Ammetto che sono totalmente di parte: io adoro la comicità di Enzo Casertano, specie quando interpretata il personaggio in bilico tra attitudine nerd e sfiga perenne.
Recensito da Artists and Bands già altre volte (si segnalano, al riguardo, gli spettacoli teatrali "Chi l'ha vista?" e "Non ci resta che ridere"), egli è tra i più rappresentativi esponenti odierni della comicità partenopea (nella seconda commedia citata, inoltre, egli è affiancato dagli altrettanto validi Francesco Procopio e Giuseppe Cantore, suoi partner anche nell'opera qui recensita). La comicità di Peppino De Filippo è spesso data per scontata: eppure, egli palesava la rara capacità di rendere credibilissima la farsa senza mai ridere, esprimendo una vocazione fortemente protesa all'accentuazione di tic, vizi e difetti comuni. Il meccanismo della esasperazione di caratteristiche somatiche, posturali, dialettali non è difficile da riprodurre e chi lo fa riesce sempre a strappare risate. Altra cosa, invece, è concretizzare quanto appena detto senza patire alcun paragone imbarazzante, nel caso di specie con il blasonato attore e commediografo napoletano. Ed è proprio il caso che qui ci occupa. Questi attori, infatti, ci riescono benissimo: assistendo al loro spettacolo, è stato impossibile non pensare al brocardo "Quando si scherza bisogna essere seri" del grande Alberto Sordi. E' un modo simpatico, il mio, di sottolineare la professionalità dei talenti impegnati sul palco, tutti perfettamente in grado di amministrare i tempi comici, di manifestare il pieno controllo del palco, peraltro gestendo anche piccole sortite nella improvvisazione, altro elemento tipico della citata comicità partenopea. Tralasciando gli attori già citati, Loredana Piedimonte esprime con apparente naturalezza la capacità repentina di passare da un accento all'altro (il dualismo Napoli/Milano è fortemente presente nella sua ilare espressività), mentre Geremia Longobardo si muove in un contesto ampolloso di stampo chiaramente caricaturale. In chiusura, un umile consiglio: alcuni vocaboli dialettali sono effettivamente poco noti, talché è stata molto apprezzata la volontà di Francesco Procopio di tradurli estemporaneamente richiamando l'omologo termine italiano. Ecco, forse, a volte, il testo andrebbe rivisto in tal senso: si tratta di una manciata di parole, le quali, tuttavia, qualora proposte ab origine già in forma tradotta, permetterebbero una più completa fruizione dell'opera tutta. La presente recensione si riferisce alla rappresentazione del 3 marzo 2023. |
MISERIA BELLA
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