Intervista
A&B: Ritengo che sia doveroso iniziare questa intervista con una domanda a dir poco fondamentale: avete ricevuto aiuti concreti da parte delle Istituzioni, da quando vi è stata imposta la chiusura? Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): il Governo si sta adoperando con provvedimenti tampone di carattere generale. Pur con una certa lentezza, è stato possibile estendere gli ammortizzatori sociali ai lavoratori dello spettacolo dal vivo. Sono rimaste fuori, per ora, le imprese dello spettacolo che necessitano di provvedimenti strutturali per sostenere la perdita maturata e ripartire. Teatri e produzioni sono privi di liquidità e il Decreto "Liquidità" non è uno strumento idoneo. Serve un fondo di salvataggio che copra il deficit indotto dalla chiusura forzata (risorse a fondo perduto, ovviamente). Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): finora non è arrivato alcun aiuto economico. I miei dipendenti, come tutti d'altronde, ancora attendono la cassa integrazione di Marzo. Per quanto riguarda le strutture teatrali, dopo diversi interventi di categoria, abbiamo ottenuto che la Regione Lazio stanziasse un fondo per il sostegno al pagamento dei canoni di affitto delle Sale Teatrali, nella misura del 40%, fino a giugno. Un risultato piuttosto modesto visto il danno inestimabile che i Teatri stanno subendo e che continueranno inesorabilmente a subire, a causa di una chiusura forzata destinata a protrarsi per un tempo lungo ed indefinito. Il Ministro Dario Franceschini ha di recente annunciato lo stanziamento di un fondo di Euro 20.000.000,00 da dividere in parti uguali a favore delle imprese culturali non finanziate dal FUS, che tra il gennaio 2019 e il febbraio 2020 hanno effettuato un’attività di 15 giornate recitative e 45 giornate lavorative.
A&B: per il lettore, il FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) è il meccanismo con cui il Governo italiano regola l'intervento pubblico nei settori del mondo dello spettacolo (cinema, teatro, musica, etc). Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): questa cifra è decisamente esigua: divisa fra le tantissime realtà che faranno richiesta del contributo, comporterà, per quelle imprese di spettacolo che hanno una consistenza di attività notevolmente superiore, un sostegno del tutto insufficiente a contrastare l’enorme entità del danno subito. Lucia Bocca Montefoschi (Teatro Olimpico): in realtà, la cassa integrazione è stata al momento da noi anticipata ai nostri dipendenti. Altri aiuti, purtroppo, quali il sostegno agli affitti della Regione Lazio, non si potranno applicare alla nostra realtà. Alessandro Di Murro (TeatroBasilica): alcuni dei nostri dipendenti sono riusciti ad ottenere i 600 euro previsti dal bonus Inps per il mese di marzo ma il teatro ancora non ha ricevuto alcun sostegno.
A&B: Questi aiuti sono estesi anche alle associazioni culturali? Guido Lomoro (Teatrosophia): no. Teatrosophia è un'associazione culturale privata, nel senso che può rivolgersi soltanto ai propri soci, e quindi gli aiuti che verranno stanziati non ci riguarderanno. In sintesi, il Teatrosophia non esercita ufficialmente il pubblico spettacolo: una contraddizione a noi ormai ben nota, chiaramente ipocrita e ridicola.
A&B: C'è stata la possibilità di instaurare incontri, intavolare colloqui, perseguendo finalità costruttive, nell'alveo dei quali proporre soluzioni concrete alla risoluzione delle problematiche attuali? Lucia Bocca Montefoschi (Teatro Olimpico): ci siamo incontrati più volte e abbiamo dato vita a chat e videoconferenze. La realtà del nostro mondo è molto variegata ma abbiamo cercato di contemperare le esigenze diverse per potere avere una voce comune ed efficace. Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): il settore coinvolge tante categorie. Manca un coordinamento nazionale politico che sappia rappresentare l’intero settore. Esiste l’Agis che, tuttavia, raccoglie i soggetti pubblici ed ha pochi iscritti rappresentativi del mondo delle imprese culturali private che incidono tanto su tasso occupazione e fatturato. Giorgio Barattolo (Teatro della Cometa): i Teatri romani si sono riuniti nell'alveo di UTR, ove sono stati effettuati vari confronti per proporre soluzioni concrete.
A&B: sempre per chi legge, UTR è un acronimo che sta per Unione Teatri di Roma, una realtà che riunisce le imprese e le associazioni culturali private che operano nello spettacolo dal vivo nella Capitale. Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): esatto. A Roma, dopo anni, abbiamo ricompattato i teatri all’interno di UTR che si è attivata ottenendo un primo risultato sul piano locale dalla Regione Lazio (con il citato fondo di copertura del 40% dei costi di affitto sale, da marzo a giugno). Un segnale importante.
