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Omar Rodriguez-Lopez continua a produrre. Instancabile, inesauribile, nell’affanno estremo di lasciare uscire quella creatività dirompente che gli preme sulle meningi.
È la sua battaglia personale contro se stesso che si trasforma in quella, forse non voluta, contro il music business, contro tutto ciò che è il mercato.
Frank Zappa c’era già arrivato, con la sua media di 2, 3 dischi all’anno e con tutti i rischi derivati.
Sì, perché il flop prima o poi capita a tutti, anche a chi se ne esce con un nuovo lavoro dopo 5 o più anni.
E il vecchio e baffuto Frank di flops, nonostante i picchi fossero tanto alti da farli passare (quasi) inosservati, ne aveva fatti eccome. Rimaniamo ora nell’incertezza di fronte a questo
Calibration, numero quattro di questo 2007.
Dopo il confuso
Se Dice Bisonte, No Bufalo, dopo la tediosissima, a parere di chi vi scrive, collaborazione con la poetessa
Lydia Lunch, dopo lo splendido calderone jazz
The Apocalypse Inside of an Orange, quest’ultimo pubblicato solo agli inizi di Novembre.
Non è un semplice accanimento terapeutico, c’è una certa perversione dietro tutto ciò. Il desiderio incontrollabile di creare. L’arte resa spontanea e chi se ne frega se piace o meno. È una strana deviazione professionale.
Una lenta quanto inesorabile spirale che, girando, tocca tutto e tutti: il jazz, l’hard-rock, la psichedelica e l’ambient. Smontando, (de)contestualizzando, ricomponendo.
E pensare che su questo disco era stato detto di tutto: che doveva essere musica elettronica con tinte dub, reggae, drum ‘n’ bass ecc ecc ... In realtà è tutto e niente, allo stesso tempo.
Non che le voci dicessero il falso, al contrario, queste cose ci sono ma il grado di commistione raggiunto è talmente elevato da impedire la distinzione del singolo nel mucchio.
Ecco, la musica di Rodriguez (di
Calibration, nello specifico) è un’ammucchiata selvaggia all’interno del cosmopolitismo sonoro di questi ultimi anni.
Un delirio senza né capo né coda su cui aleggia lo spettro mistico di
Alejandro Jodorowsy (al cui libro "
La Sabiduria de los chistes" sono ispirati i titoli dei brani).
O meglio. Il capo e la coda esistono. Esistono e paiono più definiti che in altri lavori del compositore portoricano.
L’improvvisazione è snocciolata a piccole dosi, a tappare i buchi che l’utilizzo della forma canzone crea. E il metodo paga. Siamo di fronte ad un lavoro più compatto e sotto un certo aspetto, maturo.
Ammesso, e non concesso, che nel mondo di
Omar Rodriguez-Lopez vi siano lo spazio e il tempo per maturare.
85/100
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Omar Rodriguez-Lopez: Guitars, Bass (6,7,8), Synth (1,3,6,7,8,11), Vocals & lyrics (2,7,8), Vocals (4) Juan Alderete: Bass (1,2,4,7,10,11) Thomas Pridgen: Drums (1,7,11) Marcel Rodriguez-Lopez: Drums (2,4,8,10), Percussion (2,6,10), Synth (1,6,7,11) Adrián Terrazas-González: Woodwinds & percussion (2,10) Money Mark: Synth (2,10) Cedric Bixler-Zavala: Vocals & lyrics (4,10) John Frusciante: Vocals & lyrics (6) Sara Christina Gross: Saxophone (7) Tina Rodriguez: Vocals (1,6) Kim Humphreys: Violin (2,5,8)
Anno: 2008 Label: N20 Records Genere: Experimental/Rock
Tracklist: 01. Mexico 02. El Monte Tai 03. Una Ced Lacerante 04. Calibration... 05. Grey (Cancion Para El) 06. Glosa Picaresca Wou Men 07. Sidewalk Fins 08. Lick the Tilting Poppies 09. Cortar El Cuello 10. ...Is Pushing Luck 11. Las Lagrimas de Arakuine
   

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