- A&B -
Ciao Simona e complimenti per il tuo nuovo cd e per la performance live al The Place di Roma. Inizierei subito con il chiederti del parlare del tuo nuovo cd “Spreading Love”. Come sono nati i brani e come hai scelto i classici?
- Simona Bencini –
Grazie prima di tutto.
"Spreading love" è il risultato di una stagione di concerti e di un paio di session in studio fatte fra il 2009 e il 2010 con dei musicisti eccezionali che, sostanzialmente, sono prima di tutto degli amici ai quali sono legata da una profonda stima e rispetto. Con Mario Rosini e Mimmo Campanale avevamo già collaborato ai tempi dei Dirotta su Cuba, ma non avevamo mai affrontato un progetto nuovo, tutto nostro. L'occasione si è presentata con la richiesta da parte di un paio di festival jazz di vederci esibire insieme. Scegliemmo così di fare un tributo al grande Duke Ellington; Mario Rosini si occupò subito degli arrangiamenti e dopo alcuni giorni di prove a Bari con Campanale e Bassi, siamo partiti. Dopo un primo rodaggio del repertorio, da subito è nata l'esigenza da parte di tutti di eseguire sul palco del materiale inedito e così, dopo un paio di session di scrittura e di registrazione, alle quali si è aggiunto anche Gaetano Partipilo, ci siamo resi conto che avevamo potenzialmente in mano il nostro primo disco. Entusiasta del materiale che avevamo registrato, ho cominciato a cercare i giusti interlocutori e partners per capire se era possibile pubblicarlo. Una volta ascoltati i brani, il primo a chiamarmi con entusiasmo è stato Gegè Telesforo che ci ha accolto a braccia aperte nella sua etichetta GrooveMaster. "Spreading love" è il risultato dell'incontro fra il jazz e la world music a più ampio respiro. Ognuno di noi, proveniendo da formazioni ed esperienze diverse, ha inevitabilmente portato la sua personalità all'interno del progetto, contaminandolo. Sia la scelta dei classici che la scrittura degli inediti è avvenuta in modo molto spontaneo, niente scelto o scritto a tavolino intendo. Per es. ti racconto come abbiamo scelto "You don know what love is", Mario era arrivato in sala con un pattern ritmico in 7/4 e un paio di accordi, quando ha cominciato a suonarlo con gli altri a me è venuto istintivo cantarci sopra "You don know.." e siamo andati avanti. Semplice.
- A&B -
Perché hai deciso di avvicinarti al mondo del jazz?
- Simona Bencini –
Il jazz l'ho incontrato una decina di anni fa, è un incontro ancora in corso in realtà, è stato ed è un avvicinamento lento ma profondo. E' arrivato con la maturità, dopo un periodo non facilissimo. Ho sempre pensato di non essere all'altezza del genere, di non avere gli strumenti per comprenderlo e cantarlo e per questo ne ero stata distante.. Forse sembrerà strano, ma è così... Gli artisti sono spesso degli insicuri. Adesso invece, grazie anche all'appoggio,alla stima e alla collaborazione con gli LMG Quartet, mi sono convinta a far uscire allo scoperto questa mia "jazz attitude" che molti dicono io abbia, tutto fatto con grande umiltà, quasi da principiante. Ho ancora tanto da imparare.
- A&B -
Ripercorriamo la tua carriera musicale, dalle Matte in Trasferta, ai Dirotta su Cuba, l’esperienza sanremese, fino ad arrivare alla tua carriera solistica e al musical con Jesus Christ Superstar. Quale di questi momenti ti è rimasto di più nel cuore e ti manca?
- Simona Bencini –
Tutti momenti molto belli e soprattutto formativi, legati ad età diverse, a momenti di crescita diversi. Con le Matte sognavo di diventare una rockstar, con i Dirotta lo sono diventata, con l'esperienza solista ho vissuto momenti di grande solitudine ma mi sono rimboccata le maniche e mi sono responsabilizzata, col musical, che ho appena finito, ho rivissuto il gusto di stare in tour, dei teatri pieni di gente, in definitiva è stata per me una bella vacanza e una bella sferzata di energia, mi ci voleva. E' ovvio che l'esperienza che più mi è rimasta nel cuore sia quella con i Dirotta, ho condiviso con loro momenti bellissimi, di grande soddisfazione artistica, un'esperienza durata13 anni, colma di vita e di musica.
- A&B -
Chi o cosa ti ha spinto a diventare cantante?
