Il nero non sfina
Roma, Teatro Trastevere, dal 27 febbraio al 2 marzo 2025

"Il Nero Non Sfina": satira sul politicamente corretto o presa di coscienza di una situazione di avanzata nevrosi della classe media occidentale?

Lo spettacolo, con modi umoristici, ma anche tragicamente sarcastici, sviscera, attraverso undici monologhi, tematiche proprie dell’attuale società “civilizzata”. Una carrellata di considerazioni tra il serie ed il faceto, sulla religione, il consumismo, le relazioni, i social media, l’apparire, il politicamente corretto ed altro ancora. Nevrosi tipiche della modernità analizzate con il filtro dell’umorismo e condite con un pizzico di cinismo.
I testi di Sara Ceracchi, tratti dalla sua omonima raccolta, sono portati in scena da quattro attori che, oltre a recitare i singoli monologhi loro assegnati in funzione delle personali caratteristiche fisiche ed interpretative (come evidenziato dalla regista), si spalleggiano tra di loro, mimano alcuni passaggi delle storie, si rendono complici nella narrazione. Brani musicale ed una scenografia minimalista (una lavagna e 4 sedie) completano l’animazione sul palco, contribuendo a fornire allo spettacolo un ritmo abbastanza serrato. Ne deriva una rappresentazione in bilico tra satira, umorismo e momenti di riflessione.
L’opera, nonostante la lunghezza dei monologhi ed il rilevante numero, scorre celermente e le parentesi comiche riescono ad evitare il rischio di eccessiva staticità. Merito degli attori che non si risparmiano per realizzare una performance movimentata ed a tratti accattivante.
Come sottolineato dall’autrice e regista, i temi trattati, si spera che, oltre a far ridere per le modalità leggere di esposizione, possano indurre a riflessioni sullo stile di vita proprio oramai della società occidentale, non certo per cambiarlo, perché la cosa è praticamente impossibile (chi rinuncerebbe mai al cellulare!), ma, quanto meno, a prenderne coscienza cercando di “limitare i danni”. Certamente scopo del teatro è anche una azione di informazione ed educazione e quest’opera, seppure con momenti un po’ troppo (a parere di chi scrive) moralizzanti, tenta di assolvere a questo principio, prova ne è il sottotitolo: Il nero non sfina – Monologhi incivili di borghesi contemporanei esauriti.

Proprio sul tema delle inciviltà, e su quanto i borghesi contemporanei siano esauriti, ritengo doveroso evidenziare due episodi che hanno caratterizzato la prima serata dello spettacolo: l’abbaiare (incolpevole) di un cane in sala che, inevitabilmente, ha interrotto lo scorrimento dello spettacolo e la recitazione dell'attore, e il mangiare ininterrotto di alcuni spettatori che, per quasi tutta la durata della rappresentazione, hanno creato un rumoroso sottofondo sonoro di carta stropicciata di pacchetti di patatine. Anche su questo verrebbe da riflettere!

 

Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 27 febbraio 2025.

IL NERO NON SFINA
Monologhi incivili di borghesi contemporanei esauriti
a cura della Compagnia POLITICALLY SCORRECT
Scritto e diretto da Sara Ceracchi
Con:
Riccardo Frezza
Samuel Di Clemente
Clea Scala
Alessio Romanazzi

IL NERO NON SFINA comprende undici monologhi scelti dall’omonima raccolta di Sara Ceracchi. I testi, squisitamente umoristici, raccontano la classe media occidentale, una fascia sociale ormai molto ampia, schiacciata tra il benessere che offre la società dei consumi e la dipendenza annichilente da questa, in tutti gli ambiti della vita. Ogni performance è intervallata da brani musicali che anticipano le tematiche dei monologhi, o ironizzano su di esse, ed è arricchita da interazioni e siparietti tra tutti i componenti della Compagnia. L’armonia umana tra Sara Ceracchi e gli attori ha permesso alla regista di assegnare i brani in base alla personalità, lo stile interpretativo e la presenza scenica di ciascun interprete. La scenografia comprende una lavagna classica in ardesia dove il “conduttore” dello spettacolo scrive titoli dei brani e nome del monologhista; gli attori vestono in maniera smaccatamente classica e borghese (gli uomini in frac e papillon, la donna in abito anni ’50 con gonna a ruota), per sottolineare e ironizzare sul contrasto tra le sicurezze anche più superficiali, ovvero anche quelle del costume della classe sociale in questione, e le tematiche disturbanti affrontate in ciascun monologo.
(Fonte: comunicato stampa)

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2 marzo 2025

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