Introduzione
Nel nostro articolo dedicato a Richard Benson (si trova qui) avevamo lanciato un invito che non pensavamo venisse raccolto: Francis Kingborn, l'autore dei documentari dedicati al chitarrista anglo-italiano ivi citati, ha accettato di rilasciarci una dettagliata intervista svelando, tra le altre cose, le motivazioni che si celano dietro al suo interesse per questo incredibile personaggio dell'underground capitolino che, a distanza di 50 anni dai suoi esordi, ancora riesce a far parlare di sé. Renato, questo il nome di battesimo dell'autore, è persona molto schiva e preferisce per questo non condividere troppe informazioni sulla sua vita. Ci ha soltanto riferito che il suo percorso di studi preannunciava una carriera diversa da quella poi intrapresa, che lo vede attualmente in forza presso un'impresa in qualità di responsabile marketing/comunicazione. A queste informazioni vogliamo aggiungere una nostra deduzione: se Kingborn, scorporato in “king” e “born”, ci suggerisce il suo nome di battesimo (Renato, da lui stesso confermato), allora Francis dovrebbe stare per Francesco, forse Franceschi o Franchi. Chissà. (mail:
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- telegram: @mandrakefc)
Intervista
1 - E' doveroso chiederti, per cominciare, cosa rappresenta per te Richard Benson? Per me Richard rappresenta in primis, lo dico con franchezza, una fonte di sano buon umore. Come chiarisco nell'ultima puntata della serie, io l'ho scoperto a 16 anni su YouTube (e Google video, chi se lo ricorda?), rimanendo inizialmente colpito, come chiunque altro, dai suoi siparietti col pubblico ai concerti e dalle messe in scena su Televita. L'icona trash ha ancora oggi un posto rilevante nel mio cuore. Per indole, però, sono portato ad andare oltre la superficie. Affascinato dalle doti oratorie di Benson e dall'alone di mistero che circondava la sua figura, mi sono messo ad indagare, quasi subito. Solo nel 2019 sono riuscito ad approdare ai primi risultati concreti, ossia al certificato di nascita, e da lì è partito un viaggio che mi ha permesso di confermare alcune mie supposizioni. Ho scoperto, tra le altre cose, che Benson non ha raccontato solo fandonie, che è rispettato da chiunque, addetti ai lavori compresi, come critico musicale e musicologo, che nel periodo migliore della sua carriera è stato un chitarrista di buon livello. Forse "istintivo" e sui generis, come l'ha definito Simone Sello, ma certamente capace.
2 - Quali le motivazioni che ti hanno spinto a dedicare vari documentari/monografie a Richard Benson? Le motivazioni sono tante. In primis per affetto. Poi perché sentivo che c'era molto di non detto, di non raccontato su di lui. Infine perché ero certo che, tra mille panzane, Benson avesse raccontato anche molte verità. E avevo ragione. Ad esempio ero sicurissimo che lui fosse inglese. Non solo ho avuto modo di dimostrarlo con certezza, documenti alla mano, ma, grazie all'ottimo lavoro di ricerca condotto da Lorenzo Tiribocchi, una delle persone senza le quali l'opera avrebbe avuto uno spessore ben più modesto, sono riuscito a scoprire che Richard Benson discende da una famiglia magnatizia della Londra vittoriana. Il suo bisnonno paterno, Samuel Herbert Benson, fondò una delle prime agenzie pubblicitarie del Regno Unito, la SH Benson (https://en.wikipedia.org/wiki/S._H._Benson). Egli è ancora oggi citato in tutti i manuali di storia della pubblicità, dove viene descritto come un businessman eccentrico ma geniale. Tra le altre cose, era amico personale di Randolph Churchill, padre di Winston. D'altronde, la SH Benson, nota per aver ideato alcune delle campagne pubblicitarie più iconiche del periodo classico (quella per la birra "Guinness", ad esempio), collaborò sempre attivamente col governo. Tutto questo è raccontato nell'unico video che non hai citato nella tua scrupolosa recensione: "The greatest story ever told" (https://youtu.be/kdHCwWV6iXE).
