Il progetto, nato e cresciuto al Teatro Trastevere, della Trilogia dell'Avanguardia
trova la sua terza espressione (dopo il dadaismo de "Il cuore a gas" e il surrealismo de "Le mammelle di Tiresia") con Capitano Ulisse, un'immersione totale nella metafisica dell'artista Alberto Savinio. L'opera, scritta nel 1925 per il Teatro d'Arte di Pirandello, è stata rappresentata per la prima volta nel 1938 e poi lasciata nel dimenticatoio fino ai giorni nostri. Lo spettacolo racconta di un Ulisse totalmente diverso dall'eroe che la mitologia ci ha abituato a conoscere. Savinio infatti, annulla il personaggio storico tanto narrato da Omero e ci restituisce un uomo che ha completamente perso la sua furbizia, un capitano "di nessuno", una persona che convive col suo quotidiano e con le sue incertezze, diviso nel rapporto con tre donne, Circe, Calipso e Penelope che, a lui, sembrano la stessa persona. Il regista Andrea Martella ambienta la storia nella mente del protagonista: un carcere dove sono prigioniere le tre donne e dove altre presenze aleggiano, a volte protettive, altre distruttive: la dea Minerva e la ciurma della nave. Tra tutte queste figure, in bilico tra realtà e fantasia, spicca un ulteriore personaggio comico e disturbatore, che intrattiene i contatti con il pubblico, creando un ponte tra lo spettacolo che si recita sul palco e l'attenzione dello spettatore in sala. Sarà proprio questa figura "fuori contesto" che, alla fine, svelerà l'arcano sottostante a tutto lo spettacolo, rivelando dettagli solo parzialmente colti e decifrati inizialmente. Opera complessa, ricca di procedimenti estremamente cerebrali e per alcuni versi astrusi. Di non facile comprensione, ma piacevole nella sua astrattezza. Certamente potrebbe deludere lo spettatore ancorato al teatro classico, ma affascinante per coloro che riescono ad avere una visione della recitazione che va oltre i canoni stereotipati. Da apprezzare la scenografia creata da Mattia Urso e lo sforzo profuso per realizzarla avendo a disposizione spazi ridotti. Un elogio agli attori per la scelta e la capacità di portare in scena un testo non facile, che richiede grandi forzature nella recitazione ed una notevole preparazione per entrare in personaggi reali ma rappresentati in una versione metafisica. Bella l'interpretazione dei ruoli femminili (le tre donne di Ulisse) che nonostante la costrizione delle catene e quindi la riduzione della mobilità, sono riuscite a manifestare i sentimenti di cui erano portatrici. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 7 aprile 2022. |
Hangar Duchamp Teatro Trastevere
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