Il dramma teatrale di Robert Harling, "Fiori d'acciaio" ("Steel Magnolia" il titolo originale), trova nuova forma in questa rappresentazione diretta da Michela Andreozzi e Massimiliano Vado.
La cittadina immaginaria di Chinquapin diventa Sorrento e i nomi delle protagoniste si adattano alla cultura italiana ma i personaggi rimangono immutati: Tamara, la disinvolta parrucchiera, e Anna, la sua ingenua e religiosa aiutante; due anziane amiche, Clara, distinta nei modi, e Luisa, fin troppo campestre; la mamma Marilù e la figlia Stella, entrambe coinvolte nell'organizzazione del matrimonio della seconda. Sono donne che intrecciano le loro storie personali dando vita ad un persorso comune in cui si alternano il serio e il faceto con repentina alternanza e ritmo mai flesso. "Fiori d'acciaio", ha dichiarato in una recente intervista la co-regista Michela Andreozzi, "è per me l’occasione di costruire, con un cast così ricco e variegato, una banda di soliste, in grado di suonare insieme ma di battere in volata quando serve; disegnare personaggi anche estremi ma capaci di ascoltarsi, o di imparare strada facendo ad accogliersi senza snaturarsi". Una zona franca aperta al pubblico, un salone di bellezza, diventa ben presto un luogo riservato, intimo, esclusivo, nel quale si vive una realtà quotidiana a volte superficiale, a volte profonda, che parte dalla vicinanza tra donne diversissime e arriva alla solidarietà comune. Ognuna delle protagoniste di questo percorso mantiene la propria tipizzazione caratteriale, spesso pittoresca, ma ognuna impara ad accettarla, tra risate e lacrime, spensieratezza e profondità d'animo, cordialità e irruenza. Ci è piaciuta moltissimo l'abilità della regia di complementare la raffinatezza che pare altezzosa, ed è invece espressione di garbata e rispettosa ironia, incarnata da Giulia Weber, e la capacità, talvolta anche caricaturale, palesata da Emanuela Muni di rivestirsi di una corazza granitica e apparentemente impenetrabile, sotto la quale si nascondono fragilità interiori, retaggio di vecchie ferite. L'ambientazione di fine anni ’80, sublimata da musiche attinte proprio da quel decennio (le quali, invero, talvolta vengono sfumate troppo repentinamente), dona alla piece un velato e soffuso sapore malinconico che non può non essere apprezzato dallo spettatore under o over 50, che visse la sua adolescenza all'epoca. "L’immagine e lo stile di quel periodo", è ancora la regista a parlare, "negli abiti, negli arredamenti, ma soprattutto nella musica, sono ormai identificativi di un momento storico diventato ormai glamour. Oltre al fatto che certe modalità, oggi, sarebbero condizionate dalla tecnologia". Se ci è permesso un modesto consiglio, che è anche un complimento, la differente provenienza geografica delle protagoniste, testimoniata dai rispettivi accenti (campano, toscano, romano, spagnolo, calabrese) rappresenta una scelta azzeccata, perchè dà vita ad un efficace e colorito connubio liguistico che rende alta la curva dell'attenzione, ma andrebbe contestualizzata per tutte le protagoniste e non soltanto per la spagnola Anna, i cui natali iberici e la cui presenza nel territorio italiano sono correttamente giustificati ad inizio rappresentazione.
Questo commento si riferisce alla rappresentazione del 3 febbraio 2022.
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Fiori d'acciaio
Sala Umberto - dal 3 al 20 febbraio.
con Tosca D'Aquino Rocìo Munoz Morales Emanuela Muni Emy Bergamo Martina Difonte Giulia Weber
tratto dal dramma teatrale di Robert Harling.
Regia di Michela Andreozzi e Massimiliano Vado.
Produzione:Corte Arcana/Isola Trovata
Sala Umberto Via della Mercede 50 – 00187 Roma call center 06 6794753 whats app 345 9409718
orario apertura al pubblico lunedi – venerdi h. 12:00 – 14:00 / 16:00 – 19:00 sabato h. 16:00 – 19:00 domenica h. 15:00 – 18:00 lunedì chiuso
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