3 - Hai ragione ma, ahimé, nella mia recensione ho riportato ben 6 link e aggiungerne anche questo (e gli altri a tua firma) avrebbe appesantito lo scritto. Ho comunque parlato di altri video “che l'autore ha realizzato allo scopo di approfondire tematiche e aspetti in precedenza appena accennati”. Torniamo agli ascendenti di Benson... La storia della famiglia Benson è clamorosa e c'è il rischio di rimanere increduli mentre la si ascolta. Se ci pensi, però, il nostro non ne ha mai fatto cenno in trasmissione. Ecco l'ennesimo mistero: un uomo che ha inventato, ingigantito, trasformato, deformato molti dettagli della sua biografia, sa di poter raccontare cose straordinarie - e tutte vere! - sul conto della sua famiglia, ma non lo fa. I pochissimi dettagli che ha lasciato filtrare, quelli sul nonno John Miles Bourne, non ci avrebbero mai consentito, da soli, di risalire a tutta la vicenda. Dietro queste reticenze credo si celi la volontà di non esporre al pubblico gli affetti più cari e, probabilmente, anche il desiderio di camuffare il retroterra borghese di provenienza.
4 - Nei tuoi documentari, hai largamente rivalutato la figura di Richard Benson, quantomeno fino a tutti gli anni '90. Nei miei documentari emerge senza dubbio un Benson diverso da quello che conosciamo. Ciò è dovuto al fatto che noi - e con "noi" mi riferisco alla generazione dei nati negli anni '90, cui appartengo - osservavamo gli eventi da un punto di vista falsato, avendo avuto modo di valutare solo il personaggio televisivo/YouTube.
5 - Devo necessariamente fare una precisazione: quando parli del "Benson diverso da quello che conosciamo", fai bene a precisare che ti riferisci a chi è nato negli anni '90. Chi è nato prima - e mi riferisco a chi, come me, era teenager negli anni '80, vivendo quindi in prima persona l'altissimo livello divulgativo della trasmissione "Ottava nota" - evoca sempre quel Benson, non quello ad indirizzo circense. Conosco miei coetanei che, negli anni 2000, feriti, indignati, scandalizzati per il trattamento a lui riservato dal pubblico, sono scappati anzitempo dai suoi concerti e io stesso mi sono sempre rifiutato di andarlo a vedere a quelle condizioni. La mia posizione nei suoi confronti è di gratitudine, pur divertita, grazie ad una pittoresca postura e ad una colorita capacità espressiva. E' la stessa posizione, quest'ultima, cristallizzata nel volume "Anni di Metallo - Oltre un decennio di heavy metal a Roma", che offre un efficace spaccato della scena metal capitolina (dagli anni '80 in poi), scritto da Andrea Ciccomartino, un altro amico di quella stessa generazione. Noi ricordiamo con affetto quel Benson, non certo l'ultimo, riconoscendogli il merito di averci indirizzato con puntuale competenza verso una musica interessante, fornendo informazioni che all'epoca, in totale assenza di internet, era impensabile rintracciare altrove. Capisco perfettamente. Comunque, andando oltre la macchietta, che a mio parere Benson ha costruito con sapienza, si scopre un uomo di qualità non comuni, forse tradito da quello stesso carattere eccentrico e sopra le righe che ne ha decretato il successo come istrione.
6 - Prima di realizzare quei documentari, hai provato a contattarlo? No, e non solo perché non avrei avuto modo di farlo quando sono partito. È stata una precisa scelta di metodo. Richard Benson è un uomo di spettacolo che ha costruito parte del suo fascino sul mistero e sulla narrazione. Chiedergli di dire la verità su alcuni aspetti della sua biografia è un po' come chiedere a un mago di svelare i suoi trucchi. Può sembrare paradossale, ma questo è uno dei pochi casi nei quali la testimonianza del diretto interessato può servire al più come punto di partenza. Fin dall'inizio mi sono imposto di cercare documenti e testimonianze altrove. Non volevo e non potevo avere limiti o debiti di riconoscenza. Come ho precisato nell'ultima puntata, il lavoro che ho svolto non ha nulla di agiografico. Il mio obiettivo era illuminare le zone d'ombra, non dimostrare a tutti i costi la validità di una tesi precostituita. Quando si è trattato di smentire, anche brutalmente, informazioni che lo stesso Benson aveva messo in circolazione, non mi sono tirato indietro, anzi. Le menzogne fanno parte del gioco, i miti e le fantasie sono il pane della nostra esistenza. A patto però che li si riconosca come tali. Una volta che il quadro di ciò che è realmente accaduto e di ciò che non lo è, è chiaro oltre ogni ragionevole dubbio, si può discutere. Non prima. Io sono un appassionato di storia e credo che il metodo storiografico vada applicato a qualunque oggetto d'indagine, da Richard Benson a Napoleone. Quando ci si prende la briga di parlare al pubblico bisogna assumersi delle responsabilità e non lasciare nulla al caso.
