Persone naturali e strafottenti
Roma, Sala Umberto, 20-24 aprile 2022

Quasi mezzo secolo ma ancora terribilmente attuale.
Questa cruda (ed a tratti nuda) commedia nasce forse più come tragedia, nelle intenzioni del provocatorio autore (il quale, nel 1973, la portò sui palcoscenici di un'Italia che, nonostante i suoi vani tentativi di emanciparsi, si scandalizzava ancora con estrema facilità.

I temi relativi alla difficoltà dell'accettazione del "diverso", dell'inclusione dell'emarginato, dell'accoglienza dell'emigrato, della compassione per chi è caduto o decaduto, della cura per chi non ce l'ha fatta (e non ce la poteva fare), trovano in questo spaccato della Napoli dei "vasci" dei pittoreschi quartieri spagnoli, una collocazione ideale, in un tempo senza tempo, scandito solo dall' imminenza dello scadere delle ultime ore dell'anno.
Una credibilissima ed abilissima Marisa Laurito si destreggia nei panni di Donna Violante. La sua recitazione è verace, immediata, partecipata e coinvolgente: padrona del palcoscenico riesce a delineare opportunamente la duplice natura partenopea, tra il sacro ed il profano, la fede e la superstizione, i sogni e la cruda realtà. Verace popolana, ex "serva" di un bordello, ora è la proprietaria di casa che, per sbarcare il lunario, affitta una stanza ad un "femminiello", il travestito dedito al meretricio, Mariacallàs. Interpretato magistralmente da un poliedrico Giancarlo Nicoletti è certamente il vero protagonista; egli mostra e dimostra, per mezzo di una recitazione spumeggiante, come ci si possa calare in un ruolo che risulterebbe altrimenti iconico e stereotipato, senza invece inciampare mai in logori cliché; riesce infatti ad imprimere con ilare (ma anche amara) efficacia al suo personaggio, una sorta di aura tragicamente leggiadra, tra rimpianti e ricordi, tratteggiandone un ritratto clemente, intriso di una surreale e mai concreta rassegnazione. Ed è lui che, a sua volta, per questa notte di San Silvestro, subaffitta la sua stanza ad una coppia omosessuale, per permetterle di vivere una notte di passionale trasgressione.
Coppia, quest'ultima, formatasi tout court, proprio per l'occasione, composta da Fred, un giovane, felice (a suo dire) e apparentemente spensierato studente gay, portato in scena da un ottimo Giovanni Anzaldo che ne pennella con maestria la sua leggiadra diversità; risulta però, un po' ridondante di ideali e concetti pseudo filosofici attraverso i quali cerca di darsi un tono più elevato, da "intellettuale". Livio Beshir impersona Il "lui" della coppia, Byron: uno scrittore di colore, arrabbiato con il mondo che non comprende la sua arte, con i "bianchi" che disprezzano, vessano, sfruttano ed annichiliscono il "popolo nero" e che si infuria con tutti e con il destino; egli sbriglia la sua rabbia repressa, dando sfogo alla sua frustrazione, con scatti d'ira ed episodi di violenza (anche fisica, nonché sessuale) ai danni, questa volta, proprio del malcapitato Fred. Il suo personaggio non vince ma la sua interpretazione convince.
Il filo conduttore di una pièce (quasi senza una trama definita) è la drammatica realtà di coloro che a causa delle scelte fatte nel proprio passato, del colore della pelle, delle proprie inclinazioni sessuali, o imprescindibilmente, della propria condizione sociale, si trovano a dover affrontare una vita fatta di stenti, vessazioni, discriminazioni, esclusioni, pregiudizi e preconcetti, che graffiano il loro spirito, feriscono il loro cuore, annichiliscono la loro autostima e li trascinano verso una esistenza grama ma consolata da un' esitante fierezza ed un impacciato orgoglio.
I dialoghi (sovente, veri e propri monologhi) in questa declinazione registica, con una certa tensione verso la commedia, sono il fulcro, il perno, lo snodo portante di una giostra di parole, paroloni e parolacce: queste ultime danzano vorticosamente ma sempre a tempo con i movimenti scenici, le espressioni degli attori e il linguaggio di corpi che ben si adeguano ed adattano alla filosofia di base del teatro. Vissuto, questo e comunicato con efficacia, per arrivare a toccare lo spettatore fin nel profondo, facendogli in qualche modo vibrare l'anima ed accompagnandolo a prendere coscienza di una realtà profondamente umana, a cui troppo spesso dedichiamo solo una distratta attenzione superficiale. E pensare che sarebbe sufficiente percepire il singolo come unico, per abbattere le barricate alzate nel nome della normalità e di conseguenza sminuire la potenza del termine, diverso. 
Naturali sono le persone, poiché si cerca di far sì che lo spettatore le riconosca quantomeno come una "variante", pressoché accettabile, della propria specie di appartenenza, in un tentativo di "empatizzazione" che avvicini coloro che si sentono (nonché professano) normali, solo in quanto allineati, grazie ad una conformistica standardizzazione sociale, che dona loro sicurezza e protezione, permettendo così, all'uomo qualunque, di crogiolarsi nella propria zona di confort, proprio grazie alla sua comunitaria omologazione.
Il termine "naturali" apre quindi il cuore e le menti di coloro che siedono a teatro, nei confronti della realtà tristemente tragica e sofferta dei quattro protagonisti; questi si immergono in un'interpretazione che risulta a volte amara e scanzonatamente autoironica, a tratti violenta, quasi sempre condita da un "unto" turpiloquio (che riesce saltuariamente a strappare grasse risate) a sprazzi grottesca e surreale e che mostra costantemente un provocatorio disprezzo degli altri, anche attraverso una sorta di arrogante noncuranza nei riguardi delle convenzioni della società e senza alcun riguardo per gli altrui diritti, in una parola, con strafottenza.


Persone naturali e strafottenti

Regia di GIANCARLO NICOLETTI
con
Marisa Laurito
Giancarlo Nicoletti
Giovanni Anzaldo
Livio Beshir

di Giuseppe Patroni Griffi

Aiuto regia GIUDITTA VASILE
costumi GIULIA PAGLIARULO
disegno luci DANIELE MANENTI
make up artist VINCENZO VERDESCA
direttore di scena CLAUDIA TAGLIAFERRO
organizzazione CINZIA STORARI
foto LUANA BELLI
ufficio stampa ROCCHINA CEGLIA
distribuzione STEFANO PIRONTI – CHIEDISCENA
produzione ALTRA SCENA

Durata: 90 minuti
Numero atti:1





Sala Umberto

Via della Mercede 50
00187 Roma
call center 06 6794753
whats app 345 9409718

orario apertura al pubblico
lunedi – venerdi h. 12:00 – 14:00 / 16:00 – 19:00
sabato h. 16:00 – 19:00
domenica h. 15:00 – 18:00
lunedì chiuso


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