A&B: questa intervista è rivolta alle realtà teatrali della Capitale. Mi interesserebbe quindi sapere se il Comune di Roma ha palesato sensibilità alla delicata situazione che state vivendo. Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): il Comune di Roma brilla per la sua immobilità. Non credo che sia per la mancanza di fondi giacché, anche prima del Covid, non emetteva segnali di apertura al dialogo. La strada è ancora lunga: stiamo lavorando anche al coordinamento nazionale. Alessandro Di Murro (TeatroBasilica): in realtà, non è soltanto con le istituzioni che bisogna collaborare. In questi giorni abbiamo potuto creare moltissimi legami con colleghi con cui stiamo ipotizzando orizzonti nuovi. Ciò al fine di affrontare congiuntamente il presente e immaginare un futuro concreto. Daria Veronese (ArMa Teatro): abbiamo anche partecipato ad un incontro di FED.IT.ART riguardo a bandi in merito ai contributi.
A&B: ancora a beneficio dei profani della materia, Fed.It.Art è la contrazione di "Federazione Italiana Artisti", composta da compagnie teatrali, musicali e di danza con lo scopo di tutelare gli interessi collettivi della categoria dello spettacolo dal vivo e di rappresentarli nei confronti delle Istituzioni. Guido Lomoro (Teatrosophia): ho notato che, su più fronti, gli addetti ai lavori hanno creato delle specifiche piattaforme di discussione e proposta. Reputo però che si dovrebbe creare un fronte unico e non dispersivo di mobilitazione. L'input di base deve provenire dalle istituzioni che siano in grado di approfittare dell'attuale situazione di stallo non soltanto per elaborare interventi utili nell'immediato, ma anche per modificare in maniera sostanziale tutta la disciplina relativa al teatro. Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): a seguito dell’iniziale silenzio mediatico e politico nei confronti di tutti i professionisti dello spettacolo, è stato necessario far sentire la voce di una categoria che è stata sempre bistrattata, ignorata. Una categoria, quella del mondo dello spettacolo, che non solo rappresenta una risorsa culturale importantissima per l’Italia, ma anche un settore che ha un peso economico rilevante nel Pil nazionale, che coinvolge tantissime figure professionali, fra artisti e tecnici, che contribuisce fortemente al sostegno anche di tanti altre compagine. Un settore già prima profondamente compromesso che ora, con la pandemia, si trova completamente in ginocchio. Diverse associazioni di categoria, in questo momento così drammatico, hanno lanciato un grido d’allarme, facendo sentire la voce di questo mondo estremamente delicato e complesso, formato in gran parte da persone che vivono in una condizione di sconfortante precariato. Si è riusciti ad instaurare un dialogo con la Regione Lazio e con il Governo. Purtroppo, il Comune di Roma continua ad essere latitante e a mostrarsi inadeguato a fronteggiare questa situazione emergenziale. Sono anni che i Teatri privati della Capitale sono completamente abbandonati a loro stessi, nell’assenza totale di una politica culturale, cosa che non avviene in nessuna città d’Italia.
A&B: Avete notizia di Comuni che, in questo periodo, hanno sostenuto in qualche modo le realtà teatrali collocate nel loro territorio. Massimo Vulcano (Teatro Le Maschere): il Comune di Bergamo, ad esempio, ha promesso aiuti annunciando un Bando per sostenere Teatri e Gallerie. A Roma, stiamo sempre sul piano teorico/filosofico di un finanziamento di 800 mila euro per sostenere Teatri e Gallerie: tuttavia, non comprendo il nesso tra le due realtà, preferendo, almeno personalmente, il trait d'union tra Teatri e Cinema.
A&B: Vista la scarsa iniziativa da parte di alcune istituzioni, avete provato a sollecitare voi stessi questi incontri, a proporvi concretamente? Massimo Vulcano (Teatro Le Maschere): ci abbiamo provato in passato ma con esiti vani, figuriamoci farlo in un momento storico così delicato. Per fare un esempio, noi ci occupiamo da 25 anni di Teatro per Ragazzi e lavoriamo a stretto contatto con le scuole. Circa un anno fa, il Comune di Roma ha deciso di mortificare il nostro settore (e non soltanto), equiparando i costi ZTL dei pullman scolastici a quello degli autobus turistici. Mai ascoltati e ricevuti. Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): come detto, il Comune per ora non apre un tavolo di crisi, mentre la Regione dialoga con UTR. Siamo in pieno lavoro, con un occhio puntato alle attività parlamentari (tramite un accordo con un referente che cura le relazioni istituzionali). Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): vorrei evidenziare quanto fatto dal Movimento Spettacolo Dal Vivo, di cui sono coordinatore insieme al coreografo Mvula Sungani.