7 - Trovi corretta questa disamina a mia firma?: "...se in tv la caricaturizzazione di sé stesso appare riuscita e molto divertente, per certi versi anche condivisibile, dal vivo i suoi spettacoli sintetizzano il peggio del trash underground: sale infatti sul palco pienamente consapevole che sarà deriso dal pubblico, il quale si spinge al limite, indirizzandogli insulti (da lui puntualmente ricambiati) e lanciandogli ortaggi, frutta, finanche animali morti". Sul Benson televisivo concordo. Se si ama un certo tipo di farsa, che non è certo quella paludata, costruita, vuota, in voga sulle TV nazionali, non si può non amare il Benson esplosivo di Televita. Una volta ho avuto modo di dire, con un'iperbole, che 5 minuti di quel Benson valgono più di decenni di RAI. Il Richard del periodo 2003-2007 aveva tutto per bucare lo schermo: l'energia trascinante, la spontaneità, l'abilità affabulatoria, la fantasia, la presenza scenica e, non ultima, la lucidità giusta per condire sequenze allucinanti a base di urla e trovate da attore consumato con riflessioni profonde su temi d'attualità, capaci di mettere a nudo, d'un tratto, uno spessore e una sensibilità artistica insospettabili. Benson è un animale da palcoscenico. Sottovalutato, perché purtroppo non ha mai potuto contare su ribalte all'altezza. Il fatto che sia riuscito ad emergere "da solo", grazie al passaparola su internet e al p2p, dimostra che aveva stoffa, che le sue potenzialità sono rimaste parzialmente inespresse. Il suo fascino è anche questo: è stato un pirata del tubo catodico, un outsider non allineato al politically correct imperante sui circuiti televisivi di massa, un uomo che ha saputo costruire la sua popolarità, dal 2000 in poi anche nazionale, senza scendere a compromessi, almeno sotto il profilo "ideologico".
8 - E con riferimento a quello che io oggi definisco il trash capitolino? Con riguardo ai concerti del nuovo millennio, credo sia giusto distinguere. C'è stata una prima fase, che va grossomodo dal 2002 al 2008, nella quale i lanci d'oggetti erano contenuti e tra Benson e la folla emergeva una sorta di dialogo. Certo volgare, sguaiato, non di rado blasfemo, ma pur sempre un dialogo. Sono dinamiche strettamente connesse al tessuto sociale e alla psicologia profonda della città di Roma, tra l'altro ricercate e innescate dallo stesso Benson. Alcuni scambi di battute di questa prima fase sono indubbiamente esilaranti. Non si tratta di umorismo per educande, è chiaro. Dal 2008 il meccanismo sfugge di mano al suo creatore: il pubblico si incattivisce e l'artista, fiaccato da problemi di salute, non riesce più a reggere il peso della maschera che si è calato sul volto. È qui che nasce il Benson-φαρμακός il capro espiatorio, oggetto di contumelie e prepotenze da parte di invasati che vogliono sopraffarlo per sfogare la propria frustrazione (la parola greca φαρμακός indicava un rituale largamente diffuso nell'antica grecia, simile a quello del capro espiatorio, che mirava ad ottenere una purificazione mediante l'espulsione dalla città di un individuo chiamato pharmakos, qualcosa di molto simile a "maledetto". NdA). In questi spettacoli non c'è più nulla di comico, nulla che possa salvarsi. In un'occasione, a Palestrina, si sono superati di gran lunga i limiti imposti dalla decenza, dalla compassione e dalla dignità umana.
9 - A cosa ti riferisci?
Mi riferisco a uno degli ultimi live di Benson, quello del 2016 presso il locale "L&P Molestie" di Palestrina (Https://youtu.be/J_MFQW5GpgE). Per quasi un'ora, una folla inferocita rovesciò sul palco una valanga di insulti e oggetti di ogni tipo, senza alcun riguardo per quella che ormai era soltanto una vittima inerme. In fin dei conti, possiamo dire che i problemi economici e sanitari hanno impedito a Benson di tenere sotto controllo il "demone" che aveva destato e che per lungo tempo era riuscito a domare con successo.
