Scritto da Mariarosa Gallo Venerdì 29 Settembre 2023 09:44 Letto : 1230 volte
Una Laura Morante al limitare destro della scena, è il vellutato e pregevole io narrante, deputato ad intro e costante inframezzo alle melodie liriche della pièce, attraverso un racconto evocativo trasposto a definire se stessa, al secolo Maria Cecilia Anna Sofia Kalogeropoulos, come l'unica vera pietra miliare della lirica per stile, tecnica, peculiarità e pathos. Il fitto stuolo di archi, corde, percussioni, fiati, diretto mirabilmente dal maestro Fabrizio Maria Carminati, accompagna le sontuose soprano Olga Peretyatko e Myrtò Papatanasiu, la mezzosoprano Andrea Edina Ulbrich ed il giovane e talentuoso tenore italiano Valerio Borgioni attraverso le note del più cristallino repertorio classico italiano ottocentesco tanto congeniale a Maria "La Divina": Bellini, Puccini, Verdi, Donizetti. Nata a New York, Maria torna ad Atene quattordicenne, in patria materna, per scelta della genitrice a seguito della separazione dal padre; la madre Evangelica (Litsa) Dimitriadou ebbe, appunto, un peso enorme sulla sua formazione e sulla sua indole. L'ottima forgiatura scolastica ed artistica fecero sì che ella calcasse i palcoscenici mondiali, forte di un timbro vocale unico, nero a suo dire, da mezzosoprano naturale per autodefinizione, allenato alla piena agilità e affinato durante anni di preparazione e studio estenuanti; dotata di un temperamento volitivo e pieno di asperità che la transita in una graduale e inesorabile metamorfosi ad effimera e vellutata "amata phegea". Lo spettacolo ci dimostra, scindendole scientemente, l'efficacia della precisione della tecnica canora durante la prima parte e l'enfasi trascinante dell'interpretazione durante la seconda; indissolubile e profondissimo è il legame artistico e personale tra la cantante e l'Italia. Ineguagliabile la Callas, lo era e lo è, soprattutto perchè si identificò totalmente con l'arte di cui era consapevolmente fautrice con i testi delle opere e con i loro contenuti; ambiziosa fino allo spasmo, plasmò se stessa fino a raggiungere la vetta più alta della perfezione, compattandosi in unica e a tratti sovrumana icona di stile. Mi piace pensare che l'incontro con il controverso personaggio Onassis fu piuttosto e davvero un utile inciampo, a dispetto della comune narrazione, giovevole ad arricchire l'animo della Callas di quel penoso e straziante tormento, divenuto infine pathos, che la rese l'immensa artista che la morte, solitaria e prematura, ha consegnato ai posteri. "La divina", generosa anche attraverso una dimensione non tangibile, ci emoziona ricordandoci che l'amore per il bello è l'eterno eros unico e senza fine. Tributo di consenso meritato per l'intera compagnia, nessuno escluso. |
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