A&B: si tratta di un movimento apolitico che riunisce a livello nazionale gli operatori culturali e le figure professionali di tutti gli ambiti dello spettacolo dal vivo, allo scopo di riconsiderare la materia dei contributi del FUS. Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): Infatti. Il Movimento Spettacolo Dal Vivo ha da tempo ribadito presso le Commissioni Cultura di Camera e Senato, la necessità di riconsiderare il sistema di assegnazione dei contributi del FUS in una prospettiva più equa e pluralista. Inoltre, l’UTR ha formulato diverse proposte a sostegno delle imprese e dei lavoratori dello spettacolo. Noto con piacere l'attivismo di FED.IT.ART, la neonata A.P.S. (associazione di recente costituzione alla quale hanno aderito professionisti dello spettacolo, principalmente attori) e altre importanti Associazioni. Insomma, riscontro un certo fermento nel settore, che mi fa sperare nella possibilità di un nuova consapevolezza. Alessandro Di Murro (TeatroBasilica): attraverso l'UTR, con più di trenta teatri uniti, stiamo esponendo le nostre necessità alle varie amministrazioni. La forza di un’unione di categoria ci permette di lavorare uniti per il bene di tutti, ma soprattutto di essere ascoltati. Non soltanto come imprenditori, ma anche come artisti: l’unione di categoria è lo strumento in questo momento che ci può dare forza e valore.
A&B: Quale, al momento, l'aiuto di cui maggiormente necessitano i teatri? Daria Veronese (ArMa Teatro): come prima cosa, un aiuto economico. Una chiusura che si protrae per un lungo periodo come questo, ci obbliga a sostenere spese come affitto, bollette e altro, in assenza totale di entrate. Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): è corretto. Teatri chiusi significa produzioni ferme, zero liquidità e interruzione dei pagamenti verso i fornitori. Si è paralizzato il sistema. L’accesso alle banche, per realtà come queste, non è mai stato agevole. Si tratta di piccole imprese sotto capitalizzate che non rispondono ai criteri di Basilea 2 e 3. Quindi serve iniettare liquidità nel sistema. Almeno un fondo rotativo regionale che possa fare propri i debiti verso i fornitori. Le imprese potrebbero restituire in 10 anni, a tasso zero, il prestito concesso dalla Regione. Questo avrebbe un immediato beneficio perché genererebbe un flusso nella filiera culturale ed eviterebbe di far saltare le micro aziende dell’indotto e i teatri. Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): voglio ricordare che i Teatri sono stati i primi a chiudere e saranno gli ultimi ad aprire. Siamo stati travolti da una catastrofe che avrà conseguenze per un tempo indeterminato. Intanto, siamo subissati da onerosi costi fissi a cui non possiamo sottrarci: affitti delle sale teatrali e dei magazzini, pagamento di bollette, manutenzioni, personale, fornitori, tasse, prestiti bancari, ecc.. Le strutture riconosciute dal FUS potranno usufruire di un grande “paracadute”, offerto loro dalla possibilità di ricevere i contributi assegnati a fronte di un mancato rispetto dei parametri minimi richiesti. Per le imprese che gestiscono Teatri che non sono inglobate nel FUS, la situazione è veramente drammatica. Alcune di esse hanno una rilevante consistenza di attività, tale da rendere assolutamente inadeguata la prospettiva di ristoro (seppur lodevole) annunciata dal Ministro Franceschini.
A&B: il riferimento è alla somma di Euro 20.000.000,00 di cui si è già parlato poco sopra? Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): Si, una somma da dividere in parti uguali, senza alcun criterio di proporzionalità. Purtroppo, in questa situazione disastrosa, si evidenzia ancora di più l’ingiustizia e l’inadeguatezza del sistema FUS, che abbandona a loro stesse imprese meritevoli, creando discriminazioni inammissibili. Penso sia arrivato il momento di rivedere seriamente un sistema che negli ultimi 4 anni ha fatto fuori circa 300 imprese, la maggior parte delle quali senza alcun fondato motivo. Tra queste, sono state escluse delle vere eccellenze. Auspico vivamente che, alla scadenza del bando per il prossimo triennio, ci sia un approccio diverso, ampiamente inclusivo; una maggiore apertura, un sistema meno ingessato, comporterebbe anche un significativo incremento dell’occupazione dei lavoratori dello spettacolo e un apporto significativo all’economia nazionale. Intanto, in questo momento di assoluta emergenza, occorre, come già espresso da altre categorie, un contributo a fondo perduto in forma di una percentuale sulle entrate da bilancio del 2019, come sostegno per l’avvenuta impossibilità di svolgere la nostra attività a causa di forza maggiore. Un’altra misura importante è il riconoscimento del TAX Credit anche per i Teatri. In ultimo, una sanatoria fiscale che elimini ogni eventuale pregresso, che non siamo più in condizioni di risanare. Massimo Vulcano (Teatro Le Maschere): per quanto mi riguarda, è fondamentale sapere se e quando si potrà riaprire. Sono d'accordo anche io sull'ascolto come forma più concreta di aiuto. Ascoltarci veramente attraverso incontri con tavoli tecnici partecipati e gruppi di lavoro tematici. Guido Lomoro (Teatrosophia): va certamente precisato che l'aiuto di cui i teatri hanno bisogno prescinde dal Covid 19. Ciò è dovuto ad un pubblico ormai da decenni lontano dal teatro. Se non si ritorna a fare in modo che il teatro torni nel DNA della gente, tutto sarà inutile. Questo richiede interventi radicali a livello culturale e promozionale a lungo termine. Senza il pubblico, che ormai è composto per la maggior parte dagli addetti ai lavori, non c'è futuro. Il teatro potrà tornare ad avere la dignità e l'importanza che merita se la gente tornerà a desiderare il teatro. Bisogna ricominciare da qui.