10 - Tu sveli alcuni misteri a dir poco incredibili. Come sei riuscito ad accedere ad alcune informazioni, alcune delle quali rinvenibili soltanto all'estero? Parto col dire che la serie è frutto unicamente del mio lavoro solo fino alla terza puntata. Da quel momento in poi, pur continuando a curare in solitaria la scrittura, il voice-over e la realizzazione video, mi sono avvalso delle ricerche e dello straordinario fiuto investigativo del già citato Lorenzo Tiribocchi e di Andrea Turla, due ragazzi che mi hanno contattato spontaneamente dopo aver visto i primi video. Di Lorenzo ho già parlato. Andrea è stato determinante per la ricostruzione della vita sentimentale di Benson e per la scoperta del suo primo matrimonio, quello con la manager Maria Antonietta Capacci, donna legata suo malgrado a un caso di cronaca che sul finire degli anni '70 ebbe molto risalto sulla stampa scandalistica. Visto che ci sono, non posso non ringraziare Aldo De Luca e Stefano MJS, che hanno realizzato alcune delle interviste proposte, e un'altra coppia di geni - la terza - formata da Hufeland (https://www.facebook.com/HufelandKlinikHolistic/) e Christian Kuri Studio. Hufeland, un videomaker tra i più talentuosi, che ha trasformato l'ultima puntata in una sorta di film-documentario, compiendo una vera impresa. Christian, ingegnere del suono professionista, si è occupato della mia voce. Senza uno "staff" di questo livello, cresciuto nel tempo in modo del tutto naturale grazie alla chat Telegram "Brigate Benson", avrei fatto solo il 30% di quanto si è visto. Ma non è tutto. Fin dall'inizio, ho ricevuto mail, messaggi e segnalazioni da parte di semplici appassionati, ex allievi, persone che a vario titolo avevano avuto a che fare con Benson. La sensazione è che in molti sentissero il bisogno di un lavoro simile e che abbiano riconosciuto in questa serie l'occasione giusta per dire la loro. Quanto alle tecniche impiegate, non ci siamo fatti mancare nulla. Abbiamo visionato ore e ore di video alla ricerca di indizi, intervistato decine di persone, consultato banche dati online, spulciato la rete attuale e quella del passato grazie alla "Wayback machine" di Internet Archive. Il mio contributo personalissimo credo sia rappresentato dall'indagine su usenet, un mezzo di comunicazione ormai quasi dimenticato. Grazie a "Google Groups" si può leggere cosa pensasse la rete di Benson - e non solo di lui, chiaramente - negli anni '90. È una risorsa che in pochi tengono in considerazione, ma che alle volte può risultare molto utile.
11 - L'uso del linguaggio aulico è certamente voluto. Perché? Forse hai voluto evitare che il messaggio fosse meno credibile dando un tono molto serioso ai documentari? Ad esser sincero, "aulico" mi pare un po' troppo. Diciamo che ho volutamente impiegato un registro linguistico consono alla ricerca. Secondo me, quando si scava e si analizza, è giusto che lo si faccia con scrupolo, seriamente. Non nascondo però che, soprattutto all'inizio, l'intento era anche quello di segnalare in modo chiaro ed inequivocabile che non si trattava del solito video su Benson.
12 - Mi è piaciuta anche l'intervista a Gianni Leone. Lo conosco bene ed è persona molto disponibile. Hai ragione. Gianni Leone è un grande artista nonché persona estremamente disponibile. Pensa che, a causa di un problema tecnico, la prima registrazione dell'intervista è andata perduta. Senza colpo ferire, si è prestato per ripetere tutto in una seconda occasione. Quanti lo avrebbero fatto?
