Opera intensa, particolare ed estremamente coinvolgente. Una cruda realtà, quella dei senzatetto, che spesso non si vuole vedere, affrontata con delicatezza e rispetto.
Il progetto spettacolo di Marina Pizzi “Regine di cartone” è la storia di tre “barbone”, donne che vivono ai margini della società e dalla quale si sono volutamente distaccate non riconoscendosi più nei suoi valori. Uno spaccato delle moderne città dove è facile imbattersi in mucchi di cartoni che nascondono essere umani e dai quali ci si tiene rigorosamente distanti per non lasciarsi coinvolgere dalla situazione e dalla “puzza”. Lo spettacolo ha la capacità di raccontare questo fenomeno delineando le storie di vita delle tre donne: vissuti traumatici, rispetto ai quali non hanno avuto la forza di contrapporsi e che le hanno inghiottite in un vortice di disperazione. Per usare un termine oggi molto in voga, le tre protagoniste non sono state resilienti, non hanno reagito alle dure esperienze a cui le ha esposte la vita, se ne sono distaccate creandosi una personalissima realtà dove nulla può intaccarle e dove i valori tanto osannati dalla società e dalla civiltà (primo fra tutti il denaro) diventano effimeri, inutili per chi ha trovato la sua dimensione di esistenza nella strada. L’opera è intensa e toccante: fa riflettere, sorridere, commuovere. Mostra senza veli la sofferenza altrui, il distacco dalla propria identità per rannicchiarsi in un posto indefinito dove neanche il nome ha più importanza. Lo spettacolo sfonda la quarta parete cercando un coinvolgimento col pubblico al quale viene anche richiesto, alla fine della rappresentazione, un momento di riflessione ed un gesto verso le tre protagoniste, un dono per donne che non possiedono nulla, ma che ai beni materiali preferiscono la solidarietà, la sorellanza, la comprensione. “Regine di cartone” è uno spettacolo forte, incisivo, con una regia cruda. Le tre donne si muovono in uno spazio quasi angusto pieno di cianfrusaglie che rappresentano gli ultimi trofei scampati alla loro vita precedente, quella vissuta prima di diventare clochard e finire a vivere a ridosso delle mura di un convento di suore che, a volte, si accorgono della loro presenza. Le tre protagoniste riescono perfettamente ad incarnare il vissuto delle donne che rappresentano. Un’interpretazione colma di passione dove trapela l’interiorizzazione del personaggio. Dopo la visione di questo spettacolo non si esce dal teatro a cuor leggero, ma, come ricorda il regista Silvio Giordani “Oggi più che mai, il Teatro ha il dovere di mettere la sua lente d’ingrandimento sulla realtà problematica che ci circonda”. “Regine di cartone” riesce in questo intento.
Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 7 novembre 2024. |
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Angiola Baggi, Mirella Mazzeranghi,
Maria Cristina Gionta
in REGINE DI CARTONE
di Marina Pizzi
regia di Silvio Giordani
scene di Mario Amodio
costumi di Lucia Mariani
musiche originali di Stefano De Meo
Con rispetto ed empatia “Regine di cartone” racconta quindi la storia di tre donne che hanno varcato quel limite oltre il quale si perde il rapporto con la società e si entra in una specie di limbo affettivo e sociale. Non si riconoscono più i presunti valori della nostra civiltà e questa è, in genere, la prima tappa del processo di scollamento. Spesso il primo gradino consiste in un trauma psicologico o sociale, poi può esserci la perdita o il danneggiamento di relazioni affettive significative. In altri casi sono la violenza subita o altre esperienze traumatiche a lasciare una delusione radicale nei confronti del mondo. Inizia, quindi una fuga vera e propria dalla società che finisce per comportare emarginazione e il soggetto più fragile si adatta psicologicamente al cambiamento alimentando le proprie convinzioni negative sugli altri e su sé stesso. Il famoso sociologo William Thomas della scuola di Chicago spiegò che “Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse diventano reali nelle loro conseguenze”. In altre parole non conta più il dato oggettivo degli avvenimenti ma “COME VENGONO PERCEPITI ED INTERPRETATI DAL SOGGETTO”. (Fonte: comunicato stampa)
Teatro Marconi Viale Marconi, 698E Roma +39 06 59 43 554
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