Non è mai facile rappresentare l'opera pirandelliana, soprattutto se risalente al secondo periodo, ove l'autore siciliano tratteggia personaggi in possesso di substrati caratteriali piuttosto stratificati.
Ciampa, ad esempio, il protagonista de "Il berretto a sonagli", manifesta una intelligenza superiore alla media, che l'autore, tuttavia, non volle mai fargli ostentare. L'uomo tradisce sagacia, pur palesando un profilo apparentemente basso, che in ogni caso gli permette di osservare attentamente il mondo circostante e trarre corrette conclusioni (i cui effetti riesce a prevedere alla media e alla lunga distanza). Talvolta, infine, arricchisce quanto appena descritto apportando un fine umorismo di fondo. Così tratteggiata la complessità caratteriale del personaggio, va precisato che Gabriele Lavia lo interpreta percorrendo con invidiabile padronanza la struttura mentale multicolorata pensata da Pirandello, confermando la piena capacità di percorrere un ventaglio interpretativo assai esteso. Federica di Martino, che interpreta Beatrice, l'altra protagonista, è estremamente ligia e certosina al concepimento originario del suo personaggio, ammantandolo di un background totalmente drammatico. Così privata di qualsiasi connotazione gaia e ridente, la donna appare contraddistinta da pesante afflizione, coperta da un velo di lucida follia che, inevitabilmente, la svuota dall'interno. Sullo sfondo, una compagnia attoriale eterogenea (ottimi gli stralci a vocazione esasperatamente grottesca e caricaturale profferti rispettivamente da Mario Pietramala e Maribella Piana) ed una scenografia che, su un palco contraddistinto da colori (forse troppo) plumbei, fa emergere immobili manichini perfettamente in grado di incarnare la pericolosa latenza della vox populi, che si tratti di pettegolezzo da bar, maldicenza di quartiere, chiacchiere tra lavandaie. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione dell'8 novembre 2022. |
IL BERRETTO A SONAGLI
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