Lustrini
Milano, Teatro Elfo Puccini, dal 27 dicembre 2022 al 2 gennaio 2023

L’intima sala Bausch è al completo, come al solito direi, perché l’Elfo è così: non lascia mai soli i suoi illustri attori. In scena pochi, ma fortissimi, elementi a comporre un suggestivo disegno noir: una panchina sulla quale giacciono dei libri scompaginati e un brick di Tavernello.
A cornice, numerosi sacchetti di pattume neri come la pece e tristi come il racconto.
Luci fioche ma protagoniste come sempre, magistralmente modulate sullo scambio di battute e, di spalle, apre il sipario Cavagna (Ivan Raganato, ottimo co-protagonista) compiendo l’atto della minzione da smargiasso di strada.

Pannelli sfalsati sui quali sono disegnate nuvole nere e fumose nonché case bidimensionali ad ampliare la prospettiva dell’unico ambiente.
Vorrei dirlo subito, e lo faccio: in questo testo di Antonio Tarantino è crudamente contenuto tutto quello che riguarda noi stessi, quella parte che neghiamo, che non vogliamo esista, quella parte che nascondiamo agli altri relegandola ai margini della nostra psiche e che emerge attraverso il disprezzo verso le nostre debolezze.
Luca Torraca (attore eccezionale e socio fondatore del teatro dell'Elfo) è il vecchio e malandato clochard Lustrini che sul ring del racconto deve schivare i colpi amari dei ricordi di una vita da perdente e, al tempo stesso, delle denigrazioni vessatorie di Cavagna, suo compagno di sventura nel passaggio doloroso di questo tratto di esistenza da emarginato; il punto innovativo è che Lustrini i colpi non li schiva affatto, lui li incassa, fino alla fine.
I due si mettono in testa una fantomatica idea di rivalsa sociale ed economica, si immedesimano, credendoci disperatamente, in due figuri astuti e di fine acume, una specie di Holmes e Watson di strada; il loro è un piano fatto di appostamenti dal loro quartier generale ‘la panchina’ e osservazioni del comportamento della  futura ‘vittima', un professore illustrissimo chirurgo ricco e famoso in città, che merita proprio di  essere gabbato dalla loro presunta lucida astuzia, Cavagna comunque, mai disposto a condividere con Lustrini il merito teorico di una supposta, vittoria rivendica crudelmente il primato dell’ideona di ‘agguato con bottino cospicuo’ che finalmente li riscatterà dalla loro condizione, anche e magnanimamente in comode rate.
Lo snodo è surreale, la loro descrizione del piano è frastagliata e intercalata dalla narrazione becera del vissuto acre dei ricordi delle loro esistenze, condito a pioggia battente da continui insulti e allusioni di reciproche incapacità a svolgere sia pure il minimo compito.
Perdono il filo del discorso ed il focus ipotetico che dovrebbe essere il piano ai danni del medico diventa marginale, perché l’elemento comune e preponderante è il dolore; uno serve all’altro per sentirlo di meno questo atroce male attraverso il grido liberatorio di disperazione che pervade il corpo e trafigge l’anima. La solidarietà sia pur disperata e l’amicizia da reietti dura pochi minuti, l’interlocutore diventa spesso un punching ball di sfogo snervante e quei colpi che sembrano lame di coltello, uccidono. Lustrini non riesce nel suo intento, ossia quello di trasferire a Cavagna la sua visione poetica della vita, la sua voglia di conoscere il mondo attraverso la lettura, il suo linguaggio aggraziato, non ce la fa, e non riesce e forse non vuole neppure sottrarsi al giogo massacrante che Cavagna perpetra ai suoi danni, e contro se stesso, perché gli insulti umilianti sono ferite profonde, che Cavagna infligge a Lustrini ma che di fatto si infligge attraverso l’amico più debole;  il disprezzo è micidiale, il servilismo che Cavagna vorrebbe che Lustrini adottasse nella scelta dell’eloquio ingannatore nei confronti della potenziale vittima, è sinonimo di volontà irrefrenabile di gabbare chi ce l’ha fatta nella vita, ingannare il ricco e laido per sottrargli ciò che invece sarebbe giusto possedessero questi due avanzi della società, e che forse la stessa società ha confinato lì, come un capro espiatorio; perché “contano solo le balle a questo mondo” dice Cavagna, e lo dice da arrabbiato.
Le luci oblique fredde e fioche diventano, nel momento del finale tragico , orizzontali calde, evocando simbolicamente una sorta di ascesa al paradiso che monda dal peso del carnale elevando allo spirituale.
La grazia ed il garbo di Lustrini, il suo commovente e veritiero convincimento che la conoscenza del passato, e del presente siano strumento potente di lotta contro l’imperante volontà di renderci tutti più incapaci e più malleabili, la fonderei alla taurina diffidenza di Cavagna, per formare finalmente un'unica entità armonica mai esistita.
Un’ora e mezza di pathos.
Consigliato perché catartico.






Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 27 dicembre 2022


Lustrini
dal 27/12/2022 al 02/01/2023

di Antonio Tarantino
regia Luca Toracca
con Luca Toracca, Ivan Raganato
scene Ferdinando Bruni
produzione Teatro dell'Elfo





TEATRO ELFO PUCCINI
Corso Buenos Aires, 33 MILANO
tel: 02 00660606
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ORARIO SPETTACOLI
da martedì a sabato ore  20.30
domenica ore 16.50


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