Riuscita rappresentazione di una tra le commedie più apprezzate e fortunate di Carlo Goldoni. Scritta inizialmente in lingua toscana, all'epoca (1750) appena qualificata quale lingua franca italiana (e ciò spiega l'assenza di veneziano, nonostante l'ambientazione nella laguna), oggi la stessa viene saggiamente rappresentata nella lingua nazionale, con l'unica eccezione gravante sul personaggio di Don Marzio, al quale vengono attribuite alcune locuzioni in lingua partenopea, pur contenute e sempre comprensibili. Una scenografia attenta e puntuale permette di ricreare perfettamente il microcosmo voluto dall'autore, che offre uno spaccato interessante della media borghesia del tempo, rappresentata da personaggi generalmente caratterizzati da profilo di basso substrato morale (il maldicente, il sedicente nobile, il truffatore, lo spendaccione). Fa eccezione il bottegaio Ridolfo che, in possesso di saggezza e buon senso, aiuta la collettività ristabilendo l'ordine naturale delle cose: è peraltro interpretato da un Francesco Migliaccio talmente efficace, da dividersi ex aequo con Michele Placido il ruolo di co-protagonista. La commedia offre l'opportunità di apprezzare, tra l'altro, anche la verve di Luca Altavilla (Trappola), a vocazione prevalentemente giullaresca; la duttile versatilità di Emanuele Fortunati (Eugenio), che passa dal serio al faceto con apparente disinvoltura; il dinamismo di Ester Galazzi (Vittoria), che esprime una certa propensione caricaturale nella postura. Le commedie di Goldoni si concludono generalmente con un lieto fine, ma non in questo caso: le amare considerazioni a cui si abbandona uno sconfitto e demoralizzato Don Marzio, offrono l'opportunità a Michele Placido di aprire una parentesi recitativa di chiaro retaggio drammatico che, pur circoscritta ad una manciata di minuti, ha il potere di magnetizzare il pubblico, calato, per volontà del blasonato attore, in un nuovo contesto emotivo che strappa unanimi consensi conclusivi. In chiusura, una nota stigmatizzante, di cui si auspica si vorrà cogliere la finalità propositiva: quella di privare un'opera (di durata non inferiore alle due ore) di una breve pausa centrale, rappresenta, a modesto avviso di chi scrive, l'unica scelta sbagliata della regia. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 14 marzo 2023 |
Presentato da Orari spettacolo |