L'adattamento teatrale del libro "D'entre les morts", degli autori francesi Pierre Boileau e Thomas Narcejac, da cui Alfred Hitchcock trasse l'ispirazione per uno dei suoi migliori film, appare rispettoso, in grado di mantenere sempre alta e costante la curva dell'attenzione. Va innanzitutto precisato che la pièce effettua un convincente e persuasivo bilanciamento tra film e libro, saccheggiando ora dall'uno, ora dall'altro. Ciò che ne scaturisce è un'opera assolutamente credibile, giocata su un doppio binario, efficacemente spalmato su due tempi: l'impronta del film è chiaramente percepibile nella prima parte, dominata dal mistero di un comportamento femminile macchinoso, inquietante, a tratti oscuro; il successivo step, invece, abbandona la chiave sentimentale - abbracciata invece da Hitchcock, pur in costanza di tensione - e assume connotazioni ossessivo-compulsive, con l'apparente scopo di penetrare i misteri della mente. L'approccio bicefalo è adottato anche su altri fronti: l'impronta cinematografica è richiamata sia in quanto a ritmi, carichi di suspence e trepidazione, sia per ciò che concerne l'ambientazione (l'immediato dopoguerra statunitense, in un contesto che sfiora anche il mondo cinematografico, peraltro omaggiato con la proiezione di manifesti e locandine di noti film dell'epoca); la formula editoriale, invece, è evidente allorquando si decide di svelare la effettiva identità della protagonista soltanto sul finire, facendola peraltro perire per mano omicidiaria, invece che a causa di una fatale disgrazia. Alla regista Anna Masullo viene così riconosciuta la capacità di offrire una gestione perfetta del pathos narrativo, mai permettendo un calo attenzionale, pur nell'oggettiva difficoltà dovuta dalla trattazione di temi psicologici complessi e stratificati. E' altresì efficace l'espediente di utilizzare pannelli scorrevoli che hanno la doppia funzione di operare sia come pareti su cui riprodurre immagini variegate, sia come muri amovibili dietro ai quali possono essere cambiati arredi sempre diversi, pur di stampo minimale. Quanto alla recitazione, preme segnalare la incredibile capacità di Linda Manganelli di passare dal personaggio misterioso ed inquietante di Madeleine Elster, a quello apparentemente frivolo di Judy Barton, riuscendo poi a caricare il secondo, sul finire dell'opera, di una inaspettata drammaticità. Un'abilità, quella di passare con disinvoltura da un soggetto all'altro, che viene garantita anche da Enrico Ottaviano, che interpreta con efficacia immutata tre figure diverse, tra loro distantissime nel carattere e nella postura. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 26 novembre 2022. |
LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE
Teatro Ciak |