A&B: In quale modo, noi giornalisti possiamo fattivamente aiutare il settore teatrale? Lucia Bocca Montefoschi (Teatro Olimpico): a mio avviso, gli organi mediatici potrebbero fornire un altro aiuto determinante. A loro spetta il compito di stemperare le paure e filtrare le fake news, che hanno l'effetto dannosissimo di allontanare gli spettatori. Alessandro Di Murro (TeatroBasilica): rimane fondamentale ascoltare le nostre esigenze, per comprendere quali siano i nostri bisogni concreti. Credo che la più grande di tutte le necessità sia di far tornare il teatro, il cinema e l'arte nel discorso politico e sociale della Nazione. Se questo non avviene, ogni aiuto sarà sprecato. Attenzione!, questo non è soltanto un compito devoluto alle istituzioni, ma deve rappresentare una missione per tutti gli artisti.
A&B: Quale categoria di professionisti (attori, registi, tecnici, promoter, ecc.) soffre maggiormente la situazione attuale? Giorgio Barattolo (Teatro della Cometa): Tutte le categorie. È logico che, se i Teatri non funzionano, cosa pensate possano fare attori, registi, tecnici, ecc.? Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): non esiste una categoria: lo spettacolo viaggia unito nel lavoro. Certamente, chi ha investito è più esposto, quindi i produttori di spettacoli e gli esercenti dei teatri. Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): tutti i professionisti dello spettacolo sono travolti da questa tempesta. Siamo tutti indissolubilmente legati. Purtroppo, per chi gestisce un Teatro, il danno è amplificato dal fatto che, oltre a non avere introiti personali dal proprio lavoro di regista o attore, si trova anche sulle spalle i costi fissi di gestione dello spazio, che ogni mese si sommano inesorabilmente. Lucia Bocca Montefoschi (Teatro Olimpico): va considerato che molti lavoratori che operano nella compagine teatrale non hanno un contratto fisso. Massimo Vulcano (Teatro Le Maschere): non c'è una categoria che soffre maggiormente, è tutto il settore a trovarsi in stato di sofferenza. L'attenzione maggiore va sicuramente ai quei professionisti dello spettacolo che lavorano ad intermittenza (sono oltre 200.000) e che non rientrano in nessuna delle norme previste dal Decreto "Cura Italia". Parlo di un settore veramente vasto che va dagli attori, ballerini, tecnici, comparse, organizzatori, uffici stampa, registi, costumisti, scenografi, assistenti (l'elenco è molto lungo) e anche impiegati vari che, a fatica, erano riusciti a trovare un lavoro a progetto presso i teatri, festival, produttori privati. Che fine faranno? Chi li aiuterà? Come potranno andare avanti? Molti di loro hanno figli, mutui sulle spalle, ecc.. Senza contare l'enorme frustrazione di non sentirsi parte integrante di uno Stato, lo stesso Stato che dovrebbe invece dare il buon esempio e comportarsi proprio come un buon padre di famiglia. Einstein diceva: "Lo Stato è stato fatto per l'uomo, non l'uomo per lo Stato"!
A&B: Chi di voi ritiene che le istituzioni abbiamo una difficoltà piuttosto oggettiva ad affrontare la situazione corrente, stante la priorità di contenere il contagio? Giorgio Barattolo (Teatro della Cometa): è piuttosto ovvio che le istituzioni si trovino a gestire grandi problemi in tutti campi. Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): indubbiamente la situazione è molto complessa da gestire. Le Istituzioni si trovano in questa fase a dover mediare fra esigenze opposte: da un lato la salvaguardia della salute dei cittadini, dall'altro la necessità di una graduale ripresa delle attività. Purtroppo, abbiamo assistito ad errori vistosi di politici e scienziati, quando fu annunciato che era tutto sotto controllo e che il virus non sarebbe arrivato in Italia. Per non parlare del fatto che ancora oggi abbiamo carenza di tamponi e mascherine. Ma voglio evitare di addentrarmi in polemiche ormai note. Spero, come tutti, che presto si individui una cura certa o un vaccino sicuro, che ci facciano uscire da questo incubo. Intanto, sul fronte economico, siamo in una situazione paragonabile al dopoguerra, come è stato più volte detto. Di conseguenza il Governo deve avere il coraggio di prendere decisioni importanti e di mettere in campo misure straordinarie a sostegno delle imprese e dei cittadini. C’è bisogno di un importante cambio di passo, di una visione nuova, altrimenti l’Italia crollerà definitivamente. E’ una responsabilità, un appuntamento con la Storia, a cui la classe politica e dirigente di questo Paese non possono sottrarsi. Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): tutto il mondo ha le stesse difficoltà. Ci sono Paesi più efficienti come la Germania o la Nuova Zelanda che hanno investito bene nella Sanità ed hanno un'organizzazione sociale migliore. Noi soffriamo mali atavici come la burocrazia imbalsamata, i tagli indiscriminati alla Sanità, la tipica disaggregazione italiana dove le Regioni e il Governo faticano a collaborare. Alessandro Di Murro (TeatroBasilica): quello che ci delude, della situazione attuale, è che non percepiamo una competenza specifica del nostro settore da parte di chi deve tutelare i nostri interessi. Per il resto, non vorrei essere nei panni di chi oggi deve decidere.
