Questo musical, giunto ormai all'ennesima rappresentazione, totalizzando cifre record (più di 1.800 repliche per un totale di quasi 2.000.000 spettatori), merita certamente di essere visto in ragione della presenza di ballerini/cantanti di altissima caratura.
Le danze ivi espresse uniscono elementi d'epoca, ovviamente attinti dagli anni '50, periodo storico ove agiscono i protagonisti, con movimenti e posture chiaramente saccheggiati dai decenni successivi, in special modo i seventies e gli eighties. Il connubio appare interessantissimo e si evidenza quale componente di coraggiosa combinazione, manifestazione di una volontà sperimentale che deve essere premiata (e lo è, considerato il tutto esaurito registrato già in fase di prevendita in tutte le quattro date romane, così come in molte altre in diverse città italiane). Le voci sono esemplari: se pescassimo un cantante a caso dal cast, ci lanceremmo certamente in giudizi di valore apicale, asserendo che questi sarebbe in grado di primeggiare rispetto ai colleghi, salvo poi cambiare idea ascoltando l'artista successivo e quello dopo ancora. Il risultato si concretizza in una combinazione canora a dir poco perfetta dove ciascuno è in grado di emergere individualmente, pur essendo parte integrante di una collettività che ha il raro pregio di esternare un'unica anima espressiva. In sintesi, ciascuno è complemento dell'altro e tutti sono parte essenziale della comunità. Sembrerebbe una recensione di un'opera perfetta, questa, se non ci fossero delle riserve, purtroppo. Andiamo per gradi: - la regia non ottimizza al meglio il potenziale del cast talentuoso appena descritto: dialoghi banali, altre volte decontestualizzati, rendono lento quantomeno il primo tempo; - la scenografia è povera: francamente, ci si aspettava qualcosa di più di un'auto, una gradinata, un letto, una psuedo-mensa e due insegne (una di un fast food, una dell'istituto scolastico ove agisce il gruppo) su uno sfondo inespressivo di stampo minimalista; - alcuni elementi che vorrebbero essere innovativi sono in realtà disturbanti: cosa c'entra l'incipit inziale su musiche dei Bee Gees periodo "Saturday Night Fever"? Per non parlare del ballo di fine anno, ove gli uomini indossano giacche sopra camicie dagli improbabili colletti giganteschi stile Tony Manero. Ok la sperimentazione, come accennato in apertura, ma con un minimo di garbo tematico... E poi, c'è una certa volgarità di fondo: non è tanto il turpiloquio, peraltro assai ricorrente ("culo" e "merda" si susseguono con una certa disinvolta ciclicità), quanto certe immagini fortemente allusive, quando non del tutto esplicite: la simulata erezione di Danny è veramente fuori luogo, così come l'apparizione di un angelo seminudo carico di erotismo, nel fisico, nella postura, nei dialoghi (personaggio gratuito, peraltro, giacché del tutto inedito in precedenza). Si entra poi nella compagine grottesca, per non dire trash, quando quest'ultimo, parlando di musica rock, lancia in aria il segno delle corna. E' antitetica in tutti i sensi, questa immagine: anagraficamente (il gesto è un tratto distintivo dell’iconografia hard rock e heavy metal), ideologicamente (un angelo con pettorali e addominali scolpiti che fa le corna? Ma per favore!), concettualmente (forse qualcuno si è dimenticato che le immagini di Grease che sono entrate nell'immaginario collettivo sono quelle afferenti ad una comitiva di giovani maschi la cui massima trasgressione si concretizza nel vestire abiti di jeans e di pelle, corteggiando in maniera goffa ma sincera acerbe ma attraenti fanciulle). Resta il fatto che le voci di ragazze e ragazzi coinvolti in questo spettacolo - angelo compreso, in possesso di un'ugola così efficace, da esprimere potenza e cristallinità all'unisono (curiosamente, proprio come il singer Ronnie James Dio, che il segno delle corna utilizzava largamente durante i suoi concerti dal vivo) - hanno un potenziale così altamente coinvolgente, da far dimenticare quanto di non propriamente azzeccato viene palesato durante la rappresentazione tutta. In conclusione, l'opera è certamente da vedere, senza però aspettarsi una glorificazione del noto (e ormai leggendario) lungometraggio: si tratta di una performance collettiva che ha un potenziale enorme - giacché vi cantano e vi recitano giovani dotati e virtuosi - ma che dovrebbe essere meglio perfezionata negli aspetti sopra largamente stigmatizzati. Minori rigorosamente accompagnati. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 17 novembre 2022 |
GREASE
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