- Simona Bencini –
Cantare per me è sempre stato naturale, istintivo, lo faccio da sempre. Avrei cantato comunque, anche se avessi fatto il medico o la parrucchiera. In più si aggiunge il fatto che il mio primo ricordo della musica è la voce di mia madre che cantava per farmi addormentare. Mia madre ha una voce bellissima, delicata, flautata. Era una cantante da giovane, suonava nelle orchestre da ballo di un tempo intorno Firenze, cantava Caterina Valente, Mina, le più belle canzoni della tradizione napoletana. E' stato grande ed inevitabile il fascino che hanno avuto su di me la sua voce ed il suo passato di cantante, catturato da quelle vecchie foto in bianco e nero che lei custodiva gelosamente nei cassetti. Il fatto che cantare sia diventata la mia vita ed il mio lavoro non è stata però una scelta consapevole, almeno all'inizio. Ho cominciato per passione, cantare mi faceva stare bene, mi faceva sognare, era un'esigenza. Poi frequentando gli ambienti giusti, musicisti, sale prova, locali ecc. mi sono fatta una certa credibilità ed hanno cominciato a chiamarmi. Questo è successo appena uscita dalle superiori, ero in piena crisi esistenziale e la musica fu il mio appiglio, la mia salvezza e mi indicò la strada.
- A&B -
Ritornando al musical Jesus Christ Superstar, è un’esperienza che ripeteresti? Se si, quale musical e quale personaggio ti piacerebbe interpretare.
- Simona Bencini –
Ripeterei sicuramente l'esperienza del musical solo se il personaggio che mi chiedessero di interpretare lo ritenessi giusto per me. Mi piacerebbe fare Hair o il mio primo amore, Rocky Horror, magari nella parte di Magenta. Oppure, se ci fosse un Moulin Rouge, la parte di Nicole Kidman. Mi diceva poi il regista di Jesus Christ Superstar, Massimo Romeo Piparo che ci sarebbero molti musical con musiche jazz, swing, che non sono mai approdati in Italia che sarebbero perfetti per me, magari!
- A&B -
Quali sono le tue influenze musicali?
- Simona Bencini –
Tutta la musica afro-americana sostanzialmente, dal gospel al blues, dal soul al jazz, ed una bella dose di pop.
- A&B -
Quale è il brano migliore secondo te di “Spreading Love, anche emozionalmente parlando e non?
- Simona Bencini –
"Geraldine "senza ombra di dubbio. Il tema principale di questo bellissimo brano strumentale degli Yellow Jackets è davvero emozionante, ti prende direttamente alla pancia…e l'arrangiamento degli LMG ha messo molto in evidenza il lato emotivo del brano. Considerando poi il fatto che ho scritto sulla melodia un testo che parla di mia figlia Sofia Jasmine…il gioco è fatto. Era inevitabile il coinvolgimento.
- A&B -
Quale via prenderà per il futuro Simona Bencini? Continuerai con il jazz?
- Simona Bencini –
Considero questo mio avvicinamento al jazz nè un punto di partenza nè un punto di arrivo, ma una tappa importante del mio percorso, che sicuramente cercherò di frequentare spesso negli anni a venire.
- A&B -
Hai mai pensato di rimettere in piedi i Dirotta Su Cuba?
- Simona Bencini –
Avevo sempre romanticamente pensato ad un ritorno in grande dei Dirotta prima o poi, anche perché tutti continuano a chiedermi quando torneremo insieme, tutti continuano a manifestarmi la nostalgia per la musica che facevamo che , ad oggi, nessuno fa più in italiano. E poi per tutti io sono e rimarrò per sempre "la cantante di Dirotta su Cuba".
Questo sogno sembrò avverarsi nel 2009 quando decidemmo per una reunion live dei 3 Dirotta Doc. Mettemmo su il Back To The Roots Tour, fu divertente e a tratti commovente, ma, al di là dei buoni propositi di fare un nuovo disco insieme, purtroppo ci rendemmo conto che non c'era un'intesa umana ed artistica reale fra noi.. Se dovessimo rimettere in piedi il progetto, sarebbe soltanto per un fatto commerciale.
- A&B -
In molti ti conoscono per aver cantato brani soul e funky. Cosa diresti a chi non ti conosce in questa nuova veste? Praticamente un invito per far avvicinare i tuoi vecchi fans ad un genere molto impegnativo come è il jazz.
- Simona Bencini –
"Spreading love" è un disco contaminato, la partenza è il jazz ma inevitabilmente si viaggia attraverso funky, soul, fusion, bossa. Il mio modo di cantare è cambiato in quanto è più dinamico, uso la mia voce come strumento, non solo come interprete, ma sostanzialmente sono ancora io, con la mia timbrica, il mio soul. E' un disco direi adattissimo per avvicinarsi al jazz.