A&B: È stato corretto chiudere repentinamente i teatri? È altrettanto giusto mantenere questa chiusura attualmente? Giorgio Barattolo (Teatro della Cometa): Non si poteva fare altro. Il Teatro funziona se ci sono gli spettatori i quali non vanno a Teatro, come in latri luoghi di aggregazione, se si trovano a rischio. Lucia Bocca Montefoschi (Teatro Olimpico): la chiusura è stata assolutamente corretta, è la riapertura che dovrà essere ragionevole... Alessandro Di Murro (TeatroBasilica): concordo: è stato corretto chiudere. Credo che chiunque dica il contrario si sia dimenticato dei primi giorni di quarantena, quando la paura albergava in ognuno di noi. Sul cosa fare in futuro, vorrei avere solamente delle notizie solide e certe. Credo che tutti noi siamo stanchi di navigare a vista. Si può cambiare la rotta ma dobbiamo capire in quale direzione andare. Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): credo sia fuori luogo spingere per una apertura a tutti i costi. Le misure di distanziamento sono difficili da applicare, sia fra il pubblico in Sala, sia fra gli attori sul palcoscenico. Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): a mio parere, la domanda, così come è posta, sottovaluta il contesto. Domandiamoci, invece, come mai, il 27 gennaio, il Presidente Conte aveva firmato il decreto in Gazzetta Ufficiale nel quale si affermava di una emergenza fino ad Agosto e come mai si sia arrivati al 23 febbraio in zona rossa, poi interrompendo le attività il 4 marzo, tra la sorpresa di tutti, senza una preventiva azione informativa. C’è una forte responsabilità in questa mancanza di prevenzione.
A&B: C'è la possibilità, secondo voi, di ipotizzare al momento la riapertura dei teatri, pur in assenza di un vaccino, quindi con il pericolo costante di un contagio ricorrente? Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): il vaccino ha un suo tempo e, peraltro, il virus muta continuamente (lo fanno tutti i virus). Potrebbe anche sparire per un po’. Quello che conta è sviluppare i protocolli AIFA per intervenire nei primi 10 gg e curare i malati con successo. Tutte le influenze sono pericolose e il Covid19, essendo pressocché sconosciuto, ha piegato la nostra Sanità. La ricerca, per fortuna, viaggia rapidamente verso la soluzione. In Germania e nei paesi del nord si ipotizzano riaperture in settembre-ottobre (le biglietterie stanno vendendo con la clausola che il biglietto vale anche in caso di spostamento della data). Auspico una riapertura almeno da metà novembre. Guido Lomoro (Teatrosophia): non credo che la riapertura avverrà prima del 2021. Il vaccino è molto lontano. Lucia Bocca Montefoschi (Teatro Olimpico): in realtà, noi speriamo di riaprire prima. Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): bisognerà constatare, dopo il graduale avvio della fase 2, cosa avverrà in termini di contagi. Inoltre, è necessario capire se, come dicono alcuni scienziati, il virus scemerà con il caldo. E’ tutto da verificare. Credo che se non ci sarà una nuova esplosione di contagi, si potrà trovare qualche formula per ipotizzare una parziale riapertura dei Teatri. Resta inteso che, e serve ripeterlo ad oltranza, se ciò non dovesse verificarsi, il Governo dovrà sostenerci, perché i costi di gestione sarebbero troppo alti rispetto alle possibili entrate. Alessandro Di Murro (TeatroBasilica): rimane aperto un quesito fondamentale: qualcuno entrerebbe in un Teatro con il pericolo di un contagio?
