L'opera più nota di Franca Rame e Dario Fo (circa 700 le produzioni nel mondo), rivive oggi grazie all'interpretazione di Chiara Francini e Alessandro Federico. La coppia a cavallo tra i '70 e gli '80 adatta i propri usi e costumi alla rigenerata coscienza civile, figlia dei mutamenti quasi rivoluzionari del '68. Il matrimonio, per anni graniticamente imprigionato all'interno dei confini imposti dalla morale pubblica, appare ormai superato, stereotipo vetusto di una mentalità inadeguata e quasi perniciosa. L'uomo promulga la nuova visione del negozio giuridico, la donna ne è vittima, costretta a patirne gli aspetti "innovativi" suo malgrado. Tuttavia, quando quest'ultima manifesta l'intenzione di ambientarsi, adeguandosi senza riserve al nuovo archetipo sociale, l'uomo palesa i suoi limiti, rifiutando tout court ciò che lui stesso sbandierava con convinzione. L'eclettismo di Chiara Francini è perfetto per il ruolo di Antonia, la vera protagonista dell'opera tutta, donna tradita prima, emancipata poi: il modus genuino e spontaneo manifestato dall'attrice sul palco (che ci sembra ricalchi anche il suo proporsi nella vita reale), è qui arricchito da connotazioni caricaturali che sublimano la condizione di frustazione vissuta inizialmente dal suo personaggio e lo rivestono di nuova luce quando lo stesso matura consapevolezza ed indipendenza. Alessandro Federico, invece, percorre il tragitto in direzione opposta: lontanissimo dallo scimmiottare le posture talvolta eccessivamente giullaresche di Dario Fo, castrandolo anche delle note espressioni caricaturali, incarna l'uomo che passa dalla spavalda sicurezza di chi è pienamente conscio delle proprie potenzialità, agli eccessi emotivi tipici del soggetto che colpevolmente dissacra il principio di reciprocità, manifestando non pochi limiti intellettivi e caratteriali. Insomma, verosimilmente anche grazie alla regia intelligente di Alessandro Tedeschi (a cui è ascrivibile anche il merito delle ricorrenti incursioni al di là della quarta parete), i due si scambiano gli approcci recitativi che erano degli intepreti originali: la Francini sembra ispirarsi al fare giocoso di Fo, mentre Federico pare prendere a modello la sobrietà espressiva che era della Rame, pur concedendosi ripetute sortite nel tragicomico. L'opera assume una duplice connotazione: da un lato rappresenta il "rilancio" concettuale del matrimonio borghese, non più visto in termini negativi e stereotipizzati, dall'altro è un baluardo dell'emancipazione femminile, costituendo un J'accuse indirizzato al maschilismo più becero e grossolano. In tal senso, il fatto che la prima di questo spettacolo sia stata messa in scena proprio l'8 marzo, assume connotazioni di stampo quasi ieratico. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione dell'8 marzo 2022 |
COPPIA APERTA QUASI SPALANCATA Sala Umberto orario apertura al pubblico |