Scritto da Max Casali Martedì 14 Novembre 2017 13:18 Letto : 2315 volte
Inoltre, l’artista ha saputo imboccare il giusto bivio tra una proposta occidentale miscelata con la compagine orientale con ottime alchimie, conferendo ai suoi testi fascino aulico ed etereo. E già l’introduttiva “Le spine” esprime l’audacia della proposta, in cui i toni soffici e mistici fanno da sfondo ad una narrazione calda e ovattata, derivante da una fitta coscienza che incamera arsenali sensibili e percettivi. D’altra parte, per delineare angolature e sfumature campane meno note, Conelli deve aver maturato un bel bagaglio d’esperienze percettive. Tocca all’orientaleggiante “Habibi” confermare l’atipicità della proposta di questo e.p. a quattro tracce, per certi versi multietnico, carico di emozioni suggestive e durature che si districa, con luce, tra le ombre proiettate su pentagrammi sperimentali. Ma Conelli ha il saggio acume tattico di non fossilizzare l’opera su schemi ripetitivi e sa sterzare, in parte, con “Istanbul” poiché l’abbraccio tra elettronica e pianoforte rende più fulgida la sua cifra stilistica, non facendola adagiare su strati statici che, alla lunga, invece, potrebbero generare pareri discordanti. In questo brano si ha la sensazione, talvolta, che il timbro vocale del Nostro evochi Leonard Cohen più sofferente del solito, forse soffrendo troppo le note basse, non sappiamo se volutamente o meno. L’epilogo di “La pelle morta” è un toccante omaggio alla madre che lambisce vette nostalgiche con indubbie capacità. "Di viaggio, di fiore e di altre spine” è una limpida dimostrazione di come si possa realizzare lavori alternativi con spaccati introspettivi ialini e veraci. |
Giovanni Conelli: tutti gli strumenti Anno: 2017 |