A&B: Questa è una domanda cruciale, a mio avviso. Quali soluzioni preventive proponete? Ipotizzate, ad esempio, di collocare gli astanti a file e a posti alterni oppure di distribuire voi stessi mascherine alla cassa? Guido Lomoro (Teatrosophia): il problema è che la necessità delle misure di sicurezza costringerebbe i Teatri a far accedere al loro interno un numero di persone notevolmente inferiore alla loro capienza. E questo comporterebbe, soprattutto per i piccoli teatri, senza alcun aiuto economico, l'impossibilità della sopravvivenza. Alessandro Di Murro (TeatroBasilica): nei primi giorni di contagio noi avevamo già adibito il teatro alle norme di distanziamento e siamo pronti a distribuire mascherine, gestire prenotazioni obbligatorie e sanificare i nostri spazi. L’essenziale è che ogni spettatore possa sentirsi al sicuro. Il nostro problema, a quel punto, sarebbe economico, come sostenere le spese se non si può avere più del 30% degli spettatori? Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): la soluzione di collocare gli spettatori in posti e in file alterne, applicata ad un Teatro di 200 posti, significherebbe far entrare appena 50 spettatori. Sarebbe un’attività in totale perdita. A meno che non intervenga il MIBACT con un sostegno economico. Senza contare gli attori sul palco: reciterebbero con il distanziamento e le mascherine? E’ palese che ci troviamo di fronte ad una problematica schiacciante. Giorgio Barattolo (Teatro della Cometa): nessun teatro, grande o piccolo, può funzionare con la cervellotica proposta di mantenere le distanze tra uno spettatore o l'altro. Ve lo immaginate uno spettacolo con i teatri vuoti per 3/4, con gli spettatori muniti di mascherina per 2-3 ore e magari pure gli attori? Chi ipotizza scenari di questo genere vive sulla Luna! Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): sulle procedure, comunque, arriverà il protocollo indicato dall’Inail che collabora con lo Spallanzani. Se c’è la distanza interpersonale, la capienza sarà pari al 20/40% dei posti. Dipende dalla gestione dei nuclei famigliari e dei gruppi immuni. Solo i teatri pubblici non hanno bisogno di vendere biglietti. Se accadesse, lo Stato dovrà garantire parità di trattamento. Massimo Vulcano (Teatro Le Maschere): su questo, sono state dette tantissime cose ma credo che nessuna sia valida. Quando studiavo teatro all'università La Sapienza, rimasi molto colpito da due autori Grotowski, il teatro povero (l'attore santo) e il Teatro No di Zeami. In entrambi i casi, l'attore entrava in uno stato di trance "transluminazione" di grazia e faceva dono totale di sé al pubblico. Possiamo tranquillamente affermare che il Teatro è ciò che avviene tra attore e spettatore grazie anche all'empatia. Ecco, tutto questo diventa difficile e disarmonico se pensiamo a delle alternative in streaming, on line, o Netflix, oppure Drive-in. Mi viene da sorridere. Tutto ciò, per dire semplicemente che il luogo del Teatro è il Teatro stesso, non ci sono alternative o surrogati. Ci sarà sicuramente una lunga fase di convivenza con il Virus, almeno fino a quando non verrà scoperto il vaccino. Durante questo periodo, bisogna vivere con modalità di sicurezza e di precauzione molto forti. Nel settore della cultura ci saranno delle attività che sarà più semplice riaprire (si pensi ai Musei, all'interno dei quali si possono rispettare le distanze, si possono imporre regole per le file e la sanificazione) ma parlando di concerti o teatri, sarà molto più complicato. Sale teatrali e cinematografiche sono luoghi per natura affollati e il problema, peraltro, non viene vissuto soltanto in platea, ma anche sul palco.
A&B: la questione concernente la sanificazione è importante. Qualcuno di voi ha ipotizzato interventi del genere? Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): i costi della sanificazione sono particolarmente esosi. I media avrebbero riferito che le ditte di sanificazione applicherebbero un costo che varia dai 2 ai 4 euro al mq. Questo vorrebbe dire che, in un Teatro come il mio, con una superficie di 300mq, i costi si aggirerebbero a circa 600 euro al giorno. Improponibile!
A&B: In una intervista rilasciata il 29 marzo scorso, durante il programma "La vita in diretta", su Rai Uno, Massimo Romeo Piparo, direttore artistico del Teatro Sistina, ha riferito che alcun politico, nei suoi comunicati o nel corso di interviste, ha mai fatto riferimento alla crisi del settore cinematografico o teatrale. Ha confidato alle telecamere di avere avuto l'impressione di essere invisibile, inesistente, agli occhi delle Istituzioni. Concordate? Massimo Vulcano (Teatro Le Maschere): il nostro settore è stato il primo ad essere congelato, non abbiamo avuto neanche il tempo di riordinare le idee. Una vera “gelata precoce”, citando un noto film degli anni ’80. Non appariamo mai nei TG o sulle testate dei giornali. Soltanto in questi ultimi giorni, siamo stati appena menzionati nei trafiletti. Quando il Primo Ministro Conte fa le sue comunicazioni, non siamo mai citati, mentre lo stesso Franceschini parla soltanto di musei, librerie, mostre. La parola "Teatro" lo terrorizza. Effettivamente, devo dire che non l’ho mai visto a Teatro (forse sarà andato alla prima della Scala). Ma d'altronde, siamo sempre stati in balia del destino, della sorte. Siamo l’effimero, il superfluo, siamo della stessa sostanza dei sogni, svaniamo! E cosa rimane di un sogno? Brevi frammenti... Guido Lomoro (Teatrosophia): concordo e aggiungo che questa invisibilità non è cosa recente, in Italia. Se così non fosse, la pandemia rappresenterebbe soltanto un problema temporaneo. Ma le cose non stanno in questo modo, purtroppo. L'utilità sociale del teatro è un concetto che non è percepito da noi. Quanti dei nostri politici frequentano abitualmente il teatro? I guai non sono arrivati con il Covid 19, ma hanno un'origine lontana e drammatica, come precisato correttamente dall'intervistatore in premessa. Un urlo tanto più dolente perchè nasce in un Paese, l'Italia, sede apparentemente privilegiata del più grande patrimonio artistico e culturale rispetto al quale la trascuratezza delle istituzioni rende un profondo torto. Lucia Bocca Montefoschi (Teatro Olimpico): sono molti, troppi, coloro che non capiscono l’importanza della nostra funzione culturale.