13 - Confermo. Avrei tante cose positive da riferire sul suo conto, a conferma del tuo giudizio. Dico soltanto che ha dedicato del tempo - e non me lo aspettavo proprio, da una persona blasonata come lui – fornendo un suo giudizio sia sull'ultimo album del gruppo di cui faccio parte (gli Anno Mundi), sia sul mio album solista (“Fleeting Steps”). La domanda è la stessa: quanti musicisti del suo livello lo avrebbero fatto? In ogni caso, anche io ho voluto ricercare tracce di Benson presso altre compagini blasonate, ponendo due domande specifiche a Carlo Verdone, nell'alveo della seguente intervista (si trova QUI). Sono contento tu abbia posto il problema Benson a Carlo Verdone, che tra parentesi è un mito per me.
14 - Ci sono altri personaggi del mondo musicale e dello spettacolo a cui hai esternato l'intenzione di fare domande su Benson ma si sono rifiutate? In generale, ho avuto a che fare con persone molto educate, non ho avuto quasi mai problemi. Ho ricevuto un solo "no", ma non si trattava di una persona legata al mondo dello spettacolo.
15 - Chi, invece, quelli che vorresti intervistare? Detto che, in realtà, considero praticamente chiusa la pratica Benson, ci sono delle curiosità rimaste inevase. Tra i personaggi famosi, oltre allo stesso Verdone, avrei piacere di intervistare Manuela Villa. Pochi lo sanno, ma in qualche modo lei è stata "lanciata" da Benson. L'intervista che più bramo è però un'altra e non ha nulla a che vedere con il mondo dello spettacolo. Benson ha avuto negli anni '90 una compagna di origini tedesche, Ira Deltschaft. Sono convinto che lei sia la chiave per capire alcuni dettagli rimasti oscuri, ma purtroppo è irrintracciabile.
16 - Io credo che Arbore debba essere consultato: lui lo conosceva bene, avendolo inserito sia nella rubrica "Novità 33 Giri", ritagliata all'interno della trasmissione radiofonica "Per voi giovani", sia nel palinsesto di "Quelli della Notte". Di sicuro Arbore potrebbe dirci molto su Richard. In fin dei conti è stato lui a sceglierlo in radio, a lanciare la sua carriera di giornalista musicale. Ad essere sincero, però, non saprei nemmeno da dove cominciare per mettermi in contatto con lui. Senza contare che, come detto, al momento mi sto dedicando ad altri progetti su YouTube.
17 - Ricordi la puntata di Ottava Nota in cui Richard sintetizzò con un solo gesto (la distruzione fisica del disco), ciò che egli pensava del primo lavoro dei Van Halen con Sammy Hagar alla voce? No. In realtà, essendo nato nel 1991, non ho mai visto "Ottava Nota", al di là di qualche spezzone caricato a posteriori su YouTube. Conosco l'episodio che citi per via indiretta, grazie ai racconti degli appassionati. Se non sbaglio, ce n'è traccia perfino su usenet. In ogni caso, noi bensoniani della "seconda ora" ci siamo rifatti con l'ormai leggendaria "Dissacrazione di Steve Vai", andata in scena nel 2005 su Televita. Non ho avuto modo di vedere in diretta nemmeno quella, perché ho conosciuto Richard solo poco tempo dopo, ma l'ho recuperata grazie a YouTube. In pochi minuti, Benson passa da un'ineccepibile disamina tecnica dei brani (il disco è "Real Illusions: Reflections"), a lanci di piatti, urla e primi piani con "Feelings" di Morris Albert in sottofondo. Si tratta di una delle scene che ho in mente quando parlo in toni entusiastici del Benson istrione televisivo. In quegli anni era veramente imprevedibile!
18 - Stai vedendo "Nona Nota", su you tube? Ho visto la prima puntata di "Nona Nota" (https://www.youtube.com/watch?v=95m8ztdbW0E&ab_channel=RichardBensonOfficial). Sono contentissimo del fatto che Richard si stia riprendendo dai recenti problemi di salute. La cultura musicale è la solita, la verve l'ha parzialmente ritrovata. Certo, gli anni d'oro sono lontani ma, considerando tutte le difficoltà che ha incontrato, possiamo ritenerci soddisfatti. Richard Benson è dotato di una tempra prodigiosa.
