Ovvi destini
Roma, Sala Umberto, 4-15 maggio 2022

Il teatro come palcoscenico di vita, come specchio di esistenze reali che, concretizzandosi in dialoghi e dinamiche di interazione, esortano alla riflessione, stimolando il dialogo interiore.

Un'arte che agisce su quei meccanismi che, instillando il dubbio, innescano una sorta di dinamicità intellettuale, nonché emotiva, rendendo lo spettatore coprotagonista involontario.
Egli, dapprima languidamente accomodato sulla propria poltrona, viene portato, inevitabilmente, ad immedesimarsi in questo o quel personaggio e indotto, suo malgrado, a mettersi in discussione, a compartecipare.
Il teatro di Filippo Gili è stato concepito affinché possedesse questa abilità, peculiarità che si esterna attraverso una sceneggiatura incentrata sulla giostra delle dinamiche familiari di tre sorelle, per mezzo delle loro relative interconnessioni, angosciosamente intense.
Ognuna di loro vive il proprio dramma, affrontandolo e condividendolo in maniera differente ma in tutte si instaura un rapporto personale con il proprio fato, con quel karma che viene percepito come ineluttabile, quel destino che si manifesta come ovvio.
Costanza, la più giovane, è costretta su una sedia a rotelle a causa di un incidente; costei vive la sua condizione in caduco equilibrio tra una latente rabbia ed una cinica amara rassegnazione; è Daniela Marra a impregnare di fiele il carattere della sventurata ragazza, condendolo con un mesto cinismo, grondante di una collera malcelata da atteggiamenti pseudo infantili, che stillano gocce di tiepida follia.
Laura, la maggiore (affetta oltretutto da ludopatia compulsiva), trascorre un'implodente esistenza, limitata dalla contrizione del suo senso di colpa (è lei, in segreto, l'involontaria ma unica responsabile della menomazione della sorella) e dal terrore che la sua scottante verità venga svelata.
Attraverso una recitazione efficace (anche se, a tratti, forzatamente titubante nelle movenze sceniche) Vanessa Scalera porge al pubblico, con sapiente maestria, i tratti del suo personaggio in una modalità trascinante. In qualche modo rende complice del suo misfatto l'incolpevole spettatore, coinvolgendolo nel turbinio delle sue emozioni.
Lucia, la seconda, rinuncia all'amore e ad una libera esistenza, vincolandosi volontariamente alla menomata sorella, per accudirla; è quasi un esempio di ignavia spirituale. Infatti, a causa della sua rinuncia al fronteggiare i propri problemi, sembra voler lasciar morire d'inedia la sua anima. Anna Ferzetti, in quello che sembrerebbe essere un ruolo quasi secondario, ottiene un plauso meritatissimo per una interpretazione tanto perfetta quanto appassionata.
Un quarto elemento, Carlo (dietro le mentite spoglie di un fisioterapista), è un soggetto scomodo e ambiguo (forse un angelo o un demone?) e con a disposizione del proprio arco un'arma "sovrannaturale", che può far sì che venga esaudito un desiderio (uno soltanto) ma non necessariamente quello manifestamente espresso, certamente, però, quello più intimamente e magari inconsciamente bramato. In questo, l'autore si è lasciato ispirare dal capolavoro di Tarkovskij "Stalker". Troviamo, nei panni di quest'uomo, un Pier Giorgio Bellocchio che riesce a pennellarne il carattere insinuante e scivoloso e subdolamente provocatorio, in uno stile ricercato ed attraverso una tecnica formale ma fragorosamente incisiva.
Questa situazione paradossale, al limite del surreale ed a volte velatamente grottesca, si dipana sul palco con pause (talvolta forzatamente indotte) ed improvvise accelerazioni; una recitazione che, grazie alla gestione di una sapiente ed equilibrata regia dell'autore stesso, dona la sensazione che vi sia una sorta di interpretazione corale, eseguita però da quattro liberi solisti, ben armonizzati tra loro. 
L'interpretazione è trascinante, a volte vivace, spesso astiosa ma sempre adeguata e, in ogni caso, tristemente e dolorosamente coinvolgente.
Come una matassa di cui non si trovi il bandolo, l'intera struttura della narrazione risulta occasionalmente intricata ma gli attori accompagnano gli astanti con indizi e prove volutamente malcelate verso un finale con una soluzione sorprendente. Un vecchio adagio afferma aforisticamente che "I parenti sono come un paio di scarpe: più sono stretti e più fanno male..." e mai come in questo spaccato di vita quotidiana - che si svolge nella voluta penombra di una spoglia abitazione, in un'ambiente scenografico essenziale, accompagnato in punta di piedi da un commento musicale (di Paolo Vivaldi) discreto e congruo che, evitando distrazioni, incentra l'attenzione sul dialogo ed il suo più intimo contenuto - il suo significato assume forma concreta, calzante...




Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 4 maggio 2022.


OVVI DESTINI

VANESSA SCALERA
ANNA FERZETTI
DANIELA MARRA
PIER GIORGIO BELLOCCHIO

SCENE ALESSANDRA DE ANGELIS – GIULIO VILLAGGIO
COSTUMI PAOLA MARCHESIN
DISEGNO LUCI GIUSEPPE FILIPPONIO
MUSICHE PAOLO VIVALDI
FOTO LUANA BELLI
UFFICIO STAMPA ROCCHINA CEGLIA
DIRETTORE DI SCENA FRANCESCA PENTASUGLIA
DIRETTORE TECNICO DAVID BARITTONI
DISTRIBUZIONE LIA ZINNO - STEFANO PIRONTI
ORGANIZZAZIONE CINZIA STORARI
UNA PRODUZIONE ALTRA SCENA
CON IL SOSTEGNO DI MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI

DRAMMATURGIA E REGIA FILIPPO GILI


Sala Umberto

Via della Mercede 50
00187 Roma
call center 06 6794753
whats app 345 9409718

orario apertura al pubblico
lunedi – venerdi h. 12:00 – 14:00 / 16:00 – 19:00
sabato h. 16:00 – 19:00
domenica h. 15:00 – 18:00
lunedì chiuso


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