Il risultato è una pièce affascinante che tocca il cuore e soprattutto lo stomaco essendo il cibo il filo conduttore della quarantina di sonetti proposti (scelti tra i circa 2700 prodotti dal Belli). La lingua romanesca, utilizzata dal poeta romano per raccontare la realtà sociale e politica del suo tempo, è l'elemento distintivo di tutta la rappresentazione. Un linguaggio schietto, diretto, dove la metafora è sempre presente per raccontare vizi e virtù di un'epoca e di determinati classi sociali, prima fra tutte quella del clero. Impossibile, anche per i non romani, non rimanere affascinati dalla capacità del Belli di descrivere momenti, scene, sentimenti, dolore e "magnate luculliane" sempre distinguendo chi "magna" (il ricco) e chi "nun magna" (il povero). Lo spettacolo è una full immersion di romanità che fa ridere e riflettere: un'ora e mezza di divertimento e storia, di arte e di letteratura, realizzato in un contesto, l'Ospitale di Santa Francesca Romana, che ancora oggi assolve alla sua originaria vocazione: accogliere anziani indigenti che qui ricevono assistenza e supporto sociale. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 30 agosto 2023. |
Mò senti er pranzo mio. Ospitale Santa Francesca Romana |