A&B: Concordo. Come giornalista, ho sempre evitato di associare al Teatro la sola parola "intrattenimento", affiancandovi sempre, anche con una certa caparbietà, i concetti di "arte" e "cultura". E' un trinomio, a mio modesto avviso, che non si può scomporre. Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): tutto il settore ha denunciato più volte e in ogni sede, ove possibile, questa mancanza di attenzione. Questa è la dimostrazione della nostra invisibilità. Come detto prima, la mancanza di una forte rappresentanza politica dello spettacolo dal vivo emerge in questi momenti. Il Ministro Franceschini partecipa a tavoli con personaggi noti. Questo non serve se non alla tutela della sua immagine. Come se contassero di più i calciatori rispetto alle aziende per cui lavorano.
A&B: Piparo ha parlato di un confronto con i colleghi europei che ha fatto emergere la convinzione generalizzata di uno scenario attuale piuttosto pessimistico che vedrà i teatri chiusi quantomeno fino a Dicembre. Fino a quel momento, egli ha proposto di utilizzare i teatri per altre finalità: utilizzare le sale teatrali per girare fiction, affittare le sale alle Università e alle scuole, che avranno bisogno di spazi ove collocare gli studenti. Che ne pensate? Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): è una soluzione. In tal caso, ben vengano proposte di apertura parziale, per diversi scopi e attività. Resta complicato gestire qualsivoglia attività con l’incubo del virus. Sono molto preoccupato. Lucia Bocca Montefoschi (Teatro Olimpico): questa soluzione si può considerare soltanto in presenza di disposizioni chiare, che si auspica verranno fornite al più presto. Guido Lomoro (Teatrosophia): se non arrivano aiuti dalle istituzioni, se non si potrà riaprire a breve e se ancora più lontano sarà il ritorno alla normalità, è chiaro che, chi vuole sopravvivere, dovrà inventarsi altro, altrimenti è desinato alla chiusura. E questo riguarda in modo particolare le piccole realtà, maggiormente ignorate. Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): l’UTR ha proposto alla Regione Lazio e al Governo di valutare l’utilizzo delle sale cinema e teatri per gli studenti, qualora fosse necessario mantenere il distanziamento nelle classi. È un piccolo supporto ma non risolve il problema vero. I colleghi con cui abbiamo contatti (Amburgo, Berlino, Vienna, Londra, Madrid, Mosca) sono tutti in attesa dei dati epidemiologici ma, come detto, si attende una ripartenza in settembre e ottobre. Il vero problema, per noi, sarà coprire i costi con i flussi contingentati. Può significare fare soltanto monologhi a discapito dell’occupazione e sopratutto solo i teatri con finanziamento pubblico potranno aprire. Daria Veronese (ArMa Teatro): come detto poco sopra, i teatri, oltre ad ospitare spettacoli, sono centri culturali. Sarebbe utile proseguire l’attività culturale anche in un senso più ampio, per non estinguere un lavoro di anni, dando il nostro contributo alla necessaria ripresa.
A&B: Prima della pandemia, l'ISTAT rilevò che quasi l’80% degli italiani ignorava il Teatro. E' una relatà a cui avete fatto marginalmente cenno nelle vostre risposte precedenti. Ritenete che questa percentuale sia destinata ad aumentare una volta ritornati alla normalità? Voglio dire: è chiaro che la pandemia, anche quando sarà risolta, modificherà definitivamente il concetto comune della distanza di prossimità. Ritenete che queste nuove percezioni influiranno ancora di più sulle attività che prevedono concentrazione di persone, come i concerti, i teatri, il cinema? Guido Lomoro (Teatrosophia): ovviamente sì. Riallacciandomi a quello che dicevo prima, esiste un problema ormai atavico: le persone che vanno a teatro sono poche. Il pericolo di contagio e l'obbligo di indossare mascherine comporteranno inevitabilmente un ulteriore calo dei frequentatori degli spazi teatrali. Daria Veronese (ArMa Teatro): purtroppo i dati Istat lo confermano: la frequentazione dei teatri è diminuita da alcuni anni. Molti sperano che la quarantena, una volta conclusa, aumenti la voglia di frequentare luoghi artistici e di aggregazione. Da un altro lato, c’è il rischio che il timore di contagi allontani da questi luoghi che sono di incontro e vicinanza sociale. Alessandro Longobardi (Brancaccio, Brancaccino, Sala Umberto, Spazio Diamante): trovata la cura, passerà la paura. Se l’80% della popolazione non va a teatro significa che il mercato è vergine e ci sono ampi margini di crescita. È necessario scrivere delle norme che diano pari opportunità. In Italia abbiamo circa 1250 teatri operativi superiori ai 100 posti. È un patrimonio unico e va difeso come i musei, le biblioteche, le scuole. Si tratta dell’infrastruttura della cultura in Italia. Senza Teatro, rinunciamo ad una società