Con una leggera variante - che sposta l'ambientazione dalla cella del carcere all'aula del tribunale - Michele La Ginestra torna in scena con "M'accompagno da me", opera teatrale che esprime non soltanto una raffinata comicità, ma si fa portabandiera di una sensibilità poetica, non di rado connotata di raro substrato etico. L'attore romano agisce sul palco in termini di versatile eterogeneità, proponendo sette differenti personaggi, ciascuno tipizzato da una distinta espressività, sia lessicale, sia posturale: l'alveo della solare spensieratezza è percorso parodiando Cappuccetto Rosso, Biancaneve e il milanese trapiantato a Roma, mentre importanti questioni concettuali, affrontate con l'apprezzato coraggio di chi difende strenuamente le proprie convinzioni morali, sono abbracciate parlando della dipendenza causata dall'uso (rectius abuso) del telefono cellulare, dell'importanza dell'arte teatrale, dell'arretratezza culturale che connota la crescita di taluni sfortunati soggetti, dell'aborto visto dal singolare punto di vista dello spermatozoo prima, dell'embrione poi. L'episodio dedicato al prelato, inoltre, già portato sul piccolo schermo grazie alla nota trasmissione Zelig, persegue sia lo scopo di sollevare importanti riflessioni sulla solidità o meno dei legami sentimentali e matrimoniali (non sempre le due cose coincidono), sia quello di rivalutare certi esponenti del clero, addirittura facendoli apparire simpatici, pur nella loro diretta e schietta attitudine, qui sapientemente estremizzata in termini assai caricaturali. Va infine esaltato il pezzo a firma del maestro Ettore Petrolini, fedelmente ripreso, che ha il pregio di omaggiare il compianto attore romano in due compagini artistiche perfettamente complementari (il noto brano "Tanto pe' cantà", infatti, la cui musica venne dallo stesso firmata, si ascolta in sottofondo, sia in entrata, sia in uscita). In conclusione, vale la pena segnalare che almeno quattro degli alvei qui descritti valgono, da soli, il prezzo del biglietto. |
M'accompagno da me |