In bilico tra commedia e dramma, "Doctor Faust" propone un Giampiero Ingrassia a dir poco straordinario, nella sua capacità di cambiare repentinamente il contesto espressivo ove opera, passando egli, con apparente disinvoltura, dal serio al faceto e viceversa, peraltro spalmando la sua interpretazione su due personaggi, Faust e Mefistofele, ognuno dotato di voce, postura e attitudine caratteriale differenti. In tal senso, egli conferma la sua eclettica attitudine recitativa, a tratti camaleontica, alla quale unisce credibili doti canore, peraltro già largamente apprezzate nel musical "La Piccola Bottega degli orrori". Questo elogio introduttivo può essere certamente esteso anche ad Emy Bergamo, non meno efficace del collega allorquando palesa con raffinato talento, la sua disinvolta abilità nel transitare tout court dal personaggio femminile pudico e virginale, a quello spregiudicato e malizioso. Mimmo Ruggero, infine, prorompe sul palco con una napoletaneità di stampo evidentemente DeCurtisiano, chiaramente sublimata dalla consapevolezza di saper sfacciatamente importare danze e canti piuttosto seriosi in contesti ilari, a tratti farseschi. Così descritta l'eccezionale compagine attoriale, va detto che la regia patisce purtroppo una certa difficoltà a far convivere dramma e comicità in un sol contesto: la eclettica attitudine dell'attore principale, infatti, non viene, a modesto avviso di chi scrive, pienamente sfruttata, talché egli accelera e frena repentinamente, senza alcuna soluzione di continuità, con l'effetto immancabile di confondere il pubblico. Quando ci si immerge in un contesto oltremodo drammatico, ecco che spunta la battuta simpatica, subito castrata, nelle sue potenzialità di apripista verso un alveo goliardico, da un ritorno verso mood narrativi riflessivi, se non del tutto introspettivi. Il pubblico segue attento, poi ridacchia occasionalmente, frenato sul nascere - nel suo desiderio di lasciarsi andare alla leggerezza - dalla ondivaga attitudine manifestata sul palco. Mimmo Ruggero, che dei tre ha il potenziale maggiore per far ubriacare gli astanti di grasse risate, è totalmente decontestualizzato, pur per responsabilità non a lui ascrivibili: infrangendo un pathos drammatico, irrompe dondolando spensieratamente su un'altalena o saltella goffamente suonando un flauto incantato, ma sparisce repentinamente, lasciando il pubblico perplesso. Egli serve su un piatto d'argento la fantastica pietanza tanto attesa dai commensali, per poi sfilargliela da sotto il naso, tradendo aspettative con imperdonabile leggerezza. Il canto, troppo contenuto perché l'opera possa definirsi "spettacolo musicale", come invece pubblicizzato nei comunicati stampa, e una certa scurrilità, pur contenuta e occasionale, si evidenziano quali ulteriori elementi aggravanti. |
Dottor Faust
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