migliore. Vincenzo Zingaro (Teatro Arcobaleno): questa pandemia, comunque, anche quando sarà finita, avrà creato un danno inestimabile, che si protrarrà per molto tempo. Prima che ritorneranno le condizioni sanitarie e psicologiche che permettano al pubblico di affollare un Teatro, ci vorrà molto tempo. Alessandro Di Murro (TeatroBasilica): no, non sarà così. Non è l'apocalisse e, qualora lo fosse, il Teatro ne ha già affrontate tante: pesti, carestie, invasioni barbariche e borghesi. Ci vorrà tempo, magari anche tanto, ma non credo che il Teatro rischi l’estinzione. La necessità di recitare deve però trovare radici profonde, cosicché il pubblico possa capirne il valore sociale. Massimo Vulcano (Teatro Le Maschere): è vero che stiamo vivendo un tempo difficile, ma il settore del Teatro è abituato a vivere in “guerra”. Non è la prima epidemia che viviamo ed è anche vero che, dal 500 a.C. ad oggi, il Teatro si è sempre saputo reinventare e caratterizzarsi. Penso ai tanti Teatri all’aperto, nati appositamente per accogliere tanto pubblico. Ecco, anche in questo momento storico si rigenererà. Io ho fiducia nel pubblico e meno nei sondaggi ISTAT. A teatro ho sempre visto tanta gente e, una volta chiusa questa brutta pagina di storia, il nostro pubblico tornerà ancora più di prima, grazie a quel meraviglioso rito dal vivo, al limite del liturgico, tra attore e spettatore, sigillo di un’identità dionisiaca comune. Citando Steinbeck, il Teatro è l’unica istituzione che sia stata in punto di morte per quattromila anni e non abbia mai capitolato… Per tenerla viva ci vuole gente ostinata e fedele.
Postilla
In data 27 luglio 2020, la redazione di Artists and Bands riceve questo comunicato di U.T.R (Unione Teatri di Roma) che volentieri viene pubblicato integralmente. Il decreto del Ministro Franceschini datato 10 luglio e riferito all’esercizio teatrale, escludendo i Teatri con meno di 300 posti, ha inventato due nuovi insiemi per la categoria: quello delle sale teatrali sotto i 300 posti e quello sopra. La distinzione non ha basi scientifiche nè pragmatiche e aumenta la discriminazione tra gli stessi Teatri, già provati dal lungo periodo di chiusura. Soprattutto quelli privati sono in condizioni che possiamo definire drammatiche. L'UTR - Unione Teatri di Roma - che riunisce 47 teatri, ovvero la maggioranza dei Teatri privati della Capitale, ritiene scandalosa questa esclusione che evidentemente nasce dal budget, di soli 10 milioni, stanziato per i Teatri privati in tutta Italia. Da qui, la decisione di escludere tutti gli appartenenti all'insieme sfortunato dei teatri sotto i 300 posti. Pertanto chiediamo di prendere atto di questa ingiustizia e modificare il decreto inserendo al beneficio proporzionale tutti i Teatri. Richiediamo altresì di aumentare il budget attualmente previsto di almeno 5 milioni onde evitare la parcellizzazione eccessiva del contributo. Non si pensi che il precedente contributo a pioggia di 10 mila euro, che peraltro non tutti hanno avuto, possa essere considerato sufficiente per i Teatri sotto i 300 posti. Superfluo sottolineare il ruolo artistico fondamentale sostenuto dalle realtà inferiori ai 300 posti, perché sarebbe un'offesa all'intelligenza e una negazione della storia del Teatro. Dunque è doveroso rimediare a questa iniquità. Nel decreto si parla, inoltre, di almeno 1000 giornate lavorative per ciascuna sala con capienza compresa tra 300 e 600 posti e di almeno 1.300 giornate lavorative per ciascuna sala con capienza superiore ai 600 posti. Questi parametri escludono anche diversi Teatri di grande capienza. Per i Teatri privati raggiungere la soglia imposta è difficile in quanto molte attività vengono svolte in “outsourcing” e le figure professionali a cui i Teatri si affidano, come commercialisti, uffici stampa, mascherine, consulenti del lavoro, tecnici, ecc.., sono liberi professionisti, pertanto il loro compenso non rientra nelle giornate contributive come richieste dal decreto, sebbene siano rispettati tutti i termini contributivi di legge. In aggiunta ogni struttura genera un enorme indotto, facilmente misurabile, che non è quantificabile nella modalità indicata. Appare evidente che gli unici elementi che possono davvero stabilire l'effettiva valenza di uno spazio sono il fatturato e il numero di spettacoli, elementi oggettivi e indiscutibili. Apprezziamo lo spirito del provvedimento che però deve essere migliorato nel rispetto di tutte le sale teatrali e del Teatro italiano che in quelle sale vive. Ministro Franceschini La invitiamo a tenere alto l'impegno fino ad oggi profuso, che tuttavia necessita di una maggiore consapevolezza del mondo teatrale, e riconsiderare il decreto secondo criteri più equi.
U.T.R (Unione Teatri di Roma)
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