarsi, Dorigo sperimenta così un amore vero, di esemplare limpidezza, ma destinato a smarrirsi nella menzogna come in un labirinto. Dorigo attende e si fa domande, sperando, al contempo, che le cose vadano per il meglio. La paura che la propria amata non si presenti all’appuntamento; la gelosia che prova nel pensare che lei possa essere con qualcun altro; l’ansia di vederla anche solo per qualche minuto, solo il tempo di accompagnarla alla stazione. Sono tutti sentimenti che Dorigo prova, ma che qualsiasi innamorato ha provato. Ma è appropriato il termine “amore”? Il loro rapporto, infatti, si trasforma ben presto in una vera ossessione che lo destinerà, infine, al naufragio. Quello dipinto da Buzzati è un ritratto di un rapporto morboso, un equivoco, dove il possesso viene confuso con l’amore, estremamente attuale in un’epoca in cui le notizie di femminicidi ci raggiungono quotidianamente. Un fiume in piena di monologhi interiori che spezzano il respiro, scanditi dalla musica di dimensione pop, nazional popolare, che rispetta l’intensa produzione musicale e cantautorale degli anni 60, tra “ma che freddo fa” di Nada e la “innamorati a Milano” di Remigi, ricrea il fermento artistico e produttivo proprio di quegli anni, anni di grande frenesia, dove la ripresa economica fa da contraltare a una borghesia bigotta che al valore umano, sostituisce pian piano il valore del denaro e della “posizione sociale”. (fonte comunicato stampa)
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