19 - Mancano all'appello alcune tematiche importanti, da me citate alla fine della mia recensione. Tra queste, uno studio dedicato alle accuse di plagio. Lo studio sui plagi è già stato realizzato. Non da me, ma da colui che considero il maggiore esperto del Benson musicista, ossia l'utente YouTube Sir Daniel (https://youtu.be/ywnEH8b8CIw). Quest'ultimo ha svolto in questi anni un lavoro immenso, catalogando con precisione tutte le partecipazioni di Benson a produzioni di altri artisti, compilation e via discorrendo. Chitarrista egli stesso, ha perfino concepito dei pezzi synthwave a tema. Uno di questi (https://youtu.be/7qO85laDjJA), me lo ha gentilmente concesso in versione strumentale. Io l'ho usato in chiusura di ultima puntata. Lo trovo molto emozionante. Benson ha attinto a piene mani da altri artisti, arrivando perfino, in talune occasioni, ad attribuirsi pezzi non suoi. Ciò non toglie che alcune delle sue composizioni originali, penso per esempio a "Incinerator" (https://youtu.be/YTBkEqjI9q0) o a "Exotic Escape" (https://youtu.be/NMoqYcj5E2s), siano di pregio e denotino un certo talento.
20 - A proposito di documenti realizzati da altri, segnalo anche una bella intervista a Francesco Boccia interamente incentrata sui suoi rapporti con Benson (https://www.youtube.com/watch?v=geT2fGGcqVw). E' un documento degno di nota perché dimostra, ancora un volta, che il chitarrista alimentava in prima persona il suo personaggio mediatico. Inoltre, Boccia confessa di aver cullato l'idea di realizzare un video su "Cucciolo" che lo vedeva inseguito dai fan di Benson, purtroppo rimasto irrealizzato. Tornando al Benson artista, cosa pensi sarebbe successo se fosse vissuto nel Regno Unito?
Ho sempre pensato che, nel mondo della musica, Benson sarebbe potuto essere un ottimo produttore. E sono sicuro che, fosse rimasto a Londra, lo sarebbe diventato.
21 - Il botta e risposta tra Richard Benson e Pino Scotto merita una certa attenzione. Le baruffe con Pino Scotto credo siano nate per puro caso. Ad un certo punto, il popolo della rete ha iniziato ad associare le due figure, in verità diversissime sotto tutti i profili, e a chiedere ad uno pareri sull'altro. Mentre Richard, dall'alto della sua preparazione enciclopedica, conosceva vita, morte e miracoli di Scotto e dei "Vanadium", Scotto aveva presente soltanto il Benson dell'ultimo periodo e ha espresso pareri molto negativi col piglio diretto che lo contraddistingue. Da lì i contrasti. Sono certo che, se Scotto avesse modo di conoscere meglio la carriera di Richard, rettificherebbe la sua posizione e anzi finirebbe per apprezzarlo.
22 - Lo penso anche io. Forse non sa neanche che Benson suonò nel disco omonimo del "Buon Vecchio Charlie". Che giudizio hai di quell'album? È un lavoro che apprezzo molto. Lo trovo anche abbastanza originale per i canoni del prog italiano. È un peccato che abbia avuto problemi di distribuzione e, in definitiva, non sia uscito quando poteva trovare un vasto pubblico di estimatori, ossia negli anni '70 (inciso nel 1971, il disco è stato pubblicato postumo nel 1990. NdA). Magari la parabola esistenziale del nostro sarebbe cambiata se quel disco avesse visto la luce. Detto questo, io amo la musica ma sono un ascoltatore puro. Non ho alcuna competenza tecnica, non suono, non conosco la teoria. Dunque una mia recensione del disco in discorso risulterebbe totalmente inutile.
23 - Infine, una doverosa domanda: sai se lui ha visto i tuoi documentari? Sai cosa ne pensa? A dire il vero non lo so. So per certo che talune nostre scoperte gli sono state comunicate, e d'altronde lui stesso ha mostrato di averne contezza in un intervento a "Casa Marcello", programma YouTube di Marcello Cirillo. Spero che prima o poi abbia modo di visionare tutto. Sono certo che ne sarebbe entusiasta.
24 - Ultime parole per i lettori di Artists And Bands Ringrazio lo staff di "Artists And Bands" per aver dedicato così tanto spazio ad un lavoro che reca in calce la mia firma ma che, a tutti gli effetti, è frutto di un immenso sforzo collettivo.23 - . Invito chiunque sia rimasto incuriosito da questa intervista a fare un giro sulla chat Telegram "Brigate Benson" (t.me/bbensonreloaded): non rimarrà deluso. Un saluto a tutti i lettori del sito!
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