Se c'è una persona che incarna in toto la capacità di autoripararsi dopo un danno, riuscendo ad organizzare ex novo la propria vita con esiti positivi, questa è certamente lei. Omettendo di parlare del terremoto del 2016, sui cui è incentrata la prestazione di Alexandra e del quale la stessa è vittima (un efficace sunto dello spettacolo si trova su Youtube, estratto dalla trasmissione Italia’s Got Talent), e doverosamente concentrandoci su aspetti più propriamente artistici, la comica offre un monologo nel quale serio e faceto si incuneano l'un l'altro ripetutamente, permeandosi in forma esemplare. Siamo ben lontani, tuttavia, dall'archetipo della tragicommedia (con ciò alludendo sia all'opera drammatica contenente elementi comici, sia al dramma che si conclude con un lieto fine), qualificandosi, la sua esposizione, quale sorta di "ossimoro dello spettacolo": l'artista, infatti, gioca sempre sul raffronto tra contesti e situazioni di valore assoluto contrario, in forte antitesi tra loro: la vita e la morte, la gioia e la sofferenza, l'allegria e la tristezza si alternano repentinamente, garantendo un bilanciamento equilibrato in grado di generare ora la risata, ora il pianto. Con un generoso uso di turpiloquio - pur perfettamente contestualizzato, giacchè lo spettacolo è espressione anche di una romanità verace che mai prescinde dall'uso della parolaccia ben assestata - ciò che racconta Alexandra non nasce da un'abilità, bensì da una sua necessità interiore, che è in grado, tuttavia, di far emergere non comuni abilità comunicative. Non di rado, peraltro, queste ultime generano sensi di colpa nel pubblico (quantomeno a partire dal momento in cui lo stesso si capacita di ridere di ciò che fa generalmente piangere): ma ciò, effettivamente - e la Filotei sta proprio lì a ricordarlo, spazzando via lei stessa il rimorso di coscienza - è espressione di un desiderio di rinascita, un'indomita esigenza di vivere che si traduce nell'infusione costante di solare energia, spesso infusa previa abile perforazione della quarta parete. Infine - anche a testimonianza che i termini positivi su cui si fonda la presente recensione non sono dettati da sentimenti pietistici e di solidarietà, ma sono espressione di un genuino ed imparziale approccio critico, incentrato sulla valutazione di capacità attoriali/comunicative, piuttosto che di una esperienza di vita, ancorché drammatica - ci permettiamo di suggerire di cominciare lo spettacolo direttamente con la domanda "qualcuno si ricorda dove stava il 24 agosto del 2016?", giacchè il brevissimo preambolo iniziale che la precede - unico punto debole dell'intero spettacolo - è privo di tutte le caratteristiche straordinarie manifestate a seguire. |
9 ore sotto casa Teatro Leontini |