Può una sola identità soddisfare l’essere umano? Elisabetta I storicamente è il simbolo di questo dilemma ed in questo spettacolo, liberamente ispirato alle vicende della famosa “regina vergine”, il sacrificio da compiere per raggiungere l’agognata libertà diventa un elemento cardine, quasi salvifico.
In un periodo in cui l’identità di genere è tanto dibattuta, Elisabeth racconta la storia di una regnante la cui vita è tutt'ora contornata di misteri e leggende. Sul palco personaggi ambigui, con movenze a volte fluide, in altri momenti stereotipate in ritmate coreografie. Due desideri: la libertà di vivere una vita “normale” per la regine; impersonare un ruolo femminile per Orlando, il giovane poeta che approda alla corte inglese. L’opera è un travolgente mix di dark, pop, teatro in maschera, rivisitazione storica. Tanti elementi diversi che quasi per magia riescono a fondersi ed a restituire un’esperienza multisensoriale. Note di regia SPAZIO E SUONO La corte di Elisabetta I è una ballroom dove tutto ciò che accade coinvolge chi vi entra totalmente. I personaggi della corte sono esattamente quelli che troveremmo in un luogo simile: il musicista di corte è un dj e vocalist e le dame della regina danzano sui cubi. Le ballroom sono luoghi della sottocultura newyorkese che unisce gay afroamericani, ispanici e donne transgender, che sfilavano in “drag” sfidando le leggi che vietavano loro di indossare abiti appartenenti al genere opposto. I movimenti delle competizioni sono ispirati alle pose dei modelli fotografati sul periodico mensile Vogue e ai modelli dell’arte egiziana. Lo spazio è suono che proviene dalla postazione del dj, il suono non è solo musica, ma è anche pettegolezzo, bisbiglio, risate. Orlando, l’ultimo arrivato, vive la sua esperienza come una grande performance, uno spettacolo di luci, musica dance e abiti regali, organizzata per celebrare la sua rinascita, la scoperta della sua vera identità.
Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 24 febbraio 2024. |
Elizabeth una fiaba queer drammaturgia Leonardo Bianchi, Gian Maria Labanchi regia Leonardo Bianchi con Leonardo Bianchi, Maria Campana, Gian Maria Labanchi e con Annachiara Fanelli, Claudia Guidi, Francesco Savino drammaturgia del suono Gian Maria Labanchi disegno luci Martin Emanuel Palma costumi Daniel Mantovani coreografie Daniele Toti progetto grafico Alessandro Bianchi comunicazione Maria Campana, Giulia Tremolada Teatro di Villa Lazzaroni Accesso da |